Ascoltare, dover per forza ascoltare, non potendo evitarlo, due sciocchini che parlano da ore di calcio, come fosse il bene ultimo dell’umanità. O il loro, per lo meno.
Desiderando e non potendo spegnere tutto ed ascoltare musica. Da soli.
Spolverare il pianoforte, dopo aver delicatamente, con attenzione da chirurgo tolto i due bustini di Samson, il piatto copia di Sevres, sempre Samson, metà ‘800, con una magistrale scena di battaglia, le due tazze Francia, 1830, con relativo piattino, i candelieri d’argento, ancora Vienna, e ancora Vienna la scatolina, che delizia!, miniata dalle fate, il turco e la turca, Jacob Petit, la testina in biscuit di Sevres di un tal Leon Gambetta, pezzo grosso per essere stato ritratto dai modellatori eccelsi della reale manifattura, la compostiera di Meissen a fiori sparsi, senza rompere niente.
Spazzolare con una spazzolina morbida imbevuta di acqua e ammoniaca, in posizione Cenerentola che lava i pavimenti, i tappeti, il Malayer, il Saruk, lo Shiraz, il piccolo Pechino dorato, il Bukara jomud, il Lilian rosa, i Kirman Laver, quello blu, quello chiaro, e gli altri no, basta, un’altra volta, pensando Che ti laurei a fare se poi…no?
Ascoltare per la decima? Undicesima? Tredicesima volta, in pochi mesi di visitine pomeridiane bisettimanali, sempre la stessa storia. Papà che racconta di come ha conosciuto mamma, e di quella prima di mamma e di quelle dell’adolescenza, e Maria e Anna, e Concettina e del giardino e della casa, tutte le volte, tutte le volte, ché della prigionia e di Zonderwater non parla più, adesso è il tempo delle fidanzate, tutte le volte e tu a rispondergli e intercalare sì, sì, certo, gridando forte ché lui non ci sente più, non ci vede quasi più, il mondo attorno gli si è scolorito, ma i ricordi lontani no.
E pensare Io non ci voglio arrivare. Voglio morire prima.
Resistere alla tentazione di scrivere una mail, o mandare un sms, o che ne so, con la profonda consapevolezza che la famosa colomba, senza l’attrito dell’aria, non volerebbe certo meglio.
Anzi, non volerebbe affatto.
Resistere alla tentazione di mangiare tutte e quattro le pastarelle in frigo, tra cui un babà proprio ben fatto, da portare a papà.
Resistere alla tentazione di vestirsi e andarsene chissà dove, chissà per quanto (sempre?) chissà da chi. Con chi. Per chi.
Resistere alla tentazione di spaccare tutto, porcellane, quadri, mensole, gueridon, vetrinette piene zeppe, traboccanti, gorgoglianti di maledetti oggetti, stramaledetti oggetti affastellati, assiepati, classificati, catalogati. Amen!
Resistere. Senza lagnarsi.
Stoicamente. Orgogliosamente resistere. Faticosamente resistere. E…
…
…
…
(by poetella)
Suite bergamasque, for piano, L. 75- No. 1, Prelude. Claude Debussy
(ok, ok…è un ripost…ma è sempre valido!)
.
……..qualcoserella, ogni tanto, rompila pure. Starai molto meglio, fidati!
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Io sicuramente. Ma qui qualcun’altro, solo perché gli si è rotto un piatto del ‘700 (che menomale non s’è rotto a me che se no rischiavo la vita. Che magari era pure mejo) momenti sviene… oltre a bestemmiare come um turco (ma i turchi bestemmiano?) e buttarsi per terra a corpo morto!
Non so se ho reso l’idea.
NON CE LA POSSO FA’!!!!!
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Hai tutta la mia solidarietà! Resisti!!!! 🙂
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Eh…si…la rabbia deve uscire. Un bell’urlo oppure come dice iradia….rompere qualcosa anche dei piatti spaiati…
Fuori casa naturalmente…altrimenti ti tocca pure pulire 😦
La routine che aliena…
Abbraccio grande
❤️
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Ah marta…
Che tempi oscuri…
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Quando è così bisognerebbe uscire altro che spazzolare!
Cammina, organizzati la domenica….
Penso eh…
Hai visto il gabbiano oggi?
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Certo che l’ho visto… Appena uscita stamattina e poco prima di tornare… e anche mentre ero a zonzo in altra zona…
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..che cosa incredibile…
💬💬💬
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È la mia unica consolazione…
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Legare il proprio affetto a degli oggetti, che cosa alienante! A questo punto io darei un ultimatum: intanto si pulisce insieme o gli oggetti (essendo pure casa mia) cominceranno ad essere posizionati in casa altrui a puro scopo di beneficenza, poi patti chiari, al prossimo oggetto che entra in casa, ne esco io, DEFINITIVAMENTE!
Io non mi faccio condizionare dalle manie degli altri, forse per questo sono sola, in compagnìa di un micioso splendido e nero e, amando l’arte, me la godo quando voglio pagando un biglietto d’ingresso… per fortuna ho la possibilità di rifiutare queste schiavitù…
Hai tutto il mio affetto e la considerazione, dolce Poetella…
Un caro abbraccio.
Brigida.
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Un abbraccio a te, Bri…
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Faticoso guardare il mare color piombo da soli. Ti capisco poetella…
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tocca resiste’…
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Elloso. Ma è dura.
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mai passato un periodo così doloroso da quanno so’ nata…
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Idem.
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😦
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Poetella, solo io vedo tenerezza in quello che hai scritto? E ad ogni modo, oltremodo é una delle mie parole preferite…
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(ho rifatto un po’ il verso a Sei Shōnagon, e alle sue Note del guanciale… libro “oltremodo” piacevole!)
Tenerezza? nel senso che io provo tenerezza per quelle cose o che ti faccio tenerezza? Spero buona la seconsa. 😉
Ciao, caro!
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anche mio padre amava i babà
🙂
una pastarella a volte è una golosità che bisogna usare per volersi bene 🙂
dai poetella forza !!!
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Ce la sto mettendo tutta…
Bacetti grati…
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c’è davvero troppe cose su quel pianoforte
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troppe. Non c’è posto per le mie mani…
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permettimi una battuta un po’ piccante:
in quel luogo di veramente bello da possedere con passione c’è solo una bella fanciulla primi anni ’50!
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Ohhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh!
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