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La voce, forse…dopo
Il rumore delle forbici da cucito.
Le forbici appoggiate sul tavolo. Cicc…
Prima di riprendere il fare. Imbastire
ricamare, allungare, accorciare. Orlare.
Stringere, rammendare. C’è ancora qualcuno che rammenda?
C’è?
Che ne sa oggi una ragazzetta di quindici, sedici anni di cosa significhi
rammendare?
È rotto?butta via. È rotto?
Compramene un altro.
Si eseguono rammendi invisibili.
Provare per credere.
Mai visti. Qualcosa, qualche impercettibile traccia della vecchia ferita
resta.
A meno che non si tratti di una stoffa particolare. Lo so, io.
Per dire, un tweed inglese. A mille colori.
I mille colori del tessuto aiutano a camuffare
le vecchie ferite.
Quanti colori hai tu, amore mio? E io?
Non mi pare si vedano rattoppi. È tutto ben messo.
Liscio. Ordinato.
Forse s’è riusciti a trasformare il danno in un vezzo, che so, un ricamo.
La stramatura del destino è diventata decoro distintivo. No?
Bravi. Proprio bravi.
Saper rammendare serve.
Mica lo so chi mi ha insegnato. E a te?
Il rumore delle forbici da cucito. Cicc!
Guarda un po’ dove mi porta.
Oltre a ricrearmi l’immagine di te, nonna cara
che cuci con grande maestria nella casa spaziosa e silente.
E io, piccola, che guardo. E qualcosa imparo.
..
…
…
(by poetella)
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