Tag

, ,

 [sempre alla maniera di Sei Shōnagon]

Un uomo con una gran pancia che ti guarda

come se non l’avesse.

La tenda da sole dei vicini che ti riduce il panorama.

La cassetta della posta piena di pubblicità. E bollette. E basta.

La cassetta della posta vuota.

L’odore di aglio, di sudore, di pesce marcio sulla metro. E non potersi spostare. E i finestrini chiusi.

Il  profumo preferito finito proprio il giorno che ti serviva.

Il tuo parrucchiere chiuso per ferie da troppo tempo.

Il vecchietto davanti all’ascensore, con due stampelle, che se non arrivavi tu chissà quanto aspettava per aprirne la porta. Ed entrare. E poi uscirne.

Quella del piano di sotto che soffrigge aglio alle sette di mattina. E canta canzonacce. Male. Dover aspettare che si cambi tutta l’aria prima di chiudere e accendere i condizionatori. Ascoltandola.

Dover aspettare che finisca l’estate. Senza averne goduto.

Temere che finisca la giovinezza, avendone goduto.

Temere che finisca l’amore. Avendone goduto. Molto. [Ma solo ogni tanto, temerlo. O sperarlo]

La casella di posta elettronica con 89 messaggi non letti e neanche uno tuo. Da un giorno.

O due. O tre. O quattro. O cinque. O sei… O mille…

Rassegnarsi.

Aspettare che finisca la giornata e ne cominci una migliore. Irrequieti. Irrequieti, sempre.

 Irrimediabilmente, sconsideratamente. O consideratamente. Sempre,

(by poetella)