Tag

, ,

Foto di poetella 

il lanciarò (dal web)

 

– Dai, papà, raccontami di Zonderwater

 

che lo so che ti ricordi. Ti ricordi tutto. Sì, sì, lo so che avevi scritto. Lo so.

La matita. Tutto raccontato su quei foglietti. A matita.

E poi, e poi s’è cancellato. Non c’è rimasto più niente, quando sei tornato.

Eh! non c’erano le biro.

E la stilografica, poi, chi ce l’aveva la stilografica?

Magari chi ce l’aveva, poi, l’inchiostro?

Si trovava l’inchiostro allo shop indiano?

Forse sì.

 

Lo so, papà, che avevi scritto. Ma tu ricordi. Ce l’hai tutto in testa.

 

No, l’appuntamento col cardiologo, quello no. Te  lo devi scrivere sul calendarietto in cucina.

Che dici Comincio a sentire gli anni. Gli anni. Novantatre anni, papà.

 

E dieci volte, cento volte, mille volte mi racconti del dottore tripolino a dermatologia, quattro mesi fa. Che poi gli hai portato una bottiglia di Rosso.

E i cioccolatini.

Ma io te lo lascio dire, sa’, anche se me l’hai già detto.

Ti lascio dire. Questo dire è la tua vita, ormai.

 

La tua memoria trattiene solo quello che vuole, adesso.

Tu giovane.

Tu bello.

Tu amato.

Tu premiato.

Tu invidiato.

Tu mai malato.

 

– Dai, papà, raccontami di Zonderwater

 

Dimmi ancora che eravate centomila. Dimmi com’era il campo.

Dimmi del capitano Tosi, di Torino e di come t’ha tirato fuori di prigione.

Racconta ancora dell’autocisterna che ci mettevi quella busta dentro piena delle cose che compravi per i compagni allo shop indiano.

In quel deserto di polvere.

In quella nostalgia di casa sotto un sole straniero.

 

Che caricavi acqua per bagnare la terra davanti alle cucine.

Sì, lo so, ma non te lo dico che lo so, tu dimmi, dimmi che le cucine erano aperte sul davanti e c’entrava la sabbia quando arrivavano i camion, i lanciarò.

 

Chi ha la patente? Aveva chiesto il capitano Tosi, di Torino

Io, avevi detto tu.

E andavi con la cisterna a riempirla d’acqua al torrente. Per spruzzare la terra rossa.

Si, Zonderwater si chiamava, il campo, ma l’acqua c’era.

E pure lo shop indiano, vicino al torrente.

 

 E ci guadagnavi un pochino. Giusto un pochino per farti ripagare l’incomodo.

 

Dimmi che t’invidiavano, ché tu tenevi i soldi e loro no.

Ma loro mica erano ingegnosi come te, papà. Tu eri una forza!

Tu sei una forza. Ancora adesso.

– Dai, papà, raccontami di Zonderwater

 

Che è tanto bello vedere come ti brillano gli occhi e sembra che hai ancora vent’anni e sei giovane e amato.

E io ti lascio raccontare, mentre ti passo la manopola degli ultrasuoni sulla spalla. Come una carezza. Dolce dolce.

 

Ti voglio bene, papà.

E anche tu.

Adesso lo so, sai?

(by poetella)

 

 

Ascolta poetella