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Poetella's Blog

~ "questo sol m'arde e questo m'innamora"- Michelangelo

Poetella's Blog

Archivi Mensili: febbraio 2012

Forse un movimento d’astri…

28 martedì Feb 2012

Posted by poetella in consapevolezza, le cose importanti, libertà, malinconia, nebbia, nostalgia, poesia

≈ 26 commenti

 

  

(foto di poetella)

 

Forse un movimento d’astri

strana congiunzione d’irrequietezze

a stanarle questo malanimo

 

Un incastro in cielo

di corpi mobili oscuri e riflettenti

e allora a dire no. Dire no e basta

mettere su il broncio

dire no e voltare le spalle

alzarle, scrollarle un po’

guardare di lato. Basso.

 

Forse è un movimento dispettoso d’astri

a portarsi via la sua condiscendenza

 

quell’accettazione composta

di statuetta di presepe

di ramo flesso. Che lascia fare.

 

E se ne sta lì tenacemente sola

come un cipresso

lungo lungo addolorato

rigido e scuro contro il vento

 

Puoi sentire scricchiolare

di rabbia

i suo rami

mentre testardo 

solletica il cielo

 

 

Che almeno lui, almeno lui rida

…

…

…

(by poetella)

 

 

 

Ascolta poetella

 

 

 

.

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– ma sì, papà, dimmi della foto

27 lunedì Feb 2012

Posted by poetella in crescere con l'amore, emozione, le cose importanti, padri e figli, quasi racconti

≈ 14 commenti

Tag

capelli rossi, dimmi, giovinezza, perdonare

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

– ma sì, papà, dimmi della foto

 

dai, che farò ancora una volta finta di stupirmi. Farò ancora occhioni, e dondolerò la testa. Come sempre, papà. Ai tuoi racconti di giovinezza.

 

Con una paura in petto, un piccolo tonfo al cuore, un’interrogazione tutta scura. Io, così? anche per me, poi, anche io così?

A pescare con  le mani nella sabbia dei ricordi e voltarli e rivoltarli e gettarmeli addosso come una cipria che colora il vero, l’appanna e mi fa bella.

In poltrona, col plaid sulle gambe.

– ma sì, papà, dimmi della foto

 

Anche se lo so, me l’hai detto mille volta che nonna. Ma sì, aveva portato la foto dal fotografo per fargli coprire quella donna, e tu, bello e giovane, tu te ne restavi lì, di carta, abbracciato ad un fascio littorio. Lo so, lo so che ce l’aveva fatto lui, il fotografo. A matita. Che ombre! Che plasticità! Fatto proprio bene! Per cancellare quella donna. Gesummaria, diceva nonna! Una foto con unadiquelle!

Che io avevo provato a, piano piano, sì, mica te ne sei accorto! Ero ancora al liceo, avevo provato piano piano a cancellarlo quel fascio littorio per vedere com’era quest’unadiquelle. Ma andava via pure la foto, che poi ho ridisegnato tutto per bene. Non ti sei accorto, papà. Ero brava, sai? ma tu non ti accorgevi di me, allora. O almeno non te ne facevi mica accorgere se t’accorgevi di me. papà.

Ma tu, adesso, adesso

– ma sì, papà, dimmi della foto

 

Dimmi com’era bella Ingrid, coi capelli rossi (come mamma, per farti perdonare) Dimmi che lei non ti faceva pagare e ammicca, mentre lo dici, che sembri un ragazzo quando fai quella faccia!

 

Dimmi che lei non ti faceva pagare e gli ufficiali si scocciavano che tu potevi. Tutte le volte. Appena arrivato, tu, e loro dovevano aspettare, dillo, vedessi che faccia che hai.

 

A chi racconterò le mie glorie a novant’anni?

A chi dirò che m’ha amata un dio?

 

Ma tu dimmi che lei era innamorata di te, che tu giovane, tu bello, tu che la facevi godere.

– ma sì, papà, dimmi della foto

 

Dimmelo, ora. Ché quand’ero piccola queste cose non le dicevi. Non parlavi di questioni così. Neanche le parolacce dicevi. Magari se fossi stata un maschio. Quello che hai sempre sognato. Chissà.

Ma adesso. Adesso non c’è vergogna. Adesso mi puoi dire. Dimmi, papà. Che io sorriderò. Felice e complice.

Celebrando la nostra intimità. Finalmente.

…

…

…

(by poetella)

 

 

Ascolta poetella

 

 

.

 

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ovunque andasse…

25 sabato Feb 2012

Posted by poetella in atmosfere magice, Bellezza che salva, camminare guardando, emozione, le cose importanti, poesia, primavera, video di poetella

≈ 10 commenti

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C’era questa donna che …

24 venerdì Feb 2012

Posted by poetella in amore?, assenza prersenza, atmosfere magice, Bellezza che salva, crescere con l'amore, emozione, le cose importanti, quasi racconti

≈ 11 commenti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

C’era questa donna che girava con una fotografia nel cuore.

La teneva chiusa lì, sul velluto rosso sangue. In cornice di muscoli e vene.

Al caldo. Al buio. Per non farla scolorire.

 

Andava in giro e rumori sgraziati, astio e supponenza, stupidità, ignoranza e grettezza. Volgarità.

Niente.

Niente la toccava.

Lei si guardava dentro e sorrideva. A vedere la foto.

 

A vedere la Bellezza, la Grazia, l’Armonia. La Gentilezza e la Saggezza.

A vedere l’Ardore e la Forza. La Leggerezza, l’Empatia. L’Amore.

 

Camminava per le strade dei giorni, nei luoghi dei giorni, tra la gente dei giorni.

 

La foto in cuore le faceva da schermo.

Le faceva pinacoteca di meraviglie.

 

E gli angoletti sporchi dei pavimenti dei giorni scomparivano.

Non c’erano. C’erano e non c’erano.

E l’accumulo di scarti dei giorni non c’erano. C’erano e non c’erano.

 

E il grigio. Il grigio, il vuoto, lo squallido, il meno, il poco, il poco poco, il mai.

Niente c’era. C’era e non c’era.

 

La foto nel cuore era una lente di smeraldo.

 

La sera a casa la tirava fuori. Finalmente.

E la guardava e guardava. Si guardavano.

 

Fino a che la notte non chiudeva i loro occhi nel sonno. Che li univa.

…

…

…

(by poetella)

 

 

An Affair To Remember- EmilePandolfi

 

 

 

 

.

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Per tutta quella pioggia…

23 giovedì Feb 2012

Posted by poetella in attesa, Bellezza che salva, camminare guardando, emozione, poesia, primavera

≈ 14 commenti

Foto di poetella

(foto di poetella)

 

Per tutta quella pioggia

la sarabanda di nubi e nubi e nubi

sul grigio

per la pesantezza degli occhi

un certo ritegno d’affacciarci e sperare

su fondali abitati da cornacchie

e rami spogli stecchiti ritorti soli

 

per il canto del freddo

imperatore con lo strascico che sfila

e si vanta

dietro i doppi vetri

chiusi – chiuse le porte – chiuse le serrande

chiuse le attese

apparentemente

 

Persino per il bianco dei fiocchi, quest’anno

 

Per quelle giornate io

per quelle giornate esaurite

già a primo pomeriggio nella misericordia

d’una lampadina a basso consumo

 

per questo gravame d’inverno

per questo penare d’inverno [io]

che sembra evaporare come antica

nostalgia al tempo degli incontri

 

per tutto questo io, adesso benedico

io benedico e benedico e canto

l’ingresso

segreto, anticipato

[zitta zitta in punta di piedi

Una bimba con le scarpe della mamma]

io canto e benedico l’ingresso

di questa tenera

giovane

trepida

profumata

scapigliata

 

dolce primavera dei miei giorni

…

…

…

(by poetella)

 

Ascolta poetella

 

 

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poi lei, dopo, dopo che…

22 mercoledì Feb 2012

Posted by poetella in amore?, atmosfere magice, emozione, le cose importanti, poesia, quasi racconti

≈ 18 commenti

Tag

bella da morire, occhi chiusi, sospiri

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(foto di poetella)

– poi lei, dopo, dopo che

 

dopo che quel vento, da dove quel vento? Dalla foto degli alberi? Dopo che quel vento e quello sciabordare d’onde azzurre, sì, quelle dalla grande foto a sinistra, o a destra o dietro agli occhi, al cuore,  alla schiena che trema, quel frastuono d’onde di sospiri

Bella da morire! diceva lui, sugli occhi chiusi, Bella da morire! sulle labbra,

[da morire qui, adesso vorrei coll’azzurro addosso!]

– poi lei, dopo, dopo che

 

dopo che il sole aveva incendiato il mondo e la coperta rossa ammainata come una vela che teme il vento, dopo che gli anni s’erano chiusi attorno quell’ora, concentrati come un riassunto, sbriciolati dal presente superbo di gloria e abbandono e il silenzio s’era frantumato in mille sì, sì, sì!

 

– poi lei, dopo, dopo che

 

dopo che il mare s’era richiuso, aveva ingoiato la Grazia e la Bellezza, Grazie, grazie a questo mio tempo prodigioso di solenne meraviglia! dopo che il vento carico solo delle voci esultanti, dei sussurri imploranti, del morbido rumore delle mani sfioranti, delle labbra, dei sussurri di mille foglie d’erba tremanti

 

– poi lei, dopo, dopo che

 

dopo che tutto era stato fermo come prima della creazione del mondo e più niente, più niente che un noi stremato e vinto, molle e abbandonato, una pioggia di peonie sull’anima, allora

 

– poi lei, dopo, dopo che

 

dopo che le mani s’erano ancora una volta cercate e strette di gratitudine e presenza nella luce d’un paesaggio di Leonardo, dietro gli occhi chiusi e poi socchiusi e poi richiusi e aperti e un sorriso, e richiusi e il respiro aveva ritrovato la via e s’era sciolto come brina al sole, allora lei, dopo, aveva detto

saltando via come una gatta che vede qualcosa che frulla, aveva detto e sorrideva

Scommetto che, e lui, Cosa? Guardandola scattare,

scommetto, anzi, voglio proprio vedere come

come spremi il dentifricio, aveva detto scappando al bagno

 

e aveva visto. E aveva sorriso.

 

Mentre anche lui, anche lui, sorrideva, dolce dolce

…

…

…

(by poetella)

 

 

Ascolta poetella

 

 

 

.

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E proprio non so…

21 martedì Feb 2012

Posted by poetella in amore?, atmosfere magice, Bellezza che salva, Bellezza della natura, camminare guardando, crescere con l'amore, emozione, poesia

≈ 8 commenti

Tag

appuntamento, arcobaleno

 

 

 

 

 

 

 

 

E proprio non so

Non so se quel cielo

proprio non so se

m’aspettasse all’appuntamento

un po’ impaziente

sgrullandosi di dosso l’ultima

acqua, come polvere

dal cappotto grigio

 

Non so se sapesse che io

proprio io

non so se avesse preparato bene bene

l’incontro

ogni cosa a puntino

 

Progetto ben architettato

di grigi di bianchi di venti leggeri

lui artista scapigliato

nella sua mansarda di luce.

 

So solo che al mio arrivare

nell’ora, nel dove, nel quando

m’ha spalancato l’arcobaleno

proprio lì

come le braccia del mio amante

e verso e contro l’arcobaleno

mille e mille vibranti voli

a ventaglio

a festa

che davvero ho pensato a lui,

malandrino

 

quando gioca e bacia e sorride. Leggero leggero e azzurro.

…

…

…

(by poetella)

 

 

Ascolta poetella

 

 

 

.

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il ritratto…

21 martedì Feb 2012

Posted by poetella in atmosfere magice, crescere con l'amore, emozione, fiabe, quasi racconti

≈ 2 commenti

 

Quando dipingeva doveva continuamente guardare il modello. Non aveva memoria visiva. Forse la miopia.

Una moltitudine di impercettibili variazioni tonali. Solo questo.

Non era altro che questo tutto l’intorno. Anche la vita. Le vite, le esistenze di tutti. Moltitudine di impercettibili variazioni tonali. Che potevano essere osservate, analizzate, scomposte e rimiscelate sulla tavolozza. Poi trasferite sulla tela. O in testa. Almeno all’apparenza, semplice.

 

Faticosa solo la continua alternanza di messa a fuoco. Il mio punto di vista e il reale. La mia percezione del reale. E il sottile confine da infrangere.

Da valicare.

Per potersene impossessare, per capire. Assimilare.

 

Lei sempre così lieve. Così desiderosa di vivere sfiorando. Scuola dura questa della pittura. Modello, tela. Modello, tela. Attenzione. Memoria.

S’era seduta. Accesa una sigaretta, lo sguardo un poco fuori della finestra a cercare riposo, in ascolto del vento. Forte. E pioggia imminente, forse.

Sulle piastrelle di cotto del balcone le briciole per i passeri erano volate via. Poi le avrebbe rimesse. Ora no, troppo vento.

Però le piaceva il vento. Questa capacità di rimischiare, di rivoltare e smuovere. Creare nuovi equilibri. Nuovi accostamenti, magari impensabili. E il suono. Una voce che non domanda.

Sigaretta nella sinistra, ora guardava la tela. Doveva scurire una ciocca di capelli. E gli occhi. Doveva lavorarci. No adesso, fuma. Stacca, s’era detto.

 

La foto, accanto alla tela, le dava un senso di tranquillità. Posso farlo quando voglio. Adesso fumo.  Sta fermo lì. Modello docile. Mi da tutto il tempo.

Poterci rimettere le mani in qualsiasi momento. Non dover essere costretta ad agire. A correre. Tecnica gentile, l’olio.  Poteva prendersi pause. Concedersi ripensamenti.

Questo le dava, dipingere. Un senso di controllo del tempo. Era padrona del tempo. Probabilmente perché lavorava dalle foto. Più comodo. Meglio se foto di sconosciuti. Si divertiva a svelare interiorità. Di solito ci riusciva. Almeno quello dicevano gli altri.

Aveva ricevuto una piccola ode da una cliente una volta, una pergamena arrotolata, col fiocchetto rosso.  “Lei mi ha dipinto l’anima”. E una poesia. Bello. Tenero. Scambio di creatività.

 

Guardava la foto, adesso. S’era voltata un attimo, verso il piccolo stereo e aveva riavviato il tasto del play. Poi aveva selezionato Ripeti. Brahms.

Un attimo a occhi chiusi. Poi il ritratto. Bell’uomo. Chissà come mai aveva voluto il ritratto. Strano. Donne, bambini. Nonni o antenati vari. Uomini raramente.

I bambini le piacevano. Venivano sempre bei ritratti. Di solito erano le nonne a chiederli. Le nonne senza più guizzi, senza attese, che s’erano risvegliate coi nipoti alla vita che scivolava via. S’erano innamorate di nuovo.

 

Fuori ancora vento, impetuoso. Potente. La seggiolina di plastica bianca in balcone s’era un po’ spostata. Per fortuna aveva tolto il vaso con le impathiens, dal tavolo. Meglio, con quel vento.

Aveva come una sensazione di presenza. Il vento. Strano.

Come un allarme. Adesso gli occhi. Lavorare sugli occhi. Grandi e fondi. Doveva riuscire a dare quella profondità. Mentre dipingeva si sentiva osservata. Dal quadro. Lo sentiva vivo. Davvero una strana sensazione.

Mai provata prima.

Come se fosse uno specchio, ma con u’altra immagine. Non lei. Qualcuno che la guardava, la scrutava.

La mano a massaggiarsi la nuca dolente. Cervicale esasperata dalla posizione.

Di nuovo al lavoro. Quegli occhi. Ancora un piccolo tocco di terra d’ombra. Forse ci voleva un po’ di Prussia. Per affondare. Sì.

Bello. Vivo.

Aveva abbassato lo sguardo. Si sentiva davvero a disagio.

Uno strano, stranissimo ritratto.

S’era seduta di nuovo, con una sensazione di malessere, di dolore. Poi, capito. Le dispiaceva doverlo dare via. Si affezionava sempre ai suoi quadri, ma questo era strano. Questo quadro. E lui continuava a guardarla come se fosse lì, vivo. Presente. Che vuoi? Gli aveva detto. Poi aveva sorriso. Andiamo bene, ci parlo pure.

S’era allontanata, occhi socchiusi e, sì. Finito. Ci siamo. È lui.

Era più lui della foto, veramente. Era come materializzato. Le sembrava che muovesse anche impercettibilmente gli occhi.

Altra sigaretta. Sono matta, aveva pensato. Mi sono stancata troppo. Aveva guardato l’orologio. Sette ore che stava lì, a dipingere. Senza neanche mangiare. Doveva essere questo. Cavolo!

 

Ancora vento fuori. Sembrava una voce. Un richiamo. Quasi disperato. Ma che scemenza, pensava.

S’era messa a pulire i pennelli e ogni tanto guardava la tela. La tela guardava lei. Si stavano conoscendo. Davvero sentiva di aver dipinto quell’uomo dal vero. Come se fosse lì.

Il trillo del telefono l’aveva fatta trasalire.

–         Sì? Pronto?

–         Sono Vinelli. Sì. Tutto bene?

–         Ho quasi finito, signor Vinelli. Può avvisare il tipo che il ritratto è pronto.

–         Sarà difficile.

–         Difficile?

S’era preoccupata. Perché difficile. Questo era il miglior ritratto che avesse fatto. Perché non poteva avvisare il committente che era finito?

–         Allora? Perché difficile? Non può avvisare?

–         Certo, ma non il signore del ritratto. Sua madre.

–         Un regalo?

Carino, aveva pensato. Una mamma che fa fare il ritratto al figlio e glielo regala. Carino.

–         il regalo è per la madre. Lui è morto l’anno scorso. Per questo ha voluto il ritratto. E sperava di averlo per l’anniversario della morte. Era un ragazzo straordinario. L’amavano tutti.

–         È finito. L’avrà. Anche domani se vuole.

 

Fuori il vento adesso soffiava lento. Costante. Sembrava un canto. Un canto di ringraziamento.

…

…

…

(by poetella)

 

nella foto “Autoritratto”

di Ciro Resta de Spinoza. primo ‘800.

 

Johannes Brahms-Trio for Piano, Clarinet and Cello – Op114(1891)II – Adagio

 

 

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musica!

20 lunedì Feb 2012

Posted by poetella in poesia, video di poetella

≈ 2 commenti

sì…un po’ di musica con foto di viaggio…

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– Dai, papà, raccontami di Zonderwater

18 sabato Feb 2012

Posted by poetella in amore?, crescere con l'amore, figli, le cose importanti, padri e figli, quasi racconti

≈ 23 commenti

Tag

centomila, dimmi dimmi, ti ricordi

Foto di poetella 

il lanciarò (dal web)

 

– Dai, papà, raccontami di Zonderwater

 

che lo so che ti ricordi. Ti ricordi tutto. Sì, sì, lo so che avevi scritto. Lo so.

La matita. Tutto raccontato su quei foglietti. A matita.

E poi, e poi s’è cancellato. Non c’è rimasto più niente, quando sei tornato.

Eh! non c’erano le biro.

E la stilografica, poi, chi ce l’aveva la stilografica?

Magari chi ce l’aveva, poi, l’inchiostro?

Si trovava l’inchiostro allo shop indiano?

Forse sì.

 

Lo so, papà, che avevi scritto. Ma tu ricordi. Ce l’hai tutto in testa.

 

No, l’appuntamento col cardiologo, quello no. Te  lo devi scrivere sul calendarietto in cucina.

Che dici Comincio a sentire gli anni. Gli anni. Novantatre anni, papà.

 

E dieci volte, cento volte, mille volte mi racconti del dottore tripolino a dermatologia, quattro mesi fa. Che poi gli hai portato una bottiglia di Rosso.

E i cioccolatini.

Ma io te lo lascio dire, sa’, anche se me l’hai già detto.

Ti lascio dire. Questo dire è la tua vita, ormai.

 

La tua memoria trattiene solo quello che vuole, adesso.

Tu giovane.

Tu bello.

Tu amato.

Tu premiato.

Tu invidiato.

Tu mai malato.

 

– Dai, papà, raccontami di Zonderwater

 

Dimmi ancora che eravate centomila. Dimmi com’era il campo.

Dimmi del capitano Tosi, di Torino e di come t’ha tirato fuori di prigione.

Racconta ancora dell’autocisterna che ci mettevi quella busta dentro piena delle cose che compravi per i compagni allo shop indiano.

In quel deserto di polvere.

In quella nostalgia di casa sotto un sole straniero.

 

Che caricavi acqua per bagnare la terra davanti alle cucine.

Sì, lo so, ma non te lo dico che lo so, tu dimmi, dimmi che le cucine erano aperte sul davanti e c’entrava la sabbia quando arrivavano i camion, i lanciarò.

 

Chi ha la patente? Aveva chiesto il capitano Tosi, di Torino

Io, avevi detto tu.

E andavi con la cisterna a riempirla d’acqua al torrente. Per spruzzare la terra rossa.

Si, Zonderwater si chiamava, il campo, ma l’acqua c’era.

E pure lo shop indiano, vicino al torrente.

 

 E ci guadagnavi un pochino. Giusto un pochino per farti ripagare l’incomodo.

 

Dimmi che t’invidiavano, ché tu tenevi i soldi e loro no.

Ma loro mica erano ingegnosi come te, papà. Tu eri una forza!

Tu sei una forza. Ancora adesso.

– Dai, papà, raccontami di Zonderwater

 

Che è tanto bello vedere come ti brillano gli occhi e sembra che hai ancora vent’anni e sei giovane e amato.

E io ti lascio raccontare, mentre ti passo la manopola degli ultrasuoni sulla spalla. Come una carezza. Dolce dolce.

 

Ti voglio bene, papà.

E anche tu.

Adesso lo so, sai?

…

…

…

(by poetella)

 

 

Ascolta poetella

 

 

 

 

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Summertime…

17 venerdì Feb 2012

Posted by poetella in crescere con l'amore, emozione, fiabe, le cose importanti, padri e figli, quasi racconti

≈ 14 commenti

Tag

arietta, canne da pesca, pescatori

 

 

 

 

 

 

  

 

Ci s’era alzati tutti presto. Che si vedeva la luna, dalla finestra, tremolare sull’acqua e dietro gli occhi un dolore, una voglia di sonno.

 

Le bambine si vestivano lente, molli come pupazze. Costumino. Maglietta. Asciugamani nei sacchi. Uno rosso, uno celeste.

E prendete pure i cappelli, aveva detto mamma, mentre spalmava la Nivea sulla schiena, sulle spalle, sulle braccia, sul naso, sulla fronte, sulle cosce.

E pure sulle cosce no!

Zitta che poi ti scotti. E piangi. E spalmava. E a Tata niente. Che quella teneva una pelle scura scura che sembrava una negretta. E dopo sette giorni di mare, figurati. Non si scottava neanche a dormirci, al sole. Neanche dieci ore, al sole, si scottava.

Ma lei, la Lenticchiosa! Che tormento. E li conosceva i morsi sulla pelle, la notte, a girarsi e rigirarsi senza pace, a cercare il fresco del lenzuolo, senza sonno, coi diavoli che la mordevano voraci come piragna.

 

Pure mamma s’era alzata presto, anche se lei no, a pescare no.  Che avrebbe preparato il pranzo, dicendo il rosario pei suoi pescatori, poi sarebbe andata alla funzione e poi giù in spiaggia. Ad aspettare.

Ecco. Tutto pronto.

Fuori, nel buio, verso la spiaggia.

Papà portava la cassetta col verme e una busta con le lenze di profondità, tutto il filo ben arrotolato sul sughero. E gli ami di scorta.

Le bambine, ognuna col sacco con gli asciugamani e i panini morbidi e, fiere, in mano le canne da pesca. Nuove nuove. Col mulinello per avvolgere. Una col manico rosso. Una blu.

 

La barchetta rivoltata, a riva, l’avevano girata tutt’e tre. Fatto.

 Loro due sopra e papà a spingerla in acqua.

Uno scintillio di luna. Un’arietta fresca sulle braccia nude, sulle gambe.

Un canto d’aria.

Poi, remi in acqua, via! Al largo.

Lei guardava l’acqua e aveva paura. Sempre paura di cadere. Si sarebbe ficcata sotto la prua, per essere sicura di non cadere in acqua. Ma mica lo faceva vedere. A papà. No, no.

Datemi le canne che il verme lo metto io. Che se no vi fate male prima di cominciare, aveva detto papà. Meno male, che le faceva un po’ schifo.

Quei cosini molli che si agitavano. E poi, poveretti. Chissà che male con quegli ami. Poveri vermetti.

I pesci piccoli si ributtano in acqua, ok? diceva papà.

Ok.

Pluf, e s’aspetta.

Che speriamo che non abboccano. No. Speriamo che abboccano.

Devo fare vedere che sono una brava pescatrice, pensava lei. Papà è bravo. Anche io.

La barchetta dondolava, all’ancora e attorno era ancora notte d’agosto sul mare. Zitti zitti, che se no i pesci scappano. Che lei voleva parlare, per farli scappare. Voleva avvisarli. Poveri pesciolini.

Poi Papà! Aveva gridato Tata. Tira! Tira! Guardando la lenza tutta curva e tesa e il filo che affondava e risaliva un po’, agitato da qualche dispetto del mare.

Arrotola! Arrotola, aveva detto papà. Presto, arrotola e tira su!

Lei stava immobile a fissare quel filo. Come s’aspettasse la tragedia imminente. Col sudore gelato addosso. La barchetta un po’ dondolava.

La sua canna stava immobile. Nessun tiraggio.

Tata avvolgeva il mulinello velocissima. Un’esperta pescatrice.

Poi, ecco. Due pesciolini attaccati che tremavano, traballavano, si torcevano disperati.

Erano piccoli. Meno male.

Li ributtiamo, papà.

Sì.

Salvi!

E intanto ecco la sua canna che si flette. Uno strattoncino piccolo piccolo.

Poi un altro.

Come un compagnetto che ti tira i capelli. Per dispetto.

Arrotola! Dai! Aveva detto papà. Svelta! Arrotola!

Ed era venuto su un pesciotto bello grasso, rosato. Brillante e luminoso di riflessi di luna.

Lei aveva guardato papà, un po’ fiera, un po’ supplice.

Beh? Aveva detto papà. Mettilo nella cesta, dai. No, ce lo metto io.

Ma lei lo guardava con un’espressione di malinconia. Di struggimento.

Di richiesta di perdono…

E papà, staccando il pesce e buttandolo in acqua Ok, aveva detto, l’anno prossimo si va in montagna. A funghi. E vediamo se…

 

E lei aveva pensato Bello, sì. A funghi.

Chissà, però, se i funghi, quando li cogli…chissà se…

…

…

…

(by poetella)

 

CharlieParker&ChetBaker-Summertime

 

 

 

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Non c’è da fare più…(notturno)

16 giovedì Feb 2012

Posted by poetella in attesa, notturno

≈ 8 commenti

Tag

grande fantasia

 

 

 

 

 

 

 

(foto di poetella)

 

Non c’è da fare più

stasera che bere questa tisana profumata

d’erbe

che non riconoscerei

nel prato

se nel prato potessi, adesso

 

Non riconoscerei ché non conosco erbe

e alberi. Ignoro i loro nomi.

Sono una cittadina.

 

E sì che li guardo gli alberi 

mi sembra abbiano occhi, gli alberi

e una vita cosciente

tra volute di corteccia e rami

e l’erba

l’erba mi stupisce

sempre

con tutti quei suoi verdi di grande fantasia

Libera tavolozza l’erba. Grafia d’eccellenza

 

Ma non ce n’è ora

che nella mia tisaniera gialla

erba a  stordirsi d’acqua calda

e rinvenire

e riprendersi il profumo del prato

e ridarmelo generosa

 

mentre c’è tempo per ascoltare

il suono dei miei pensieri lenti

che gocciano un po’

 

aspettando che si sciolga la notte

e poi il giorno di faccende

tra macchine e sampietrini scuri e vociare

inconcludente. Aspettare che. Ma che?

…

…

…

(by poetella)

 

 

Ascolta poetella

 

 

.

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una cosa di tre anni fa….

16 giovedì Feb 2012

Posted by poetella in amore clandestino, assenza prersenza, camminare guardando, emozione, poesia, quasi racconti

≈ 13 commenti

Tag

guardo, occhi bassi, signorina

Foto di poetella

(foto di poetella)

 

La gente, per strada, non ti guarda.

la sbirci scivolare via veloce, senza rumore.

Certe volte solo i tacchi sul cemento.

M’accendo una sigaretta e continuo a scrivere.

Neanche io guardo, però.

Magari prima, quando siamo lontani.

Ma poi, a tiro di sguardo, no.

Occhi bassi e avanti.

Certe volte però li alzo, gli occhi.

Così. non so perché.

e mi fa strano.

Non lo so dire. Come un desiderio di conoscersi,

in quegli attimi.

Come fosse possibile. una specie di riassunto di vita.

Così.

Si resta tre, quattro secondi, occhi negli occhi.

Poi, via.

Uno a nord, uno a sud. O a est e ovest. Insomma, via.

 

Cammino molto la mattina.

C’è uno che incrocio forse da sei, sette anni,

tutte le mattine. Quasi.

Con quello ci guardiamo.

Ormai è come se ci conoscessimo.

Se non lo vedo penso che sta male.

Credo che anche lui.

Magari un giorno lo saluto. Chissà, forse dovrei.

Mi sa che lo pensa pure lui,

coi suoi vestiti seriosi e la valigetta di pelle nera.

Consumata.

Forse è un prof, come me. Oppure un impiegato

delle poste.

No, che ci fa con la valigetta?

È un prof. Coi compiti da correggere e la pizza.

Per ricreazione.

 

Boh, che ne so chi è.

È strana ‘sta cosa.

Magari se lo incrociavo nel bosco, d’estate, a funghi,

lo salutavo. no?

nel bosco ci si saluta. Ma per strada, in città…

tutti diffidenti. di corsa.

S’addormenta pure la curiosità. anche la cortesia.

Si tira dritto.

– Ma vai sempre a piedi a scuola? m’ha detto papà,

a Natale.

Non ci si vedeva da un po’.

Ho fatto sì con la testa.

– e non ti si avvicinano con la macchina?

e ti dicono Signorina, la posso accompagnare?

L’ho guardato.

– Papà! ho cinquantasei anni!

Però m’è piaciuto che ha detto così.

In fondo è uno dei primi complimenti che mi fa.

Magari lui me lo diceva, Signorina…

 

Tu non mi dici Signorina.

Tu, certe volte, smetti di baciarmi,

mi tocchi leggero dal viso alle spalle,

giù per le braccia.

Mi prendi le mani e m’allontani un po’.

Poi, Ciao, Belladonna! dici.

e io Ciao!

E ricomincia la festa

…

…

…

(by poetella)

 

Ascolta

 

.

 

 

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ancora ricordi…

16 giovedì Feb 2012

Posted by poetella in atmosfere magice, attesa, crescere con l'amore, emozione, fiabe, le cose importanti, mamma, quasi racconti, speranza

≈ 2 commenti

Foto di poetella

(foto di poetella)

 

Bambine! si va in centro! aveva detto mamma, bella bella, col vestito rosa di piquet, stretto in vita, sottile la vita di mamma, le braccia nude piene di lentiggini.

La gonna svolazzava larga e gonfia ad ogni passo, sbruffo di  petali di peonie, mentre prendeva i due vestitini uguali verde acqua per le gemelle. Disegnati, tagliati e cuciti e provati in pochi giorni. A scuola finita. Anche per lei.

Giugno si slargava pieno di vacanze. E di sole. E di attese.

 

In centro. Bello. Le compagnette delle gemelle dicevano Ieri so’ andata a Roma e loro Ma non stiamo a Roma?

Ma la mamma no. Lei diceva in centro. La mamma sapeva bene tutte le parole. Sapeva tutto e sapeva insegnarlo. La mamma era bella bella.

 

E ora in centro a passeggiare coi vestitini nuovi e mamma tutta luce e magari pure il gelato e stare ben attente a non sbrodolarsi. Attente attente.

Tanto Tata si sbrodolava sicuro. Lei no. Lei era una brava bambina. Se lo voleva far dire spesso, per crederci. Una brava bambina composta, che non si sbrodola. Tata non era brava. Le faceva i dispetti. E diceva sempre Brutta lenticchiosa, se vedeva che la sua bambola era più stropicciata e ciondolosa e sporca e allora Brutta lenticchiosa a lei, per vendicarsi.

E lei piangeva  piano e non si faceva vedere da mamma, che se no mamma prendeva la cucchiarella di legno e giù a spezzargliela sulle gambe a Tata.

E poi Quando viene papà il resto, diceva. Che pizzicava di più quella frase che le strisciate di cucchiarella stampate sulle gambe.

 

E allora lei non diceva niente a mamma di Brutta lenticchiosa. Se ne stava a pensare che le lentiggini, come mamma, solo lei. Pure se i capelli erano neri. Ma le lentiggini, come mamma, solo lei. E poi piangeva piano piano, in cameretta, senza farsi vedere, sommessa come un sobbollire di minestrone. Di lenticchie. E aspettava. Aspettava che Tata. Ma quella mai. Mai a dire scusa.

No. Non era una brava bambina. Per niente era una brava bambina. Tanto si sbrodolava sicuro col gelato, se mamma lo comprava. Sicuro.

 

Vi devo raccontare una bella cosa, aveva detto mamma sul tram che traballava sferragliando tra le casone alte alte, verso la Bellezza. Tata coi piedi di qua e di là della ruota dello snodo, che si faceva trascinare e sballottare ad ogni curva e rideva e rideva e mamma a dire Sssshhhhhhhhh! Buona. Buona un po’. Vieni qui. Buona. Zitta.

Figurati! Buona Tata! Quando mai! E lei si teneva salda, eroica, vedi come sto buona pensava. E che fatica su per i polsi. Ma lei contrastava. Contrastava la vita che voleva farla cadere. Forte contrastava i sobbalzi. E le paure.

 

Arrivate. Spalancata la piazza della stazione Termini. Immensa di luce di giugno, di gente, di macchine e autobus. D’estate e di vacanza.

Camminavano tutt’e tre, le gemelle con le scarpette bianche ben pulite col bianchetto e mamma cantava   

Que Sera, Sera,
Whatever will be, will be
The future’s not ours, to see
Que Sera, Sera
What will be, will be

Bella mamma, coi capelli rossi come un incendio sulla schiena.

Sediamoci lì, aveva detto.

Una panchina sotto i platani. A terra un chiacchiericcio di piccioni. E loro, buone, scarpette, borsetta, guantini bianchi, il gelo del marmo sotto le coscette nude. I piedi penzoloni.

Vi voglio dire bene bene una cosa, aveva detto mamma, con un’aria magica. Misteriosa.

Siete grandi, ormai. Vi voglio dire come nascono i bambini. Va bene? Volete?

 

E loro Sì. Insieme. D’accordo, adesso.

Tutt’e due Sì, con la testa. In attesa.

…

…

…

(by poetella)

 

Que serà serà – Connie Francis

 

 

 

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Chissà…

15 mercoledì Feb 2012

Posted by poetella in amore?, le cose importanti, mamma, morte, nostalgia, padri e figli, quasi racconti

≈ 12 commenti

Foto di poetella  (mamma)

 

Chissà.

Forse perché è passato un anno dal suo compleanno.

Poco più da quando se n’è andata, quieta, all’alba dell’Epifania del 2011.

Forse per questo.

Che papà piangeva e piangeva, mi ricordo. La guardava e piangeva, lei tutta composta, col collettino di pizzo Valencienne, occhi chiusi,  sul raso rosa tutto pieghe e sbruffi, le piaceva tanto il rosa! E lui la guardava e diceva Guardate che bella che è.

Che bella che è.

E dondolava la testa. Torturava il fazzoletto tutto zuppo, tutto mollo e io pensavo settant’anni insieme a vedersi diventar vecchi e lui ancora a dire che bella che è. A  me, mai.

 

E per consolarlo Tata gli ha detto Papà! Se la sono portata i SantiReMagiSanti.

Li pregava sempre. Ti ricordi papà?

 

Vero.

Se perdeva qualcosa, che so, l’orologetto d’oro, il Longines che le aveva regalato nonno Ezio per la laurea, tempo di guerra, bella spesa, che le aveva detto Questo è prezioso come il regalo che ci hai fatto tu.  Tienilo da conto.

Beh, se lo perdeva, lei subito a dire SantiReMagiSanti, fatemelo ritrovare, come avete trovato la strada per GesùBambino.

Diceva così e pluf! L’orologetto saltava fuori.

E perdeva le chiavi della cantina, che ce l’aveva solo lei e subito SantiReMagiSanti, SantiReMagiSanti.  

E pluf! Saltavano fuori le chiavi.

Gliel’aveva insegnata nonna ‘sta cosa. E funzionava. Come tutte le cose che sapeva nonna.

Pure quella volta dell’anello di brillanti. Quello russo. Caduto nell’acqua a Serapo, acqua bella limpida e noi piccole piccole, coi codini e i fiocchi rosa, ovvio, rosa e solo il pezzo di sotto per costumino, che il sopra ancora non serviva. Pure quello i SantiReMagiSanti. Pure quello. Sott’acqua.

 

Papà! I SantiReMagiSanti se la sono portata. Gliel’hanno trovata loro la strada del Paradiso, aveva detto Tata. E papà Sì, sì. E  le lacrime che scendevano piano piano, come una pioggerellina di marzo, lievi e piccole piccole.

 

Mica l’avevo visto mai piangere, prima.

Manco quando era morta nonna.

Solo quella volta che aveva avuto quel calcolo che gli mordeva i reni e mamma a pregare. Solo quella volta m’aveva chiuso la gola quel pianto.

 

Ma quello era un altro pianto.

Un altro pianto. Senza dolcezza.

…

…

…

(by poetella)

 

 

Chopin Valse de l’adieu_

.

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Dice nonno Allora?

14 martedì Feb 2012

Posted by poetella in atmosfere magice, consapevolezza, crescere con l'amore, le cose importanti, nonni, quasi racconti, saggezza

≈ 2 commenti

Foto di poetella

(foto e…ciambellone di poetella!)

 

Dice nonno Allora?

Allora gli ho dato un calcio. E una spinta

A Marco? Dice nonno

 

A Marco.

 

E Chiaretta è tutta rossa in faccia. Più della felpa. Più del collant.

Più della bandana.  Tutta rossa quando dice Marco, piano, e guarda di lato, come se di lato fosse più facile guardare. Ché vanno via le rabbie e le vergogne. Di lato.

E perché? Dice nonno.

Perché m’ha preso il mollettone. E rideva.

Giustizia.

 

No, Chiarè. Mica è giustizia, questa. Dice nonno calmo. E accarezza Gattomatto. Che gli sta sulle gambe.

 

Sì. Lui il mollettone e io lo spingo. E se cade, rido.

 

Gattomatto sta buono e sonnecchia sotto le coccole di nonno.

Non ha niente da aspettare. Niente da chiedere. Niente da rivendicare.

Ronfa.

Chiaretta prende una fetta di ciambellone e ci affonda i denti. Come mordesse Marco. O lo baciasse. Forse.  

 

Questa non è giustizia, Chiarè. È vendetta.

Lui mi fa i dispetti. Mi difendo. Giustizia.

 

Nonno fa piano no, con la testa. Come un vento leggero. Come un’onda a riva. Dolce.

 

Non ci si difende così, Chiarè. Hai ripreso il mollettone?

No. Però mi sono sfogata.

 

Chiaretta, il ciambellone nella destra, si arrotola i riccioli attorno al dito.

E un morso. Accovacciata sul divano rosso. Affonda i denti nel ciambellone. Rabbiosa. Quasi finito. La rabbia no.

Mica è passata la rabbia.

 

Lo vedi? Dice nonno. Mica t’è passata. Non è giustizia. È vendetta. Voglia di vendicarti. Lascia l’amaro. Non si fa così. Si sorride. Si perdona. Si cerca di capire. Tu cerchi?

M’ha fatto arrabbiare, dice Chiara.

 

I giusti cercano di capire. Tu lo fai? I giusti sono anche saggi. Dice nonno.

 

E intanto le fa una carezza. E una a Gattomatto, che socchiude gli occhi, si stira e posa una zampina sulle gambe di Chiara.

 

Lei pensa. Capire. Mica è facile, nonno. Te lo dico io che non è facile. Pensa.

E io sono piccola.  Mica è facile, nonno. C’è tanto da aspettare per capire.

 

Nonno sorride e aspetta. E ha un modo bello di sorridere. Lui che sa.

…

…

…

(by poetella)

 

 

 

Sidney Bechet – petite fleur

 

 

 

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e questa è per domani….

13 lunedì Feb 2012

Posted by poetella in amore?, attesa, auguri amore mio!, compleanno, crescere con l'amore, emozione, poesia, S.Valentino

≈ 10 commenti

 

 

 

.

.

.

M’occorre un  gesto

per fermare la chiocciola  delle ore

Un gesto che sveli

che sleghi

che riporti indietro e benedica

che salvi per sempre

per sempre imprima e conservi

 

Un gesto o una parola

 

M’occorre una luce cento luci mille luci

da raccogliere negli occhi

da tenere nelle braccia come un fascio di peonie

come un dono. Per te

 

Gentile dono da incartare

con la carta trasparente o rossa o d’oro

a trovarlo

da incartare col sorriso che m’adorna

se ti penso

 

E ti penso, lo sai, ti penso

 

ché il pensarti manda colori

schiarisce

sfoltisce la nebbia

E morbido morbido la ricrea

 

Mi ci nascondo adesso

Una perlina nel velluto rosso

Eccomi

 

coi miei  fragori di memoria del mare

 

col mio brillare d’anima/ madreperla

con le tempeste e le onde

e la calma

la calma ché nessun mare ha più calma

della calma del mio sulle tue sponde

 

Eccomi adesso a dirti prendi.

Prendimi.

 

Non ho altro che me da regalare. È tuo.

 

Con gentilezza, tienimi quanto vuoi

…

…

…

(by poetella)

 

 

Ascolta poetella

 

 

.

 (Auguri, mio caro!)

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disattenzioni?

12 domenica Feb 2012

Posted by poetella in amore?, figli, le cose importanti, padri e figli, quasi racconti

≈ 16 commenti

 

 

 

 

 

– E basta che pigi questo tastino, vedi?

– Vedo

– E comincia a scaldare.

 

Tasto pigiato. Il forno a microonde manda una corrente d’aria e sussurra. Il piatto gira.

 

– Gira!

– Si. Appena scatta il timer pigi lo stop. Ok?

– ma…

– cosa?

                           Un raggio di sole, tramonta, un raggio di sole dalla finestra, dritto negli occhi.

Lei li chiude un po’.

Poi li riapre e lo guarda. Lui che la fissa.

 

– Che c’è? Qualcosa che non hai capito? E’ facile

– Ma tu

– Io cosa?

– Ma tu hai gli occhi verdi!

– Papà!

…

…

…

(by poetella)

 

Sidney Bechet – petite fleur

 

 

–

 

 

 

 

–

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12 domenica Feb 2012

Posted by poetella in poesia

≈ 2 commenti

Amen!

Daily Godot's Weblog

Whitney Houston, 48 anni, cugina di Dionne Warwick, figlioccia di Aretha Franklin, 6 Grammy, 22 American Music Awards, 2 Emmy, 30 Bilboard Music Awards e tanti altri…

… eppure ha passato tanti anni a combattere contro la depressione e la droga… sicuramente una bellissima voce!

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per un compleanno molto speciale…

11 sabato Feb 2012

Posted by poetella in amore?, atmosfere magice, auguri amore mio!, desideri..., emozione, neve a Roma, poesia

≈ 8 commenti

Foto di poetella

(foto di poetella)

 

Però è bello

stare a pensare al dono

tra le cose che non

tra le cose che se

Passare e ripassare le pieghe dei giorni

 

rimasti impiastricciati di stupore e

cercare quello che manca

 

cosa ti manca per brillare di più ai miei – ai tuoi occhi?

 

Come potresti mai

 

Cerco, cerco cosa più

di più e di più

cosa ti darebbe [da custodire in fondo al fondo]

ali per sorvolare i grigi

i freddi e gli anni

verso l’azzurro più azzurro dei tuoi occhi

stellati.

 

Cerco, cerco un dono

per l’allegria la festa la compagnia

il raro tintinnio della risata

 

o solo per quel tuo sorriso piccolo

piccolo piccolo con la testa un po’

inclinata che dice piano no. No!

mentre mi guardi stupito. E nessuna

Bellezza è come te. Limpida d’acqua

 

Non so. E intanto penso. Penso alla neve  e  

…

…

…

(by poetella)

 

 

Ascolta poetella

 

 

 

 

 

 

.

 

 
 

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sssssssssssh…..

10 venerdì Feb 2012

Posted by poetella in amore?, assenza prersenza, atmosfere magice, attesa, desideri..., emozione, fiabe, inverno, neve a Roma, poesia, speranza

≈ 16 commenti

Foto di poetella

(foto di poetella)

 

Zitti zitti

come topolini ad aspettar

 

la neve

 

Io, te

…

…

…

(by poetella)

 

 

Si tu vois ma merè – Sidney Bechet

 

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10 venerdì Feb 2012

Posted by poetella in poesia

≈ 2 commenti

davvero straordinario! Una successione di quadri “impressionisti” in movimento!

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Perché non ci rassegnamo …

09 giovedì Feb 2012

Posted by poetella in amore?, atmosfere magice, Bellezza che salva, Bellezza della natura, crescere con l'amore, emozione, le cose importanti, poesia, speranza

≈ 8 commenti

Foto di poetella

(foto di poetella)

 

Perché non ci rassegnamo che sia

Perché non può essere

non può essere che

 

E si combatte, io sì combatto

Io contro il grigio

e il nero e l’acido

Il vuoto e il povero, il poco,

il poco poco, il crudo, il duro

il freddo, l’amaro, il niente.

 

Io combatto con i miei no

Guardami! Dico no

ché c’è il bello. Guarda quant’è bello

quel cumulo di neve ancora bianco

sull’asfalto

 

Senti quant’è bella questa

musica

che fa ancora e ancora

il cosmo. E ancora

 

che facciamo noi

se guardiamo il dono del cielo

e delle rondini e delle stelle

 

 

Per cento o per dieci, per cinque, per due

per uno che la fa, che la canta

questa musica, se ce n’è uno che la fa

per quello, ancora, ancora

dico sì.

 

Per quello ancora dico senti! Guarda!

Ancora e ancora

Per quello ancora è bello ora

 

e c’è splendore, ancora e meraviglia

…

…

…

(by poetella)

 

 

Ascolta poetella

 

 

 

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E poi torniamocene a casa…

08 mercoledì Feb 2012

Posted by poetella in amore clandestino, assenza prersenza, atmosfere magice, crescere con l'amore, emozione, fiabe, libertà, nostalgia, poesia

≈ 4 commenti

Foto di poetella

(foto di poetella)

 

E poi torniamocene a casa

che fa freddo

senza lasciare scarpette

di vetro

come se fosse niente

 

Niente tutta la luce, teniamocela

in petto

la luce, dietro gli occhi

la festa, bassi,

ché non si veda

Microesplosioni, pollini luminosi

 

Ché non posso, non posso proprio

e invece posso

legarmelo in cuore

questo Valhalla di ferite rimarginate

di banchetti e di canti

[Tutte le Valchirie scese da cavallo

e ballano un valzer

al suono di pianola]

Gira gira la manovella

Gira gira questo tempo

Gira e si chiude il cerchio. Attorno a te

 

 

Torniamocene a casa

zitta zitta

come dal mercato, le mani

le braccia colme di un tutto

che sembra un niente

 

Di un toccare le nuvole

e pasticciarcisi tutta

…

…

…

(by poetella)

 

 

 

Ascolta poetella

 

 

 

 

.

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poetella consiglia d’ascoltarla….

06 lunedì Feb 2012

Posted by poetella in amore?, consapevolezza, emozione, inverno, nostalgia, quasi racconti

≈ 19 commenti

 

ascolta poetella

.

.

                      – Ma sì, fammela una carezza, fammela

 

non la levo la mano, non la tiro via con la scusa di una ciglia nell’occhio, dei capelli che scappano dal mollettone come ci fosse vento e non c’è vento, non c’è mai vento, non c’è più vento ormai qui dentro, da tanto, da tanto e allora coraggio, fammela questa carezza, una di quelle che si fanno ai vecchi su una mano sempre fredda, no, non la mia mano, la mia, quella non è fredda. La mano, per lo meno.

                       Magari è vecchia, la mia mano. Magari lei sì. Vedi l’indice? È un po’ curvo, quello della destra, dico, un po’ curvo a forza di scrivere e scrivere, la penna, il mouse, deve essere quello che l’ha curvato, [vedi la sinistra, quella del cuore? Quella no. Non è piena di solchi e nodi. Quella no. È giovane. Quella del cuore]

                       La destra, invece. Sarà quel sempre voler indicare un lontano, ci si stanca a indicare sempre un lontano chissà dove, laggiù dove si schiudono i sogni. Dove potremmo, dove potrebbero, prima o poi. Vedrai che.

Coraggio.

–       Ma sì, fammela una carezza, fammela

 

che vedrai, ti sorriderò come allora, tanto tempo. Tanto tempo passato.

Allora, quando credevo che Visto? Pure io ho trovato. Mica solo le altre. Mica solo Giovanna, o Caterina, o Sara o che ne so, non mi ricordo come si chiamava e lei ce l’aveva l’innamorato. E io pensavo Io mai! Io mai lo troverò uno che.

Io che papà non si fa trenta chilometri per venirmi a portare un cesto di frutta prima che mi svegli. Ché io non me lo merito, Caterina o Giovanna o Sarà sì. A loro i padri glieli portano i cesti di frutta. Io mai. Io no. Io non lo trovo uno che mi ama finalmente e mi fa scordare che tu, papà, non mi  porti i cesti di frutta. E invece poi.

 

–       Ma sì, fammela una carezza, fammela

 

Che non ti dirò Ma che fai, scemo. Non ti prenderò in giro.

Non ti dirò siamo vecchi. Lascia perdere che non.

 

                       Ti sorriderò come sorridevo a correrti incontro, quaranta, trentacinque, trenta, tanti anni fa, quando ancora credevo che sarebbe bastato salvare il mondo, magari salvare solo te dal mondo per sentire che anche io, no, i cesti di frutta no, ma non per colpa mia. Io ero ok.

Io salvavo il mondo. Io salvavo te dal mondo. Ero brava. Ero bella. Ero meglio di Giovanna, Caterina o Sara o non so chi. Non ricordo chi.

–       Ma sì, fammela una carezza, fammela

 

che ti sorriderò come fossimo in una nuova casa tutta bianca e rossa, in un nuovo giardino, no nuovo, il primo giardino, ché non abbiamo mai avuto un giardino nostro e ci nascondevamo nei giardinetti pubblici per scambiarci l’anima e scoprire i corpi diversi. E non ci siamo accorti che. Allora non ci siamo accorti che tutto era diverso. Non abbiamo voluto vedere che noi stessi. Si guarda sempre dentro di noi, da ragazzi e si cerca il riflesso. Ci si illude del riflesso. Ci si convince del riflesso.

                         Poi, quando s’aprono gli occhi, c’è chi li apre, sai? tutto si svela, ma ormai è tardi. Non si possono ricucire i silenzi, non si possono spianare i monti. Si tira avanti e ogni tanto

 

–       Ma sì, fammela una carezza, fammela

 

così, per dimenticare d’esserci sbagliati. Per cercare scuse alla nostra fragilità, alla nostra voglia di perdono. Che non c’è tempo più, ormai. Non c’è tempo per ricominciare. Per riscrivere la pergamena del destino.

Siamo vecchi.

E allora, allora

–       Ma sì, fammela una carezza, fammela

 

Fammela e resta qui, vicino a me. Resta qui e aspetta che faccia effetto, ci vuole poco sai? m’ha assicurato che ci vuole poco. Gli ho detto del gatto, il cancro, non voglio vedere che … piano piano… soffrendo. Voglio farlo io.

 

                            Ci vuole poco, vedrai. Aspetta con me che faccia effetto quest’addio al tutto, al niente, al passato e al futuro che non voglio, quest’addio che ho buttato giù con un po’ d’acqua.

Era fresca, sai.

…

…

…

(by poetella)

 

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Quello che vorrei dirti…

04 sabato Feb 2012

Posted by poetella in amore?, assenza prersenza, attesa, desideri..., inverno, le cose importanti, neve a Roma, nostalgia, paura di non amore

≈ 14 commenti

Foto di poetella

(foto di poetella)

 

 

Quello che vorrei dirti

è che non basta questa

neve

a scaldare il mio tempo

non basta

 

anche se tutto è così strano e bello

e bianco e nuovo

e tutto coperto e non si vede

il grigio

il brutto

il vuoto

di questa periferia dei miei pensieri che vaga

verso il suo centro

 

e non lo trova

tutto bloccato

tutto sbarrato

tutto gelato

e non si può andare a cercare

non si può

e domandare e vendere e comprare

e neanche regalare

ché ti regalerei tanto tempo

tutto il tempo

lungo tempo bianco e soffice

 

lungo tempo colorato

lungo tempo padrone intransigente

 

abbindolato da un sorriso

e un occhiolino

e conquistato. E vinto a festa

…

…

…

(by poetella)

 

 

Ascolta poetella

 

 

 

 

.

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e loro si divertono!

04 sabato Feb 2012

Posted by poetella in atmosfere magice, emozione, fiabe, foto di poetella, inverno, neve a Roma

≈ 5 commenti

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una cosa di due anni fa…

03 venerdì Feb 2012

Posted by poetella in amore clandestino, Bellezza che salva, Bellezza della natura, emozione, inverno, neve a Roma, poesia

≈ 4 commenti

Foto di poetella

(foto di poetella)                                    12 Febbraio 2010

 

 

 

Ehi, guarda che cielo gonfio, stamattina.

E io mi sento così leggera, invece.

Davvero. Una carta velina, nell’aria.

Strano, sai? È da ieri che non ti penso.

Ho avuto parecchio da fare, forse.

E adesso, così, di botto, m’è venuta in mente una cosa.

Con quest’aria soffice, fuori.

Questo strano silenzio.

Questa calma.

 

Insomma, questo.

Io e te, penso, non avremo mai una tovaglietta a quadretti

da pulire, la sera, da levarci le briciole, dopo cena

e lasciarla là, per la sera dopo.

Con la frutta e la bottiglia del vino rosso.

E andarcene a dormire, poi, coi pensieri tiepidi.

E un leggero sorriso.

 

Niente bacio della buona notte

avremo mai, io e te.

E tanto meno di buon giorno.

Questo m’è venuto in mente,

e che, certo, ne abbiamo avuti di baci, noi. Sì, certo,

tanti come gocce di pioggia d’un temporale estivo.

Ma quella era tutta un’altra storia.

Una storia di tuoni e fulmini. D’esplosioni. Di fughe.

Una storia di rivoluzione.

Con le bandiere e i canti.

 

Ma ora, amico mio, ( sì, mi va di chiamarti così)

amico mio sono stanca di buttarmi nella mischia, da sola.

 

Sono stanca.

Voglio starmene un po’ vicino al termosifone

come una vecchia gatta. Posso, no?

Nessuna controindicazione.

 

Questo penso, adesso, mentre guardo fuori.

E lo sai?

Fuori nevica, finalmente.

Guarda. A Roma nevica.

…

…

…

(by poetella)

Ascolta

 

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anche a Roma…

03 venerdì Feb 2012

Posted by poetella in foto di poetella

≈ 2 commenti

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Com’ero prima …

02 giovedì Feb 2012

Posted by poetella in amore clandestino, consapevolezza, crescere con l'amore, dolore che guarisce, emozione, le cose importanti

≈ 10 commenti

Foto di poetella

(foto di poetella)

 

Com’ero prima Mi ricordo

cos’ero. Basta guardare un po’ dietro

 

Un grumo di domande

senza rassegnazione

[metti le mani giunte e prega]

freccia in cerca d’arco

sasso di fionda

Sbando, ero sbando di falena

grandi colpi contro

la lampadina

ché accade che ci si inganni

accade che la luce

il calore, il calore!

anche una fiammella

un’incandescenza

accade che

e allora grandi picchiate verso

e friccichi di sbruciacchiamenti

 

Com’ero prima che lo so com’ero

come chiedevo, mi chiedevo, vi chiedevo

come ti chiedevo

lo so. Prima. Come tremavo. Come temevo

 

Poi è stato un chiaro

un largo dopo quel

taglio, quel segno

quel buco fondo quelle unghie

a scavare e ribaltare

strappare via

 

fino al puro del sangue.

 

È stato poi tutto un sempre

tutto un anche

Poi tutto un sereno, dopo che

…

…

…

(by poetella)

 

Ascolta poetella

 

 

 

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