foto dal web
(le bambole nel negozietto degli Squatriti, a via Ripetta)
Arrivava prestissimo a piazza del Popolo.
Papà la lasciava alla fermata dell’8, a piazza della Croce Rossa, e se ne andava in ufficio.
E lei, sempre paura di sbagliare auto. I primi giorni.
Mai preso l’auto da sola.
E poi c’erano quelli che le si mettevano vicino. Troppo. E lei si scostava. E fremeva.
E quelli più vicino. E lei indietreggiava. Ma l’auto sempre pieno. Gente pigiata, insonnolita.
Chi sonnecchiava seduto. Chi leggeva il giornale, reggendosi. Scarso equilibrio..
Chi cercava di svegliarsi con le mani addosso a lei. Una cosa che la turbava. L’indispettiva.
Una violenza schifosa. Non l’aveva messo in preventivo questo pasticcio.
Era uno, soprattutto. Un vecchio. Grasso e untuoso. Pelato. Viscido come uno sputo. Saliva sempre due fermate dopo di lei. E riusciva ad avvicinarsi. Per quanto lei…
Ecco che le montava la rabbia. Con se stessa, anche. Che non sapeva difendersi.
Avrebbe imparato. Certo che avrebbe.
A usare occhi, e voce. E piedi. A svergognare quel porco. E gli altri lungo la strada. Semmai.
Avrebbe imparato. L’avrebbe costretto a scendere, quello. Vergogna, tutto l’auto a gridargli dietro. Vergogna. Una ragazzina. A spinte l’avevano fatto scendere.
Mai più visto.
E poi, che importava, in fondo.
Uscita da piazzale Flaminio c’era piazza del Popolo che le si spalancava, una finestra sul mare il giorno di Pasqua!, assolata. Quasi sempre assolata e poi, anche con la pioggia, che spettacolo. Alle sette e mezza di mattina. Ogni tanto anche qualche campana, chissà da dove.
I vicoletti, che se li girava, tanto c’era tempo fino alle otto e mezza. Le botteguzze di via Ripetta.
Quella piena di bambole e cocci. Ci buttava sempre gli occhi dentro. Due, uomo e donna, lavoravano su due seggiolette sgangherate. Con coccetti in mano. Silenziosi. Lei guardava.
Poi li avrebbe conosciuti. Dopo più di trent’anni. Gli Squatriti. Grandi restauratori. Ma allora, erano personaggi da fiaba. Magici, minuscoli e sereni.
Poi c’era tempo di ficcarsi in qualche chiesa, semibuia, deserta, gonfia di meraviglie.
Ori, stucchi, tele e statue. Vorticare di angeli. Magari l’organo. Solo per lei.
Santa Maria del Popolo. Mille volte c’era entrata e di Caravaggio sapeva ancora così poco.
A quattordici anni.
Avrebbe saputo.
Avrebbe imparato.
Crescere è questo.
…
…
…
(by poetella)
.
Poetella, Caravaggio da ragazzina è una gran fortuna conoscerlo! Anche se non lo si sa, che è Caravaggio. 🙂
E il vecchio porco viscido non è mai stato svergognato abbastanza! Ce ne voleva di più, di più!!! 😦
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…chi sa se ne avranno di più.
Certo qualcosa dentro che non funziona ce l’hanno. Sicuro. Solo che…
beh…qualche pestata di piedi col tacco e conseguente Oh, scusi tanto, sa… qualche ragazzina gliel’avrà dato…
😉
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Sì, qualcuna lo avrà fatto… e altre avranno avuto paura e avranno subito in silenzio, magari.
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già…
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…mi ricordo (quanto tempo è ormai passato?) a Roma, a via Ripetta…
lasciamo perdere!!!
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no, no…adesso racconti.
Eccheccazzo! (ops…scappato…)
Racconti e basta!
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sui mezzi pubblici tutto il mondo è paese, vedo. almeno da te stavi in mezzo a meraviglie, qui ai gasometri
😦
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😦
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Come ho detto qualche tempo fa, bisognerebbe insegnare alle vittime a cambiare ruolo. Ovviamente non è cosa facile; ma se accetti un ruolo, non puoi evitare di interpretarlo.
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la cosa migliore, secondo me, sarebbe il non dover accettare necessariamente un ruolo…no?
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Sarebbe bello, ma spesso la vita o la natura ti inchiodano in un ruolo e sfruttano le tue caratteristiche, i tuoi condizionamenti o le tue debolezze.
Se ne era discusso a proposito del mio post Vittime, che ho trasferito da Splinder. Naturalmente è il mio punto di vista.
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andrò a leggere…
punto di vista sicuramente condivisibile…comunque.
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però che fortuna vivere a Roma (porci a parte, ma quelli ci sono dappertutto) io ci sono stato solo una volta nella vita tre anni fa , tornerò un giorno lo giuro:
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sì, tornaci…
E’ la città più bella del mondo!
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…poter avere vissuto nella Roma negli anni ’50, con la coscienza di vivere nella Roma degli anni ’50, a posteriori (ovviamente), eccetra…..
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beh…va bene anche anni, diciamo, ’60?
meglio, dal ’54 in poi?
con la coscienza di viverci.
Con la felicità di viverci.
Con la sensazione di privilegio di viverci? che, (se posso…)
(dicevo se posso permettermi…)
Insomma, che dura ancora?
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