ho ritrovato questa bellissima foto di mamma… trentenne, credo…
poco più, poco meno.
Quando ero piccola mi dicevano Somigli tutta a mamma e tua sorella a papà.
E io mi arrabbiavo. Perché io volevo somigliare a papà. Che poi gli somigliavo parecchio, in realtà, però… la pelle chiara, le lentiggini, mamma era rossa! E tutti a dire che somigliavo a lei.
Mia sorella, invece, scuretta, come papà.
Ma io avevo i capelli neri come papà!
E i suoi occhi!
E il suo naso!
Uffa!
Comunque mamma era davvero bella!
Papà glielo diceva anche quando aveva quasi 90 anni!
Stanotte è arrivato un temporale e ha fatto saltare l’elettricità. Quando ho guardato fuori dalla finestra, gli alberi erano traslucidi. Curvi e ricoperti di brina. Una calma enorme s’estendeva sull’intera campagna. Pur sapendo che non era vero, in quel momento avevo la sensazione di non aver mai fatto, in vita mia, una falsa promessa né d’aver mai commesso neanche un atto impuro. I miei pensieri erano pieni di virtù. Più tardi, nella mattinata, naturalmente, hanno riattaccato l’elettricità. Il sole è uscito da dietro le nuvole e ha sciolto la brinata. E tutto è tornato come prima.
No, perché ho comprato questa ciotolina, è piccola, sarà meno di 10 cm, che credo servisse per assaggiare il vino, ma non sono sicura. E c’è uno stemma che, cerca cerca, mi sa appartenere alla famiglia Leonori.
La ciotolina è Alto Lazio, e in effetti nel sei/settecento la famiglia viveva principalmente a Volterra. Che non è Alto Lazio ma lo stile nelle zone confinanti era quello…
Insomma, faceva parte di un corredo da farmacia con albarelli e brocche che però non ho comprato, ché ormai qua dentro non c’entra quasi più niente.
La ciotola però è piccina ed è finita, al solito, in bagno. Ci metterò gli orecchini quando li tolgo la sera. Ok?
E ancora il vento. Come una minaccia, un vortice d’instabilità. Si sta appesi ad un pensiero mani serrate. Aspettando l’onda dopo fioriture, un placarsi di cieli, promesse consolidamenti.
Ancora il vento. Sparpaglia disperde minacciando – siamo ancora così fragili! – Aggiunge petali a petali strappati Porta via, porta nuovo, ruba. E poi distrugge. Ricostruisce più in là.
Solo chi è forte dura. Non si lascia spezzare. Non piegare. Non piagare.
Resiste. Saldo d’amore. Come una stella fissa. Che ancora si vede.
Insomma, oggi sono stata in un mercatino rionale dove una tale Esterina la contadina vende i suoi prodotti colti nel suo orto la mattina.
A Roma è cosa piuttosto rara mangiare qualcosa di appena colto (a parte i miei pomodorini, quando matureranno…).
Esterina ha cose buonissime, freschissime, preziose.
Dunque ho comprato, oltre a varie leccornie, delle zucchine romanesche spettacolari. Chi è di Roma sa come le romanesche siano squisite, soprattutto se freschissime, ché poi diventano amare e “mosce”…
Ma quelle di Esterina… wow!
E poi c’erano dei fiori attaccati, ovviamente, che erano da esposizione!
Potevo buttarli?
Non sia mai!
Dunque l’ho riempiti e cotti in padella.
Ricettina:
fiori di zucchina romanesca.
Mollica di pane – pane grattuggiato
Una zucchina piccola da tritare con un mixer. (ho usato quelle di ieri…)
Prosciutto cotto
Formaggio spalmabile
Basilico
Una spolverata di origano (che a me piace e lo metto ovunque)
Parmigiano.
Un uovo
Svuotare dal pistillo i fiori, con delicatezza.
Preparare un ripieno con zucchine tritate finemente, formaggio spalmabile, prosciutto cotto, basilico, parmigiano, mollica di pane sbriciolata e un uovo. (io ho messo anche l’origano) L’impasto deve essere piuttosto consistente. Riempire delicatamente le zucchine e adagiarle in una padella.
Poi quattro cucchiai d’acqua e quattro di olio extravergine, mettere a cuocere a fiamma viva per cinque minuti. Dunque rivoltare, spolverare di pane grattugiato e continuare a cuocere altri cinque minuti. Girare ancora per far rosolare anche il pangrattato sull’altro lato.
Questa la scrissi il giorno dopo… sette anni fa. Papà.
Chi lo sa se chi lo sa dove nessuno può escluderlo, dicono i saggi nessuno ci potrebbe giurare perché no, dice qualcun altro e io?
Chi lo sa se, dico chi lo sa dove spadroneggi adesso o ancora sorridi era un lieve sorriso quello che ho visto ieri chi lo sa se comandi se metti ancora paura a me no, da un po’ no.
Da quando avevi cominciato a dirmi grazie quando andavo via, no. Nessuna paura di te. Anni e anni fa, sì. Tanta. Ma mica te lo facevo vedere. Ricordi? Quella non piange mai, dicevi. No. Non piangevo mai. Neanche ieri ho pianto. Eri così bello. Con la tua barba bianca Da poco, la barba. Ti stava così bene! Un filosofo. Un filosofo addormentato, ieri . Dormi, riposa adesso. Te lo sei meritato. Novantasei anni sono tanti, no? Lo dicevi anche tu.
Guarda, neanche la scrivo la parola. ché non c’entra affatto questo. È che ci si dispone sempre, sempre di più a guardare le nuvole che passano. A stupirsene. Ci si dispone a spiare le nuove nascite sulla rosa e persino sui pomodori!
E ci si lascia spalancare il cuore ascoltando ballate rinascimentali e poi, ancora, quel gatto nero, quel gattino che mi sa che stava male, che erano un po’ di giorni che non mi miagolava più a vedermi passare sotto l’androne e ieri, miao! Un miao festoso. Di saluto. Di coccola. Di condivisione. Condivisione. Splendida parola.
È che ci si dispone sempre, sempre più a farsi allagare gli occhi da questo cielo finalmente azzurro, che è maggio, diavolo! È maggio.
E dunque, che non ti venga in mente sia una mancanza di…
Che davvero non c’entra affatto questo. Come potrebbe mai essere, no? Che io lo sento, sai? lo sento questo ruscello che mi scorre dentro e saltella e si ferma e scende e allaga i pensieri di pace, di grazia, di dolce serena attesa di fronte a questa straripante meraviglia del mondo.
Hai visto, quest’anno, gli alberi? Anche i platani di via Nomentana mi pare stiano meglio. È tutto uno sventolare di fronde. E quante tonalità al vivaio sulla Tiburtina, e verdi e rosa e viola e gialli e fucsia e rossi!
Quanto, quanto gocciolare di profumi.
Ci si dispone a farci bastare [forse siamo già riusciti, no?] la molteplice varietà di Bellezza che ci circonda. E ce n’è! Se ce n’è! Avevi ragione, sai? La Bellezza è ovunque.
Non dico sia un allenamento. Una tattica. Un padroneggiato metodo di studio. È qualcosa di più fluido. Senza spigoli. Senza sforzi. Viene da sé, come imparare a camminare o a respirare.
Certo, il primo respiro sarà stato faticoso, ci sarà voluto uno schiaffetto d’avvio, ma poi…[schiaffetto?]
Quindi, che non ti venga in mente sia una mancanza di
Ma sì, diciamolo, d’amore. Diciamolo e ridiciamolo. D’amore.
Che io d’amore sono piena. Strapiena. Anche senza di te.