Due tizie parlano, alla fermata del 541.
– No, perché vedi. L’archetipo del Viandante. Ecco che è –
Cappotti, tutte e due. Di lana. Spinatino e tweed. Sciarpe. Vecchie sciarpe, di quelle strette, di una volta. Niente pashmina. Niente piumini tipo omino Michelin.
Alte quasi uguali. Sulla sessantina. Ancora belle donne, direi. Sì, sì. E l’auto non arriva. Al solito.
Archetipi. Strano due che parlano di archetipi. Alle nove di mattina. Alla fermata del 541. Sentiamo.
– Ma tu dici che è per questo? Sempre cercare, andare. Mai ferma. E pure lui. Mai fermo. È questo?-
– Certo. L’Archetipo del Viandante simboleggia la tensione innata dell’animo umano ad ampliare i propri orizzonti, a spaziare su più piani della conoscenza e quindi spinge l’individuo anche a compiere un viaggio simbolico dentro di sé in un territorio di confine,
– Ma che palle. Io non voglio che cerchi nuovi territori.
– Che scema che sei. Mica vuol dire che ti deve mettere le corna.
– Scema tu.
Arriva un auto. Niente. È il 450. Aspettiamo. La folla aumenta.
Divertente sentirli parlare. Tanto c’è tempo. Non ho fretta. Sono in vacanza. È c’è il sole. Splendido sole di Dicembre. A Roma.
– Abbiamo giocato bene, comunque. Se non era pe’ er palo.
– Ancora cor palo. Là è la formazione che è ‘no schifo. Altro che pali –
Sono due ragazzotti. Con le facce mica tanto intelligenti. Giubbotti e sciarpe. Della Roma. Le due tipe continuano il loro confabulare. Se ne fregano, pare, d’essere ascoltate. Forse si vogliono fare ascoltare.
– Io ti parlo del desiderio di visione e comprensione di tutto ciò che è riflesso dal mondo geografico e naturale in cui si muove e che su di lui ha un richiamo irresistibile, non è altro che lo specchio del suo ricco mondo interiore che lo chiama e lo induce all’incontro con se stesso –
– Ma insomma, io devo cercarlo o no?
– Sempre là vai a finire. Io ti parlo di Archetipi. Di modo di essere. Di sentire. E tu vai a parare lì. Mi vuoi stare a sentire? Vuoi crescere?
– Ecco l’auto.
– Non è. Devi cambiare le lenti. Ché non ci vedi più.
Non è. Un altro 450. Che strazio. Chissà qual è l’Archetipo che di più mi condiziona. Questo del Viandante, comunque. Beh, questo me lo sento abbastanza. Oltre a quello di Dioniso, che poi somigliano, i due . Parecchio.
– Vedi, in lui si sente una costante quasi fissa di lacerazione tra la scelta di una vita convenzionale ed inquadrata secondo gli schemi tradizionali, familiari e sociali più consolidati, che lo spinge ad obbedire a regole e diktat collettivi per sentirsi integrato e soprattutto accettato dal mondo “normale” e l’imprescindibile spinta individuale ad essere se stesso, ad esprimere la propria autenticità, nonostante il rischio di incontrare sulla via il rifiuto, l’emarginazione, la solitudine e il fallimento.
(cavolo come disserta bene. Fosse una prof?)
– Ma anche io sono così. Ci unisce questo?
– Anche. Poi c’è Venere.
– Ecco. Venere. Appunto.
– L’auto. Appunto.
C’è una luce negli occhi di quella con la sciarpa verde. Mentre sale sull’auto. La luce di Venere, pare. Quando esce dall’acqua. Chissà cosa si sta ricordando.
Salgono, con una folla che le spinge, le sposta, arroccate una vicina all’altra. Non si vogliono distanziare. Salgono, assieme a tanti altri. Anche i ragazzotti. Anche una vecchietta che si fa aiutare per salire
– Grazie carina! Brutta cosa la vecchiaia.
Io non salgo. Troppo pieno. Aspettiamone un altro. Aspettiamo, sempre.
E godiamoci il sole. Sempre. Deve essere Dioniso, questo.
…
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(by poetella)
Mahler- Adagietto della V Sinfonia
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