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~ "questo sol m'arde e questo m'innamora"- Michelangelo

Poetella's Blog

Archivi del giorno: 22 luglio 2013

Tanto ce la faccio…

22 lunedì Lug 2013

Posted by poetella in basta!, consapevolezza, diario, dolore che guarisce, forza, foto di poetella, le cose importanti

≈ 17 commenti

Tag

calma, luce, maestro, Pierangelo Bertoli

SAM_0055_1(foto di poetella)

 

 

Tanto ce la faccio.

Reggo gli sputi del destinaccio.

Tanto poi mi lavo.

E non mi sbavo..

Scalcio, sbraito un po’. Poi scatta la calma.

Lo sai, vero? Lo sai. Me l’hai insegnato tu, Maestro.

Non serve, dici. Mettiti buona e aspetta che passi. Se non ci puoi fare niente.

Ok, mi metto buona.

Tanto ce la faccio.

Posso sempre tirare fuori i miei giocattoli dal cesto.

Ricordi minuti. Cianfrusaglie. Musichette di carillon.

Posso sempre mettermi ad attorcigliare capelli attorno al dito.

O dondolare sulla sdraia in balcone. Pure se non ce l’ho.

La sdraia, dico. Il balcone, sì.

Posso guardarmi allo specchio coi tuoi occhi. Sognati.

E aspettare.

Tanto ce la faccio.

Sono cresciuta a forza di sberle.

Non mi fa paura niente.

Basta organizzarsi.

Nessuna sa organizzarsi come me.

Magari qualcuna sì, ma il fatto non pregiudica.

 

Nessuna sa pescare mollichelle di luce nella notte.

piccole come occhi di lucciole.

 

E continuare a leggere i sogni a quel chiarore.

…

…

…

(by poetella)

 

Pierangelo Bertoli – Eppure soffia

 

 

 

 

 

 

 

 

.

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poetella legge Cesare Pavese…

22 lunedì Lug 2013

Posted by poetella in foto di poetella, Pavese, poetella legge i classici

≈ 10 commenti

Tag

bacca, orfeo

sam_00321(foto di poetella)

 

Ascolta poetella


Parlano Orfeo e Bacca…

 

Orfeo. È andata così. Salivamo il sentiero tra il bosco delle ombre. Erano già lontani Cocito, lo Stige, la barca, i lamenti. S’intravvedeva tra le foglie il barlume del cielo. Mi sentivo alle spalle il fruscio del suo passo. Ma io ero ancora laggiù e avevo addosso ancora quel freddo. Pensavo che un giorno avrei dovuto tornarci. Che ciò che è stato sarà ancora. Pensavo alla vita con lei, com’era prima; che un’altra volta sarebbe finita. Ciò che è stato sarà. Pensavo a quel gelo, a quel vuoto che avevo attraversato e che lei si portava nelle ossa, nel midollo, nel sangue.

Valeva la pena di riviere ancora? Ci pensai e intravvidi il barlume del giorno. Allora dissi”Sia finita” e mi voltai. Euridice scomparve come si spegne una candela. Sentii soltanto un cigolio, come di topo che si salva.

Bacca. Strane parole, Orfeo. Quasi non posso crederci. Qui si diceva che eri caro agli dei e alle muse. Molte di noi ti seguono perché ti sanno innamorato e infelice. Eri tanto innamorato che – solo tra gli uomini- hai varcato le porte del nulla. No, non ci credo Orfeo. Non è stata tua colpa se il destino ti ha tradito.

Orfeo. Che c’entra il destino? Il mio destino non tradisce. Ridicolo che dopo quel viaggio, dopo aver visto in faccia il nulla io mi voltassi per errore o per capriccio.

Bacca. Qui si dice che fu per amore.

Orfeo. Non si ama chi è morto.

Bacca. Eppure hai pianto per monti e colline- l’hai cercata e chiamata- sei disceso nell’Ade. Questo cos’era?

Orfeo. Tu dici che sei come un uomo. Sappi dunque che un uomo non sa che farsi della morte. L’Euridice che ho pianto era una stagione della vita. Io cercavo ben altro laggiù che il suo amore. Cercavo un passato che Euridice non sa. L’ho capito tra i morti mentre cantavo il mio canto. Ho visto le ombre irrigidirsi e guardar vuoto, i lamenti cessare. Persefone nascondersi il volto. Lo stesso tenebroso-impassibile Ade protendersi come un mortale e ascoltare. Ho capito che i morti non sono più nulla.

Bacca. Il dolore ti ha stravolto, Orfeo. Chi non rivorrebbe il passato? Euridice era quasi rinata.

Orfeo. Per poi morire un’altra volta, Bacca. Per portarsi nel sangue l’orrore dell’Ade e tremare con me giorno e notte. Tu non sai cos’è il nulla.

Bacca. E così tu che cantando avevi riavuto il passato l’hai respinto e distrutto. No, non ci posso credere.

Orfeo. Capiscimi Bacca. Fu un vero passato soltanto nel canto. L’Ade vide se stesso soltanto ascoltandomi. Già salendo il sentiero quel passato svaniva, si faceva ricordo, sapeva di morte. Quando mi giunse il primo barlume di cielo trasalii come un ragazzo, felice e incredulo, trasalii per me solo, per il mondo dei vivi. La stagione che avevo cercato era là in quel barlume. Non m’importò nulla di lei che mi seguiva. Il mio passato fu il chiarore, fu il canto e il mattino. E mi voltai.

Bacca. Come hai potuto rassegnarti, Orfeo? Chi ti ha visto al ritorno, facevi paura. Euridice era stata per te un’esistenza.

Orfeo. Sciocchezze. Euridice, morendo, divenne altra cosa. Quell’Orfeo che discese nell’Ade non era più sposo né vedovo. Il mio pianto d’allora fu come i pianti che si fanno da ragazzo e si sorride a ricordarli. La stagione è passata. Io cercavo, piangendo, non più lei ma me stesso. Un destino, se vuoi. Mi ascoltavo.

Bacca. Molte di noi ti vengono dietro perché credevano a questo pianto. Tu ci hai dunque ingannate?

Orfeo.  O Bacca, Bacca, non vuoi proprio capire? Il mio destino non tradisce. Ho cercato me stesso. Non si cerca che questo.

Bacca. Qui noi siamo più semplici, Orfeo. Qui noi crediamo all’amore e alla morte, e piangiamo e ridiamo con tutti. Le nostre feste più gioiose sono quelle dove scorre del sangue. Noi, le donne di Tracia, non le temiamo queste cose.

Orfeo. Visto dal lato della vita tutto è bello. Ma credi a chi è stato tra i morti…non vale la pena.

Bacca.  Un tempo non eri così. Non parlavi del nulla. Accostare la morte ci fa simili agli dei. Tu stesso insegnavi che un’ebbrezza travolge la vita e la morte e ci fa più che umani. Tu hai veduto la festa.

Orfeo.  Non è il sangue ciò che conta, ragazza. Né l’ebbrezza né il sangue mi fanno impressione. Ma che cosa sia un uomo è ben difficile dirlo. Neanche tu, Bacca, lo sai.

Bacca. Senza di noi saresti nulla, Orfeo.

Orfeo. Lo dicevo e lo so. Ma poi che importa? Senza voi sono disceso nell’Ade…

Bacca. Sei disceso a cercarci.

Orfeo. Ma non vi ho trovate. Volevo tutt’altro. Che tornando alla luce ho trovato.

Bacca. Un tempo cantavi Euridice sui monti…

Orfeo. Il tempo passa, Bacca. Ci sono i monti, non c’è più Euridice. Queste cose hanno un nome e si chiamano uomo. Invocare gli dei della festa qui non serve…

Bacca. Anche tu li invocavi.

Orfeo. Tutto fa un uomo, nella vita. Tutto crede, nei giorni. Crede perfino che il suo sangue scorra alle volte  in vene altrui. O che quello che è stato si possa disfare. Crede di rompere il destino con l’ebbrezza. Tutto questo lo so, e non è nulla.

Bacca. Non sai che farti della morte, Orfeo, e il tuo pensiero è solo morte. Ci fu un tempo che la festa ci rendeva immortali.

Orfeo. E voi godetela la festa. Tutto è lecito a chi non sa ancora. È necessario che ciascuno scenda una volta nel suo inferno. L’orgia del mio destino è finita nell’Ade, finita cantando secondo i miei modi la vita e la morte.

Bacca. E che vuol dire che un destino non tradisce?

Orfeo.  Vuol dire che è dentro di te. Cosa tua. Più profondo del sangue, di la da ogni ebbrezza. Nessun dio può toccarlo.

Bacca. Può darsi, Orfeo, ma noi non cerchiamo nessuna Euridice. Com’è dunque che scendiamo all’inferno anche noi?

Orfeo. Tutte le volte che s’invoca un dio si conosce la morte. E si scende nell’Ade a strappare qualcosa, a violare un destino. Non si vince la notte e si perde la luce. Ci si dibatte come ossessi.

Bacca. Dici cose cattive. Dunque hai perso la luce anche tu?

Orfeo. Ero quasi perduto e cantavo… comprendendo ho trovato me stesso.

Bacca. Vale la pena di trovarsi in questo modo? C’è una strada più semplice d’ignoranza e di gioia. Il dio è come un signore tra la vita e la morte. Ci si abbandona alla sua ebbrezza. Si dilania o si vien dilaniate. Si rinasce ogni volta e ci si risveglia come te nel giorno.

Orfeo. Non parlare di giorno, di risveglio. Pochi uomini sanno. Nessuna donna come te sa cosa sia.

Bacca. Forse è per questo che ti seguono, le donne della Tracia. Tu sei per loro come il dio. sei disceso dai monti. Canti versi d’amore e di morte.

Orfeo. Sciocca. Con te si può parlare, almeno. Forse un giorno sarai come un uomo.

Bacca. Purché prima le donne di Tracia…

Orfeo. Dì.

Bacca. Purché non sbranino il dio.

 

 

 

Dai dialoghi con Leucò- di Cesare Pavese

L’inconsolabile

 

 

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