Stamattina, in questo sole di ottobre romano, mentrecamminavo, nelle orecchie la musica di Gould e dei tuoi baci
pensavo
ok, tornerà la pioggia, tornerà il silenzio, forse mi dannerò per non riuscire a costruire nuovi ricordi, quelli vecchi sempre più evanescenti, ma intanto respiravo fondo e mi bevevo il sole. Godiamoci la meraviglia della felicità, mi dicevo, un passo, una pioggia di note, i raggi del sole e tu
ma io non ho sentito rumore di pioggia, come tu sicuramente non avrai sentito il mio
– Buongiorno amore mio!
che tutte le mattina, tutte le mattine, come tutte le sere
– Buona notte, amore mio!
ti sospiro nella mente con la segreta speranza che le onde magnetiche, che ne so, l’elettricità nell’aria, un filino di vento, un nube, un uccellino notturno, qualche atomo vagante d’amore ti venga discreto a portare la mia voce, a te che chissà dove sei. E con chi. E perché.
Stamattina la strada era tutta bagnata e a me piaceva veder passare grosse nubi gonfie nel riflesso delle pozzanghere come mi piaceva, tanto mi piaceva
veder passare, sentir passare le tue mani lente sulle mie braccia, fino alle mani che ti aspettavano, cercavano, serravano, come la terra secca dei campi in questi giorni cerca l’acqua e la trattiene anche se troppo poca ne è caduta stanotte e adesso ha già smesso lasciando tutto che continua ad aspettare
senza paragone, amore mio, come tenermi in gola il segreto del tuo e il mio nome allacciati e non andarli ad urlare sulla cima più alta del monte più alto della catena più alta di monti incatenati come il mio destino al tuo, ormai per sempre. Che nessuno sappia. Nessuno dica. Nessuno diffonda.
Senza paragone, amore mio, come lo stupore a vedere quella coccinella stamattina, mentre pensavo a noi, lontani, per quanto, ancora? che si posava sulla mia mano – porta bene, no?- mentre camminavo e speravo e sognavo. Di noi.
Il pavimento “più bello, grande e magnifico che sia mai stato fatto”, così Giorgio Vasari ha definito quest’opera iniziata nel Trecento e andata avanti fino all’Ottocento, su disegno di tanti artisti come Domenico di Bartolo, Matteo di Giovanni, Domenico Beccafumi e Pinturicchio. Si tratta di 56 tarsie il cui messaggio richiama costantemente la Sapienza.
Come vorrei rivederlo. Ma sicuramente non riuscirò.