Penso che non scriverò più.
Per un bel po’
29 mercoledì Ott 2014
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inPenso che non scriverò più.
Per un bel po’
28 martedì Ott 2014
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inMa tutta questa bellezza
le nubi il loro vagare
quel loro nascere a oriente
con dietro il sole che le solletica
tutta questa bellezza inghirlandata
e il verde che è ancora verde
e le sue mutazioni delicate sulle chiome degli alberi
per non parlare poi dei fiori
spruzzatine di colore
ne ho visti di minuscoli oggi
di un rosa acceso, un gruppetto scapigliato
fra i cespugli e le cartacce e un pacchetto vuoto di sigarette
e una bottiglietta di coca tutta schiacciata
e poi le lucette traballanti dal balcone, stasera
verso i colli.
Tutta questa bellezza regalata
buttata davanti agli occhi a braccia piene
che c’entra mai con la mia malinconia?
Dormo poco e male
non mangio quasi più
ho perso quattro chili e una valigetta.
E non si può dire ch’io sia particolarmente distratta.
Ok, basta.
Tutto questo finirà. Molto lentamente.
Anche la tristezza
molto lentamente
anche i fiori e le nubi e le lucette
e la vita
su questo vagolante pianeta
nell’azzurro sconfinato e silente.
…
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(by poetella)
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27 lunedì Ott 2014
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scusatemi se ultimamente sto scrivendo proprio robucola…
ma ho bisogno di sfogarmi
e, in fondo, non è ch abbia fatto mai letteratura.
Ora però
mi rendo conto, leggendo cose vecchie,
che sto facendo proprio pena.
In tutti i sensi.
beh… sorry.
Nessuno è perfetto.
Verranno, spero, tempi migliori, no?
…
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(by la vostra poetella)
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27 lunedì Ott 2014
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in(foto di poetella)
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Davvero sta succedendo che
parlo alle piante, la mattina. Camminando.
Ai piccoli ciuffi di malva alle poche margherite
è autunno, ormai, tanto desiderato
a quei fiorellini viola che non conosco
parlo, sorrido, camminando.
Anche il gatto, oggi
quello che vive nell’androne
mentre sostavo col telefono in mano chiacchierando
con mia sorella prima di salire a casa
nel buio di casa
nel labirinto di casa ostile muto e freddo
anche il gatto pareva parlarmi.
Si strusciava e strusciava contro le mie gambe girandomi attorno
una danza di coccole un corteggiamento muto
e io parlavo al telefono e gli sorridevo.
Quel gatto.
E tu?
Perché non mi parli più?
Di che sapore è l’oblio?
Lo conosci?
Io no. E non so, non so perché
perché non sei più tu. Perché non sei.
Perché non
…
…
…
(by poetella)
27 lunedì Ott 2014
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Proprio mentre mi svegliavo stamattina
– devo rimettere gli orologi di casa
computer e telefonino no
loro sanno stare al passo col tempo –
proprio mentre mi svegliavo nel tepore della copertina
di lana bianca e col primo luccichio del giorno
fuori, proprio allora ho pensato:
ti ho sognato, stanotte.
Ti ho sognato! Non succede quasi mai. E invece…
Eravamo in una casa sconosciuta
ma era la tua, sapevo fosse la tua
una gran finestra sul verde
un comodo divano a fiori azzurri e parlavamo
parlavamo mentre ci si guardava
negli occhi ed io riflettevo fra me e me ricordando
quella prima volta
su quella panchina a Villa Borghese
discorsi e discorsi e il lavoro, e la scuola, e la fotografia e la Bellezza
e l’arte, e l’amore
e l’onore
e tanti sì, come me! tanti Vero! Tanti
E poi? Ed io che a un certo punto – Ho voglia di baciarti! – ho detto
E tu che mi circondi col braccio le spalle, ti pieghi un po’ verso di me
lentamente, molto lentamente
un movimento d’astri, un’avvolgente orbita di cometa
e mi baci. A lungo.
Poi allontani un po’ il viso e, sempre guardandomi
– Ecco – dici. E sorridi.
È freddo oggi. Pare che domani arrivi anche la pioggia.
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(by poetella)
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25 sabato Ott 2014
Sì, adesso vi racconto una cosa buffa.
Insomma, me ne stavo in treno, al ritorno dal mio pellegrinaggio restauratore. Tutta restaurata.
Tutta serena. Situazione estremamente gradevole.
Frecciarossa quasi vuoto.
Seduta tranquilla, con gli altri tre seggiolini liberi (l’adoro!) un bel librino da leggere che in treno non manca mai e, cuffiette posizionate, l’Adagio di Alessandro Marcello sparato nelle orecchie. Perfettamente intonato con libro e paesaggio.
Viaggio liscio liscio.
Treno puntuale.
Quasi arrivata. E arriva un messaggino al cell.
“posso tel?”
Il solito amico discreto che prima mi chiede il permesso.
Guardo l’ora. Ero in arrivo.
Lo chiamo io.
“guarda che sono in vista della stazione! Sto per arrivare!”
Chiacchieriamo un po’. Intanto prendo la giacchetta che avevo tolto, metto il librino, con una mano sola in borsa, mi alzo e mi avvio.
Chiacchierando allegramente.
“ma si, sto bene! Tutto passato!” chiacchiero, chiacchiero, mentre avvisto la stazione. Il treno si ferma. Scendo. Col tel in mano, borsa a tracolla, giacchetta sul braccio. Freddino, ma…
Poi saluto. Sì, ciao. Tranquillo. Ma si, tranquillo. Tutto ok. E continuo a dirigermi verso la metro.
A un certo punto mi fermo folgorata. La valigia! Cazzo!
L’avevo lasciata sul treno!
Tutta serena, tutta persa in chiacchiere. Pluf!
Cerco qualche sottospecie di ufficio informazioni. Non ero in stazione centrale. Trovo. Mi dicono che no, devo andare a Termini, all’assistenza clienti…
Prendo la metro e vado.
Trovo l’assistenza clienti. Dice, deve prendere il numero!
Cazzo. 36 numeri in attesa. Ok. aspettiamo. Senza fumare.
Quando arriva finalmente il mio turno spiego e la signorina prende nota, poi si mette a cercare il treno. È già in deposito, dice. Per la pulizia, sa? Adesso vediamo se trovano la valigina.
Si attiva. Così, così e così. Piccola. Blu. Cose preziose? No, dico io.L’avrebbero richiamata dopo dieci minuti. Aspetti qui, dice. Aspetto.
Eccheppalle!
Poi la chiamano. Dice, ma no! Ma come no! Non c’è nessuna valigia sul treno!
Cercata, dice, sotto al sedile, tutto lo scompartimento, bagni. Niente.
Morale, se la sono fregata. Qualcuno che scendeva alla fermata successiva. Vista. Presa. Braaaaaaaavi!
Dentro: un paio di pantalonacci da casa, una camicina da notte , un paio di pantofoline, spazzolino e dentifricio da viaggio. Due paia di slip (carini, mannaggia)Un flacone di Crio gel anticellulite Collistar (che funziona beniiiiissimo!) appena comprato.
E basta.
Ora, dico io… che faccia avrà fatto nell’aprirla chi l’ha presa?
Ma io ho imparato. Dato che non me n’è fregato niente. Dato che ho pensato E allora? Chissene!
Non conta perdere qualcosa. Basta che le cose importanti restino con noi.
(tipo il librino del “gioco di Mimosello, che non avevo messo in valigia…)
Trallallà!
Ecco.
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(by poetella)
24 venerdì Ott 2014
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inmi leggevate di più….
allora che faccio?
rifaccio la triste?
nooooooooooooooooooooooooooooooo!
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24 venerdì Ott 2014
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in.
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E non ti aspetterò mentre i continenti proseguiranno
la loro inarrestabile
deriva
e le foglie e le gemme e i fiori lentamente
molto lentamente cresceranno
e moriranno e cadranno, molli.
Non ti aspetterò più mentre il sole sparirà
dall’altra parte del palazzo
e io lo saprò, perché il cielo si tingerà dolcemente di rosa
e non ci sarà un volo a fluttuare nell’aria.
Né piccioni né cornacchie né
tantomeno gabbiani. Niente e silenzio.
No, non ti aspetterò mentre impercettibilmente
i miei capelli e le unghie cresceranno
ed io saprò che tanto poi taglierò
o ignorerò.
Sai, no, no, non ti aspetterò più
perché so che io non sono le tue unghie
né i tuoi capelli. Né la tua anima.
L’ho creduto, ma no. No.
Ognuno ha la sua.
Fortunatamente. Unica. Indivisibile. Insostituibile. Sua.
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(by poetella)
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24 venerdì Ott 2014
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in23 giovedì Ott 2014
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in.
Sarà stato tutto quel vento
insieme pulire il giardino
le foglie secche i piccoli aghi
della siepe di cipressi come letto croccante
profumato di fresco
sarà stato tutto quel vento
e le tue parole come maniglie
stabilizziamo il cuore
zavorriamo i pensieri
che se ne volavano troppo in alto
troppo oltre
dove tutto è scuro e silenzioso
e immobile.
Sarà stato il vento a pulire
la tua voce a lenire
i tuoi occhi scuri a guarire
tant’è che sto bene. Sono di nuovo io.
Viva, serena, sorella. Amica mia.
Di nuovo intera. Senza fronzoli inutili.
Allelujando grazie. Per te.
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(by poetella)
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23 giovedì Ott 2014
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in22 mercoledì Ott 2014
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in21 martedì Ott 2014
21 martedì Ott 2014
20 lunedì Ott 2014
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in.
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domani me ne vado.
ciao!
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20 lunedì Ott 2014
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in.
Che poi non è questo. Non è questo amore mio.
Non è la perdita, la fine. Quella era già scritta. Da sempre. Tutto finisce. Niente è per sempre. Anzi, troppo era già… no, troppo no. Troppo, mai.
Non è la perdita. È l’intollerabile crepa nell’immagine. La mia immagine. Che prima splendeva di luce propria.
Dico, e ora? Sono ancora lucente? Ancora l’isola felice? Ancora la nuvola, il gabbiano libero, ai tuoi occhi?
Non lo so più.
Né me lo dici. Taci.
Certo, si tratta di perseverare, di tenere duro, di non farsi tentare dalla fuga nelle parole, ci so fare con le parole io, lo sai. Sarebbe facile. No, niente domande, niente richieste. Niente suppliche.
Le suppliche.
Bella conquista, cara mia, tu che prima, anni fa, prima di lui, andavi elemosinando, assediavi, bombardavi di dimmi, dammi, ascoltami, chiamami, cercami. Tu che prima di lui eri una piagnucolosa che cercava di intenerire, di commuovere, di convincere. Ma che vuoi convincere?
O è o non è.
Guarda come sei riuscita ad incapsularti in un rigore quasi altero, in un silenzio che sbandiera autonomia, o per lo meno accettazione. Niente piedi pestati, niente strepiti. Niente capricci. Con lui.
Bella forza.
No, dico, bella dimostrazione di forza. Brava!
E se l’immagine s’è inquinata ai tuoi occhi, ai miei occhi la mia immagine splende.
Anche questo, amore mio, grazie a te. Anche se fuori c’è la nebbia.
Ecco.
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(by poetella)
Monteverdi – Toccata – Orfeo
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19 domenica Ott 2014
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in.
Me ne stavo al confino in balcone.
buttato giù di corsa il pranzo (pranzo?)
e fuori. Scappata.
Via da quel rumore di denti
catene di fantasma a triturare fette di pane
tostato (due volte) quel rumore di lingua
che impasta viscida e rivolta succhi
e sapori. Carne e funghi.
Vedevo funghi che popolavano la casa
la sommergevano la invadevano
la invischiavano
la soffocavano umidi e lucidi e parassiti.
Me ne stavo al confino in balcone
con una sigaretta
sola, guardiana del faro spento.
L’aria era mite. Sembrava parlasse.
Ma non c’era paesaggio sconosciuto da esplorare.
Passava lieve lieve una suorina nel parco
di sotto.
Facile pregasse il suo Signore
che supponeva l’ascoltasse. Suppongo.
Io, il mio, che lo prego a fare?
Non mi ascolta più.
Sebbene, adesso, gli chiederei questo: ti legge
versi, lei, dopo aver fatto l’amore?
E tu, tu ne componi, mentre?
E dimmi, ancora, che suono resta nella tua
casa, quando lei va via?
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…
(by poetella)
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19 domenica Ott 2014
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inAllora saprai, forse
quanto può essere grande quanto
può andare oltre, oltre la spirale tortuosa
del desiderio oltre l’abisso nero
della paura – chi mai? Chi mai più?-
Saprai quanto per te, non per me
per te.
Allora saprai, forse
quanto c’era, c’è ancora
ci sarà sempre questo mio chiamarti
muto. Per non farsi sentire
non interrompere non guastare la tua
immensa voglia di te, di libero,
di solo.
Allora saprai, forse. O forse no.
Io lo so, comunque. Mi basta. Credo.
…
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(by poetella)
Alessandro Marcello – Adagio in D minor
18 sabato Ott 2014
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in(foto di poetella)
E niente registrazione. Tanto non l’ascolta nessuno
Ok, ammettilo. Non ce la fai.
Ti giri e rigiri tra queste pagine di pensieri
cerchi fotografie didascalie note a margine
note a piè di pagina.
Non ce la fai.
Riprendi tutto dall’inizio
che poi ti pare pure una bella storia
mica no
ma mancano pezzi
e certi paragrafi sono tutti scarabocchiati
che non riesci a leggere più.
La fine, poi. Mai andata
a curiosare nell’ultima pagina
io, in cerca dell’epilogo. Mai.
Ma qualcuno, adesso, per pietà, per misericordia
me lo dica, mi dica se finisce bene
‘sta storia. O male. Al solito.
Così passerò ad un’altra. Spero.
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(by poetella)
17 venerdì Ott 2014
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… come entrare in un negozio e provare quattro, no, cinque, sei paia di scarpe. (erano sette, sette paia di scarpe ho consumato, ecc ecc…)come entrare in un negozio di scarpe e comprarne due paia. E anche un paio di pantofoline blu.
Entrare e comprare e uscire con la bustona crocchiante
camminando leggermente obliqua
Per bilanciare.
Poi raddrizzarsi.
Raddrizzare anche l’andatura e qualche altra impostazione
quella propensione, per esempio, al celare la malinconia
Quell’ostentare ottimismo a oltranza.
Smascherarsi.
Cancellare le vaghe memorie che già stanno perdendo confini
come un foglio disegnato a china immerso nell’acqua,
osservarlo mentre si sfibra, si sfilaccia.
Muore.
“come te nessuna mai!” vedi come sta perdendo struttura? Lo vedi?
Il mio cassetto è pieno di fogli.
I colori non mi mancano.
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(by poetella)
16 giovedì Ott 2014
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amore, claude debussy, crescere, fotografia, luce, serenità, speranza
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Sono le pause tra un dolore e l’altro, sono quelle, la loro durata, la frequenza del loro intrufolarsi tra un respiro accelerato e quella fitta continua all’altezza del diaframma che, sarà cosa? Stomaco? Fegato? Cuore?
Cuore. Dove? Quanto? Fino a quando?
Sono le pause quiete tra un dolore e l’altro, al termine di un’intollerabile successione d’accartocciamenti dell’anima, foglio d’alluminio lucente un attimo prima di lanciarlo rabbiosamente nel contenitore, diligentemente, per la raccolta del metallo.
Sono quelle, sono le pause adesso piuttosto frequenti tra un dolore e l’altro
Pettine che sbroglia i capelli
Caramella che interrompe il digiuno
Finestra spalancata e fuori tutta l’aria viziata ammalata di marcio, di stantio, di fermo.
Di vecchio.
Sono le pause tra un dolore e l’altro e il loro ripetersi sempre più ravvicinato, benedette!
che cominciano a farmi sospettare di poter sperare che forse.
O forse no. Non so. Ma intanto.
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(by poetella)
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15 mercoledì Ott 2014
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in.
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Tre libri nuovi sul tavolo
la plastica appena tolta, molle, di lato.
Una sigaretta spenta nel posacenere
cinque figurette di porcellana
un minuetto
Meissen, Hochst, Fulda, Sitzendorf, Dresda.
Un vassoio d’argento.
Dentro, quattro ampolle di terraglia Giustiniani
che aspettano la loro base
(loro. anche loro aspettano)
a restauro.
E tu? Chi salverà l’amore?
Fare passare un altro giorno.
Leggo. Fumo.
La casella di posta ferma. Una stregoneria.
Il cellulare muto.
Merda.
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(by poetella)
15 mercoledì Ott 2014
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in15 mercoledì Ott 2014
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in.
È l’incertezza.
Questo vagare come di grossa nube nera, gonfia, sempre più tetra e non sapere quando e se e se non.
E non aver imparato a leggere nei fondi del caffè o nelle parole rovesciate in fondo al petto
schiacciate bene come si schiaccia una sigaretta da spegnere che si spegne solo quando vuole lei, che tu la poggi sul posacenere pensando poi me la fumo e lei, pluf! si spegne.
È l’incertezza.
Sul farsi o non farsi mentre nel frattempo ti accingi a sbrogliare cose di poco conto per cercare di riempire il vuoto tra una notte e la notte seguente
E si portano diligentemente avanti faccenduole come un compitino assegnato da un maestro vecchio, noioso, intransigente e spocchioso che ti vive alle spalle.
È l’incertezza.
Che ti secca la gola tra l’indifferenza del mondo che non sa, o magari se ne frega
anche se finge di non.
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(by poetella)
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15 mercoledì Ott 2014
Posted Senza categoria
inE quando ti svegli e ancora è buio anche perché probabilmente nuvole e la luna ormai uno spicchietto e addosso sonno, ancora sonno e resti immobile a sentire il niente poi ti volti senti come pesa il tuo corpo quasi fosse molto lontano e senza appigli la mano al comodino
il telefono l’altra mano a aprire la foderina. Le tre e cinque. Richiudi. Riposizioni sul comodino.
Aggiusti il cuscino come fosse una vela ma resti lì. Non ti muovi. E s’espande il pensiero sempre quello sempre quello invade tutto il letto la stanza forse esce anche in balcone nella notte schivando i pipistrelli che se ne nutrirebbero volentieri e glielo faresti mangiare anche tu che è un pensiero di cui con ritrovata gioia ti priveresti ma quello niente. Si gonfia e cresce come un genio della lampada perfido però.
Maligno.
Ti giri su un fianco per schiacciarlo ma quello niente. Ti punge come fosse chiodi.
Ti giri sul dorso per stenderti meglio in cerca di una calma piatta da morto a galla che plachi i flutti irti di squali ché quel pensiero è uno squalo due squali tre squali si moltiplica e morde e lo sai che finirà per ucciderti e la notte non passa e il chiaro non arriva e riprendi il telefonino e sono ancora le tre e mezza e tra due ore dovrai alzarti e speri di dormire un po’ ma niente.
La bocca spalancata di quel pensiero ti mostra i denti e sui suoi denti il tuo sangue.
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(by poetella)
14 martedì Ott 2014
Posted Senza categoria
in.
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c’è un tempo per sorridere
e un tempo per piangere.
Non ci piove.
Speriamo solo passi presto
questo.
Che io comincio ad andare fuori di testa.
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13 lunedì Ott 2014
Posted poesia
in.
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Senza paragone
come le questioni che affronti a naso all’aria e una ciocca ribelle sulla fronte
e ti lasci dietro come grani di melograno quella che eri (ti macchiano ancora le mani. Ammettilo) cercando quella che sarai tra le ore tutte in fila spezzettate in interminabili, incommensurabili minuti ripartiti in secondi eterni.
Senza paragone
come costatare che quella te che amavi di più, quella te che eri più tu forse sta già morendo e cominciare ad apprestarle il funerale sperando sempre ancora, fino all’ultimo momento, in una medicina, un siero, un potente antidoto tuttora completamente da inventare, testare, collaudare
che guarisca. Che salvi.
Senza paragone
Come vedere, appena uscita in balcone, un gabbiano (un gabbiano da queste parti?)e ingannarsi, costruirsi una motivazione cercandola in suggestive combinazioni di sacro e profano, di qui e ora, di sempre, di mai, pensando che magari sia messaggero di un’anima libera e lontana che venga a dirti che è ancora e ancora e ancora presumibilmente con te.
Anche se non vedi. Non senti. Non sai.
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(by poetella)
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12 domenica Ott 2014
Posted poesia
in.
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sono maledettamente triste.
Ecco.
L’ho scritto.
ma … non è passato.
Chi mi da una mano?
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12 domenica Ott 2014
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in.
Il taxi mi riportava a casa (casa?)
e c’era parecchio traffico sulla Togliatti
io ancora col tuo – grazie, amore mio – nelle orecchie.
Quando mai me lo dicevi
prima
papà?
E tornavo a casa (casa?) meno male il traffico
senza voglia di tornare
in cielo un aereo che andava chissà dove
Beato te! pensavo e neanche un’idea positiva
per ridurre la nausea dell’anima
ché, ma che vuoi ricucire, che vuoi sistemare?
Neanche una piccola luce
magari non più di una lucciola
di speranza.
No, una sì.
A giorni verrò da te, sorella mia.
Per poco, ma verrò.
Sarai la mia corsia di sorpasso della malinconia.
Scorderò i devi e non devi i fammi i dammi
gli spazi stretti e il cuore stritolato
e le porcellane della malora e i tappeti
antichi come la pazienza che non ho più
col loro succhiare polvere e sputarla sul destino
bastardi
scorderò anche la libreria che non c’è. Guarda.
Faremo colazione nel tuo giardino.
Forse verranno anche le tortore.
Questo, tuttavia, non sarà necessario.
Dico io.
E se guardo ora fuori
la luna sta già calando. Aspetterò.
…
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(by poetella)
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11 sabato Ott 2014
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in
qui poetella legge (e stavolta dovete proprio sentirla.
Cor venticello che scartoccia l’arberi
entra una foja in cammera da letto.
È l’inverno che ariva e, come ar solito,
quanno passa de qua, lascia un bijetto.
Jole, infatti, me dice: “Stammatina
me vojo mette quarche cosa addosso;
nun hai sentito ch’aria frizzantina?”
E cava fôri lo scialletto rosso,
che sta riposto fra la naftalina.
“M’hai conosciuto proprio co’ ’sto scialle:
te ricordi?” me chiede: e, mentre parla,
se l’intorcina stretto su le spalle.
“S’è conservato sempre d’un colore:
nun c’è nemmeno l’ombra d’una tarla!
Bisognerebbe ritrovà un sistema,
pe’ conservà così pure l’amore…”
E Jole ride, fa l’indiferente:
ma se sente la voce che je trema.
Trilussa – ‘lo scialletto’
ringraziando momix per avermela fatta venire in mente…
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