Non posso dire di non essermi sorpresa
stamattina
a quello strano scintillio di bacche. Di bocche socchiuse di viola, di blu.
A quella profusione di canti, di grida di verde, di ocra. Di bianco.
Ah, sì. Era la luce che splendeva su tutto.
La luce di prima mattina, su quella magia così strana, così inaspettata
su una rete che circondava il cantiere abbandonato.
Come poteva essere che tanta festa selvaggia potesse starsene lì, per me,
certo, chi altri la guardavano?
Chi altri l’avevano guardata, non questa mattina, per lo meno.
Credo.
Insomma, non posso dire di non essermi sorpresa,
felicemente sorpresa a quello spettacolo così poco cittadino, così poco urbano,
Così boschivo, agreste.
Così scapigliato, disinvolto. Accattivante.
Quasi quasi ne colgo una e me la mangio.
Ma poi, no. Meglio no. Che ne so che sono. Velenose?
Comunque certe bellezze t’appaiono sempre così inaspettate,
ti spiazzano, quasi ti commuovono e
non ho proprio potuto fare a meno di ripensare
alla tua mano, sempre calda mano,
che cercava la mia sul liscio del lenzuolo e la trovava. E la prendeva. E la stringeva.
Dopo.
A vento fermo.
A mare piatto.
Finita la burrasca. Nemmeno più un’onda. A parte il tuo petto che si muoveva lento e regolare, come il mio,
respirando profumo di Givenchy.
…
…
…
(by poetella)
.
sapersi sorprendere è una qualità rara
ciao cara
🙂
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ciao, amico poeta!
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Un bacetto a poetella. Ciò un attimo da fa sti giorni.
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smack…
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Come poteva essere che tanta festa selvaggia potesse starsene lì, per me,
certo, chi altri la guardavano?
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Che bella luce, che bei colori.
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grazie!
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