(foto dal web)
Qui la voce di poetella
Come quella volta lì, che ero ragazza,
all’alba, arrivare al porto di Olbia.
Spettacolo. Di quelli che, a ripensarci…
Quinte azzurro grigio alternate a strati di cielo rosa e mare rosa e nubi rosa
E azzurro e verde e nero e ancora rosa e grigio, fino in fondo
fino in fondo al cuore in subbuglio e luce e nebbie.
Tutto un tremolio, un dondolio di sonno, di sospiro, di attesa
uno sfavillio, un giocare con l’aria e la fantasia e col mattino.
Dio! quell’arrivo io non, io mai più…io…
E quell’altra volta
chinare un po’ il capo, non che non ci si passasse, no, non so perché
chinare un po’ il capo ed entrare
e le tombe Medicee lì, davanti, attorno a me.
tutta quella Bellezza, quell’appassionata, dolente Bellezza
quella tensione, quella pressione, le finestre murate, forse?
I timpani spezzati?
O semplicemente quel peso sul cuore che fa la Bellezza quando è totale
quando è oltre, è a oltranza
come nella cripta inferiore di Assisi
tra gli angeli e i santi
e il blu e il rosso e l’oro.
Stessa questione.
A farla breve, quando davvero è troppa, sconsideratamente, incalcolabilmente
troppa, senza indulgenza, senza pietà né perdono
la Bellezza
che m’entra negli occhi
da qualche parte deve pur uscire, che se no…
Beh, ecco, dunque
quando ti sei affacciato alla porta socchiusa, col tuo maglioncino celeste
e sono entrata e ti ho visto bene
che l’argento ti scivolava quasi liquido sui capelli
e le labbra così rosa, così rosa di bambino appena sveglio, Dio! e il naso piccolo
e gli occhi
quegli occhi, i tuoi occhi, il sorriso
che poi, solo un attimo, prima del buio totale catturata
intrappolata, asserragliata, tempestata
un cammeo tra i rubini
dai tuoi mille e mille baci quasi disperati
insomma, io, allora, è sempre per quella questione,
per quella mia reazione, quella tracimazione
che ho pianto. Tranquillo!
…
…
…
(by poetella)
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