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Poetella's Blog

~ "questo sol m'arde e questo m'innamora"- Michelangelo

Poetella's Blog

Archivi del giorno: 17 ottobre 2012

ancora una vecchia mia…

17 mercoledì Ott 2012

Posted by poetella in amore?, atmosfere magice, emozione, felicità, foto di poetella, hard..., passione, poesia, vecchie mie...

≈ 17 commenti

Tag

amore, passione, yo yo ma

(foto di poetella)

– No, grazie, niente giornale –

     Ché non voglio sapere

Fuori dei fatti fuori del tempo, via!

E dentro a questo tempo

solo questo mio tempo

ché non c’è tempo

[e vorrei andare a spasso con te

o al mare o in aereo- magari anche in treno, dai]

Non c’è altro tempo che il nostro tempo

rubato al tempo

 

Guardami, allora. Guardami!

E lasciati cadere, adesso

Guardami per ore

Lasciati cadere che non c’è fondo

non c’è più fondo

mai stato fondo

affonda, affondo e poi

è un planare dolce, largo

e lento. Vedi? Senti?

[correnti ascensionali di respiro]

 

Dove sono i tuoi occhi, solo questo ci resta

Guardami. Guardami

 

Guardami per ore e ore

E sfiorami assaggiami leccami mordimi

Fammi sanguinare

Sfama la belva. Nutriti. Cresci

 

amore mio

e dimmelo, dimmelo ancora

che sono bella [ché c’è ancora tempo. Un po’ di tempo]

dimmi che questi occhi [coi tuoi occhi] che questi seni che questi fianchi

e il ventre

che questo collo che queste mani [stringile]

che queste spalle

dimmelo che questa notte non finirà

 

dimmelo, dimmelo per ore e ore e prendimi

 

e poi uccidimi.

 

Che la vecchiaia non

…

…

…

(by poetella)

 

 

Yo Yo Ma – Soul of the Tango –

 

 

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ripescando…

17 mercoledì Ott 2012

Posted by poetella in amore?, atmosfere magice, crescere con l'amore, emozione, fiabe, foto di poetella, le cose importanti, poesia, quasi racconti, un nuovo romanzo.

≈ 7 commenti

Tag

il mare, primo amore, ragazzi, voce bella

(foto di poetella)

(riordinando un po’ appunti per…un nuovo romanzo: “La vita nel telefono”..ma mica lo so se poi il titolo…beh, vedremo)   

————————————————–

Sergio aveva gli occhi azzurri.

E lo sguardo sempre aggrottato.

Forse perché era miope. E gli occhiali, al mare, proprio no.

Quindici  anni e le gambe lunghe e magre. E le spalle larghe come una statua di Donatello. Giovane, bello e fiero.

                                  Suonava la chitarra. Bene. Benissimo. Alla spiaggia, il pomeriggio, c’era sempre un crocchio, attorno. E lui suonava.

Laura se lo guardava di nascosto Madonna che bello che è, e se lo sognava la notte.

E anche il giorno, pure quando c’era, sempre se lo sognava.

                               Lui suonava e lei spingeva i piccoli seni in fuori, nel costume rosso, piccolo piccolo, mentre cantava, con davanti il mare. Ma mica lo faceva apposta.

O forse sì.

E gli guardava le mani. E gli altri non c’erano.

C’erano, ma non c’erano.

E lui si guardava le mani, sulle corde della chitarra.

Come se non sapesse dove metterle. Le mani. Ma lo sapeva, invece. Per questo le teneva sulla chitarra. Solo che.

Quindici anni.

Ogni tanto si sbirciavano. Poi di nuovo a guardarsi le mani.

A toccarsele con gli occhi.

                                   E lei cantava, voce bella, e i capelli glieli muoveva il vento, lunghi lunghi e neri e lucidi. C’era da perdere la strada a seguire quelle oscillazioni. A star dietro alle ciocche leggere. Lacci che annodavano pensieri.

E scioglievano desideri.

Ogni tanto lui tirava su la testa. Era come un tuffo in acqua, dall’alto.

A mani unite.

E sarebbero voluti scappare via.

No. Restare.

No. Sparire.

Sprofondare nella sabbia.

Dissolti.

Insieme.

                          Respirava fondo Laura, e quei seni piccoli si gonfiavano ed era peggio.

Lui si guardava le mani e sbirciava i seni. E arrossiva.

Suonava, sguardo aggrottato, tutto rosso e zitto. La testa di nuovo bassa.

Guardami, guardami che suono per te.

E l’aria attorno era tesa. Tutto era teso e il sole scottava ancora e giocava coi grani di sabbia. Ci affondava come mani nel capelli.

Poi, qualcuno Basta chitarra, dai! Chi viene al promontorio?

E s’erano alzati tutti e il sole cominciava a tramontare.

                        Lei non aveva mai baciato sulla bocca uno che le piacesse.  

Solo alla festa, due mesi prima, che una guerra per convincere il padre a mandarcela, con i genitori nell’altra stanza a giocare a carte e ogni tanto venivano a curiosare, con la scusa di vedere se erano finiti i panini, e Non si balla così stretti. Ti pare?

E il padre la guardava brutto. E lei si staccava. E guardava il padre che spariva nell’altra stanza. E allora si riappiccicava. Insomma alla festa s’era trovata sulla sua la bocca di Ugo.

Ma Ugo era ciccione. Simpatico e ciccione. Caciarone, casinaro e ciccione.

Non le era piaciuto.

S’era portata dietro il ricordo viscido di quell’intrusione. Lo schifo.

Aveva bevuto un sacco di coca cola, dopo, e mangiato quattro panini col tonno e uno col salame. E pure un bignè con la cioccolata.

Non bacio mai più, aveva giurato. Mai, mai più. Che schifo.

Ma Sergio.

Era bello. Tutto abbronzato. Con le cosce muscolose. Faceva calcio. Attaccante. Segnava un sacco di goal. Gliel’aveva sentito raccontare a Tony.

E le spalle larghe. E la bocca rosa. Dio che bocca. Se mi baci tu, allora sì, allora sì, allora sì.

                                        S’erano mossi tutti, verso il promontorio, che poi non era un promontorio. Chissà perché lo chiamavano così. Era la foce del canale che finiva nel mare e c’erano detriti, bottiglie vuote che galleggiavano, cicche, pure una bambola senza braccia, una volta. E una ciabatta. Come aveva fatto chi l’aveva persa a tornare a casa con una ciabatta sola? E una specie di molo dove ci si poteva sedere e guardare l’acqua che cantilenava molle e lenta. 

                          Camminavano sulla riva, tra le onde fresche. Camminavano calmi e allegri con l’acqua che bagnava le caviglie e schioccava e spruzzava ad ogni passo. Chiacchieravano tutti. Scherzavano. Si schizzavano. Loro due no. Camminavano e zitti. Muti con un turbine di domande che  stingevano la gola. Che infiacchivano le gambe. Che tagliavano il respiro.

Il sole tramontava, addormentandosi come un leone stanco.

Lanciando ruggiti.

                    Il mare sconfinava negli occhi di Sergio. E le camminava vicino. Zitto e teso come un arco.

Faceva quasi male a guardarlo.

…

…

…

(by poetella)

Andres Segovia – Classical Guitar – Chopin Prelude

.

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