La signora giocava a chiedere voce alle ombre. Che non ne avevano.
La signora si rivolgeva allora ai fiori, ma dove? Ma quali? E le nuvole, le nuvole, poi. Così irrequiete. Sfuggenti.
A chi, come mettersi in contatto con le risposte?
Gabbiani? Era un po’ che non ne vedeva.
Quei suoi dove sei restavano dondolanti in un vuoto d’aria. Come sangue rappreso.
Bolle di sapone, meglio. Qualcosa di inafferrabile, trasparente. Lieve. tuttavia incombente.
E tremendamente fragile.
Non era un gioco, diciamolo.
C’era poco da divertirsi. Non che la signora avesse mai insistito sull’aspetto ludico della cosa. Sbagliando, probabilmente.
Chi sapeva più di lei, la signora immaginava di sì.
Chi sapeva più di lei era da sempre in grado di giocarci su. Con disinvoltura.
O di mettere via il giocattolo. A giochi finiti.
Era questo il punto.
Giochi finiti.
Vai a convincere un bambino che è ora di cena.
Specie se a cena c’è una minestra.
La signora era forse ancora una bambina?
Male. Molto male.
…
…
…
(by poetella)