Sì, come in quell’olio…
08 martedì Apr 2014
Posted amore?, Bellezza che salva, crescere con l'amore, felicità, poesia, prima e dopo l'amore
in08 martedì Apr 2014
Posted amore?, Bellezza che salva, crescere con l'amore, felicità, poesia, prima e dopo l'amore
in01 martedì Apr 2014
Tag
amore, amore vero, bellezza, crescere, fotografia, gioia, poesia, serenità, ti amo
E tu mi traduci in una lingua
nuova quello che era il mio dolore
tu lo distendi piano
piano sul banco
di scolaretta attenta
indichi e guidi
ti guardo e imparo l’uguale e il disuguale
che tirano su il mondo.
Tu che decifri e dai senso
tu che m’insegni come c’insegnano i colori
e i canti e le luci tremolanti
sulla corteccia del pino
lei che sale
sale su verso l’azzurro
e mormora: vedi?
È ancora primavera, dai! Adesso.
…
…
…
(by poetella)
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31 lunedì Mar 2014
Posted addio amica mia, amiche, amore?, anima, crescere con l'amore, foto di poetella
in
Il distacco. ‘n accidenti proprio. Imparare il distacco. Andare verso il distacco. Guadagnare il distacco (s’accende una sigaretta. Aspira fondo, la testa un po’ indietro, poi butta fuori tutto il fumo). Quale cacchio di distacco? Siamo umani, no? Bipedi (guarda sua sorella, che tace). Camminiamo. Vogliamo il duro sotto i piedi. Ci serve.
Altro che distacco. Visto mai uno che cammina per aria? Come gli amanti o le mucche di Chagall? Visto mai? (sua sorella non parla. La guarda. Non fuma)
Io mi sarei proprio scocciata di tutte queste stronzate sul distacco. Sul lascia che sia. Sul vivi l’adesso. Ma sì, cavolo, sì che lo vivo l’adesso. Come no? Mica mi serve che me lo ricordino. Che me lo consiglino. L’adesso si vive sempre. Finché si vive(la guarda. Quella, zitta. La guarda, fuma e parla). C’è qualcuno che non lo vive, l’adesso? Ti risulta?
È che vogliamo sapere. Vogliamo controllare. Vogliamo qualche drittina su quanto durerà quest’adesso. Sia che si voglia che finisca, sia che continui, ‘sto cavolo di adesso.
(e la sorella zitta, buona, beve il tè e guarda una farfalletta che svolacchia sui gerani)
Ma sì, sì, sì, sì! Certo che si vivrebbe meglio. Meglio, a non avere bisogno di programmare, pronosticare, o magari solo prevedere, con un piccolissimo margine di dubbio. Senza andare a cercare conferme da tutte le parti. Meglio, si vivrebbe. Senza cercare nei fondi del caffè o nei rametti di millefoglie.
Ma come fai? Come cazzo fai? Balle, il distacco. Balle.
Vaglielo a dire a quelli che gli è crollata la casa, la vita addosso. Vaglielo a dire a loro, il distacco.
O vienimene a parlare tra un po’.
Quando sarò vecchia. E lui non ci sarà più.
Sai che risate.
…
…
…
(by poetella)
18 martedì Feb 2014
Tag
(foto di poetella)
Certamente doveva esserci parecchio paradiso
parecchia primavera
parecchie richieste accorate di perdono
in quelle paroline sul display del telefonino, la mattina
se adesso lei, mentre stirava camicie ascoltando Bach
sola soletta, a casa, con gli occhi sorrideva
oscillando piano
come stesse danzando una giga.
Sebbene tra tutte le camicie non ce ne fosse
neanche una celeste.
Perché tu, amore mio, forse, pensi di non saper dire, ma…
ed io, io stessa che parlo parlo
come potrei mai racchiudere in quei cerchiolini, quelle curvette
quelle asticine
tutto quello che m’impasta il cuore
e me lo fa molle
foglia a terra
dopo il temporale?
C’è solo un modo, allora, ecco. Vieni qui, quando puoi. Abbracciami
E sentimi tutta addosso.
Ché sentirai. Capirai. Te lo dico io.
…
…
…
(by poetella)
pc riparato a tempo di record! Viva!
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31 venerdì Gen 2014
Immaginami tra vent’anni, puoi? E poi
raccontami il sorriso che vedrai, dimmi
dimmi che sarà come il santino sulla mensola
con la lucina davanti
Dimmi che sarà copia di quello
che m’allaga il viso quando
mi guardi, adesso, che ancora mi fai
bella e tua
Ancora mi fai ragazza, ogni volta
E ogni volta sposa.
…
…
…
(by poetella)
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29 domenica Dic 2013
Tag
amore, attesa, Avessi, bellezza, borodin, fotografia, mi manchi, nostalgia, poesia, sai?, silenzio, ti amo
Avessi orecchie per sentire
che ne so
magari un sospiro di formica
lo scricchiolio notturno dei sogni, hai presente?
il fruscio di seta dei ricordi, molle.
Avessi orecchie per captare il palpito
che fa quando plana la libertà
giù dall’altura più solitaria
e bianca e azzurra e altera
lo sciabordio della gioia intermittente
lucetta colorata clic clac clic clac
come un’onda.
Avessi affinato l’ascolto del buio
occhi di gatta verdi verdi
scintillanti.
[Quando ascolterò la tua voce, ancora?]
Invece, vedi un po’! queste orecchie mie
stanche
di silenzio di cella
temo si feriranno al primo scalpiccio
dell’attesa
di gioia. Che verrà.
Aspetto, chi lo nega? Prima o poi verrà.
…
…
…
(by poetella)
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22 domenica Dic 2013
Stanotte ho sognato due alunne
di tanti anni fa. Donne, ormai e una diceva
Professoressa, me lei è uguale! Non è cambiata per niente!
Ero contenta. Sia di rivederle, ché erano due brave, sia di…
Oggi si sta bene, qui, per adesso.
Mi sono fatta un tè alla vaniglia, per cambiare.
La casa è in silenzio. E fuori non passa un’anima.
grazie al blocco della circolazione.
Il cielo è tutto grigio d’ovatta. Dev’essere quello che attutisce i rumori.
O magari è l’assenza dei rumori che lo fa grigio. Non lo so.
Eppure, adesso mi viene in mente che, un mesetto fa,
mentre aspettavo nello studio del dottore per farmi fare il certificato,
una donna sui trent’anni m’ha detto Ma lei è una professoressa? Ha insegnato nella scuola Giacomo Puccini? E io sì, ho detto, ma tanto, tanto tempo fa! Perché?
Perché è stata mia professoressa, 18 anni fa! ha detto lei.
Lo sa? ha continuato, non è cambiata per niente!
E invece sì che sono cambiata. Perché ho conosciuto te
che, Sei la mia eterna giovinezza, t’ho detto l’ultima volta che ci siamo visti.
Che, quando non ti vedrò più diventerò brutta, cattiva e vecchia come
il ritratto di Dorian Gray.
O forse no.
…
…
…
(by poetella)
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01 domenica Dic 2013
Tag
La voce, forse…dopo
Il rumore delle forbici da cucito.
Le forbici appoggiate sul tavolo. Cicc…
Prima di riprendere il fare. Imbastire
ricamare, allungare, accorciare. Orlare.
Stringere, rammendare. C’è ancora qualcuno che rammenda?
C’è?
Che ne sa oggi una ragazzetta di quindici, sedici anni di cosa significhi
rammendare?
È rotto?butta via. È rotto?
Compramene un altro.
Si eseguono rammendi invisibili.
Provare per credere.
Mai visti. Qualcosa, qualche impercettibile traccia della vecchia ferita
resta.
A meno che non si tratti di una stoffa particolare. Lo so, io.
Per dire, un tweed inglese. A mille colori.
I mille colori del tessuto aiutano a camuffare
le vecchie ferite.
Quanti colori hai tu, amore mio? E io?
Non mi pare si vedano rattoppi. È tutto ben messo.
Liscio. Ordinato.
Forse s’è riusciti a trasformare il danno in un vezzo, che so, un ricamo.
La stramatura del destino è diventata decoro distintivo. No?
Bravi. Proprio bravi.
Saper rammendare serve.
Mica lo so chi mi ha insegnato. E a te?
Il rumore delle forbici da cucito. Cicc!
Guarda un po’ dove mi porta.
Oltre a ricrearmi l’immagine di te, nonna cara
che cuci con grande maestria nella casa spaziosa e silente.
E io, piccola, che guardo. E qualcosa imparo.
..
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…
(by poetella)
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17 domenica Nov 2013
E ancora, ti devi centrare, dici
Devi smettere di salire, dici, su in cima alla più alta vetta della più alta catena di monti
(dio che aria, che vista straordinaria da lì!) per poi precipitare nel fondo più nero e fondo diecimila, undicimila. Centomila kilometri sotto. Sbatacchiata di qua e di là.
Devi trovare un centro di stabilità, dici.
Devi, dici. Solo perché…
A parte che, perché? dico io. Perché?
E comunque tu, tu che ne sai? tutti a sapere quello che. Tutti bravi. Tutti a consigliare.
Io manco a me stessa do consigli. Ma che ne so io!
E tu, il tuo cuore sotto anestesia. Il tuo cuore fasciato d’equilibrio fasullo.
Il tuo cuore in letargo. È mai stato sveglio? Senti che odore di muffa? No, io no, grazie!
Sì, certo, ti devi centrare, dici
Quello scivolare di sponda in sponda galleggiando, senza conoscere lo scroscio, lo schianto. Senza trasalimenti. Senza apnee e respiri grossi a bocca aperta, quell’aria che fa girare la testa, tutta di colpo così.
Questo è il tuo centro? No, grazie! Davvero no.
La conosci? La conosci la voglia di scrivere un nome con la bomboletta sulle valli della luna, tu?
Che poi te lo guardi da lontano e ti fa luce? Un faro azzurro.
Che gira e gira e lo vedi e poi no. E lo rivedi e poi no. Ma è lì.
Tu che ne sai di parole come gocce d’oro fuso gocciolanti sulla pietra dei giorni.
Tu che ne sai dell’armonia delle stelle che danza in un corpo vivo, vero, davanti a te?
Ogni azione geometria di perfezione.
Ogni non azione, ancora perfetta.
E allora, allora smetti, ti prego
sempre con questo certo, ti devi centrare!
Il mio centro è amore e attorno ancora amore e amore.
Strati d’amore concentrici
bave d’amore uscite dal cuore a ricoprire l’amore.
Una perla splendente d’amore.
Cosa? Quando non ci sarà più, dici?
Ma lui vive in me, cara mia.
Ormai è in me.
Non ci sarà più solo quando non ci sarò più io. Ché sarò morta.
O non ci sarò più io, sarò morta io, quando non ci sarà più.
Vedi te. Per me è uguale.
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(by poetella)
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14 giovedì Nov 2013
Tag
Ci si domandava, adesso che a balzi alti ampi elastici
il cane nero s’avvicinava
a un niente dalla gola, ormai,
sebbene il nostro passo risultasse ancora sciolto
fluttuante, sicuro, lievemente oscillante
di spiga di tenda di pizzo di ramo di salice
sebbene i colori, ancora il rosa e il rosso e il nero e il verde
sebbene per strada ancora sguardi come girasoli, calamitati,
rapaci
ci si domandava comunque quando
fra quanto, come?
e poi cosa e chi e chi se non
e se. E se invece no. E poi, allora? Ma, in ogni caso, alla fin fine…
Ci si interrogava così, tanto per non stare senza pensare
(camminando)
Essendo tuttavia perfettamente a conoscenza della totale
inutilità di certi interrogativi.
Pare inevitabili, purtroppo.
Stupita, frattanto, di come il cielo fosse
così splendidamente, vivacemente azzurro
non ostante il meteo avesse predetto tutt’altro.
Persino rovesci, a tratti inevitabili.
Altrettanto inevitabilmente c’era parso opportuno, comunque
rifiutare saccenti pseudoilluminate soluzioni.
E poi, diciamolo, tra un passo e l’altro,
tra un passo e l’altro s’era convenuto che in fondo s’andava avanti.
Amen, dunque! Poi si vedrà, no?
…
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(by poetella)
09 mercoledì Ott 2013
Posted amore?, anima, assenza prersenza, autunno, Bellezza che salva, crescere con l'amore, foto di poetella, libertà, poesia
in
Il parco, fuori della finestra
ha apparecchiato l’autunno.
Lo vediamo sempre in molti con occhi grati.
Come si preparasse un riposo dal troppo dallo stagliato,
dall’accecante.
Dall’affollato, dal concitato. Dal soffocante.
E la collezione dei colori s’arricchisce
d’una voglia di lasciarsi andare. Di mollare la presa. Cedere, insomma.
Sarò forse approdata anche io in questa nuova dimensione
più pacata, compassionevole
di sorriso appena accennato e leggero dondolio del capo
in segno di dolce comunione con la quiete?
Questa sensazione così umana di resa. D’accettazione.
Consapevole dei cicli eterni di nascita crescita
morte.
Ma soprattutto, sarà umano, saggio o follemente fuorviante aspettarsi
una rinascita?
Indubbio che una foglia che cada si secchi e muoia, no?
Certo, in primavera, poi…
Ma altre foglie. Altri fiori. Fino a quando sarà vivo l’albero.
Ce n’è di secolari. L’abbiamo visti, no?
Quale parte di me è albero? C’è. Sicuro che c’è.
Quando sono con te sono pronta a spargere rami e foglie
rete di commozione con l’intero mio universo.
E rifiorire. Rifiorire continuamente.
Eternamente. Finché avrò vita, ovviamente. Come l’albero.
Ma forse non solo quando sono con te. Credo. Basta riconoscersi.
E lasciarsi rifiorire. No?
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(by poetella)
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30 lunedì Set 2013
Stammi a sentire.
Stammi a sentire anche se sei dall’altra parte del mondo
o semplicemente a qualche chilometro di distanza.
Ché è uguale, in fondo.
Stammi a sentire, tu, che sorridi sempre quando racconto,
quando parlo e parlo
dopo che il treno impazzito s’è fermato
senza tirare freni d’emergenza
semplicemente perché la corsa è finita
e siamo arrivati nella stazioncina calma e solitaria delle nostre chiacchiere dolci
carezzevoli e delicate.
Senza,(senza? Quasi senza) più malizia.
Stammi a sentire.
Oggi è stata una giornata di merda.
Come ieri. Come l’altro ieri. E anche il giorno prima.
E se vado indietro arrivo a una settimana fa.
Quando era tutta un’altra musica.
Comunque, anche nella trita e ritrita ricerca d’equilibrio sul bordo dell’abisso,
ogni tanto
ogni tanto spesso, veramente
ho trovato nelle tasche un pensiero celeste.
Che m’ha dato anche la forza di scattare
questa bella foto.
che ti mando.
Perché se non ci fossi stato tu,
niente foto, io
niente dolcezza
niente scrivere
niente vivere
niente amare. Mai. Lo so.
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…
(by poetella)
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24 martedì Set 2013
Perché posso essere me, ti ho detto. Tutta intera.
E sorridevi. E facevi di sì, con la testa. La mano che m’accarezzava una coscia. Su e giù, piano piano. Brezza d’alba.
Posso essere me, capisci? Niente da nascondere e niente da caricare, potenziare. Niente da ridurre, da stemperare, da diluire in risatine imbarazzate. Niente da sottovalutare, passare dietro le spalle, mettere sotto una coperta, niente da girargli la schiena e dire Io? Io no! Ma ti pare. figurati!
Niente per catturare l’attenzione con i soliti squallidi inganni.
Niente di Va beh, dai, fa niente.
Niente di Magari un’altra volta, dai. Un’altra volta, vedrai.
Perché posso essere me, tutta me, ti ho detto. Tutta intera.
Ecco perché. E sorridevi, sorridevi. Sei stupendo anche quando sorridi, lo sai, sì?
Niente tentennamenti, niente filtri o colini, niente setacci, niente imbuti per far calare giù qualcosa di troppo grande in qualcosa di troppo piccolo.
Tutto giusto, tutto perfetto. Tutto scorrevole. Tutto naturale, amore mio.
Acqua e sapone di Marsiglia. Io e te. Ecco perché.
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(by poetella)
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17 martedì Set 2013
Ormai nove lunghi giorni, mio caro. Una bella prova. Superata.
I passi più o meno disinvolti. La strada, fortunatamente, conosciuta. Si prosegue.
Riuscendo persino a superare imprevisti.
Beh, nove giorni. Silenziosi. Operosi.
S’è imparato che non è certo il cinguettio forsennato a farsi canto.
Basta una melodia lontana, scritta nello spartito dei ricordi. Chiuso. Sul pianoforte.
La certezza di un possibile preludio.
Il tendone del palco chiuso. Con dietro ombre.
Basta, questo.
Tutto senza troppa fatica, direi.
Sorpreso? L’allieva impara.
L’immensa, mutevole, straordinaria varietà dell’accadere, il fiore, l’ocra e il rosso e il bruno, le nubi, il vibrare della luce.
E gli incontri, gli scontri, gli scambi e il dire, il dare, il fare
L’immensa, la davvero immensa e mutevole varietà dell’accadere ha riempito ogni fessura, ogni crepa, ogni varco, ogni bocca che avrebbe altrimenti cantato, o gridato o piagnucolato il tuo dolcissimo nome.
Che sia questo il vero segreto?
Lo sai? c’è una stanza vasta, in me, dove posso sostare ormai senza angosce,
senza pretese, senza spropositate attese,
senza sconsiderati desideri, semplicemente colma di luce.
E s’è imparato a cantare in polifonia. In accordi in tonalità minore.
Una corale accorata con la voce di tutte le cose. Armonica. L’universo intero danzante. L’universo di cui noi, noi due, io e te, mio caro,
non siamo che minuscoli punti di luce accoccolati tra le stelle.
Ci sarà l’incontro. So che ci sarà. Ma il coro festante mi distrae.
M’invita alla partecipazione gaia.
Si caricherà la nostra energia quando… Certo. Si caricherà, si farà più potente, vicini.
Ma, sai? sospetto che non sia indispensabile.
Non dico che, quando avverrà il contatto non sarà ovviamente meraviglioso.
Ma, e questa è la grande conquista che ti devo, mio caro,
tutto è già meraviglioso anche così.
Grazie a te sono sole. Carico di potenza luminosa.
E brillerò, fino a che avrò energia bastante.
Poi verrà il silenzio dell’universo quieto.
…
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…
(by poetella)
Borodin. String quartet n° 2 in D major- Notturno
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15 domenica Set 2013
Posted amore?, anima, autunno, consapevolezza, crescere con l'amore, diario, foto di poetella, sigaretta, vecchiaia, vecchie mie...
in
Il distacco. ‘n accidenti proprio. Imparare il distacco. Andare verso il distacco. Guadagnare il distacco (s’accende una sigaretta. Aspira fondo, la testa un po’ indietro, poi butta fuori tutto il fumo). Quale cacchio di distacco? Siamo umani, no? Bipedi (guarda sua sorella, che tace). Camminiamo. Vogliamo il duro sotto i piedi. Ci serve.
Altro che distacco. Visto mai uno che cammina per aria? Come gli amanti o le mucche di Chagall? Visto mai? (sua sorella non parla. La guarda. Non fuma)
Io mi sarei proprio scocciata di tutte queste stronzate sul distacco. Sul lascia che sia. Sul vivi l’adesso. Ma sì, cavolo, sì che lo vivo l’adesso. Come no? Mica mi serve che me lo ricordino. Che me lo consiglino. L’adesso si vive sempre. Finché si vive(la guarda. Quella, zitta. La guarda, fuma e parla). C’è qualcuno che non lo vive, l’adesso? Ti risulta?
È che vogliamo sapere. Vogliamo controllare. Vogliamo qualche drittina su quanto durerà quest’adesso. Sia che si voglia che finisca, sia che continui, ‘sto cavolo di adesso.
(e la sorella zitta, buona, beve il tè e guarda una farfalletta che svolacchia sui gerani)
Ma sì, sì, sì, sì! Certo che si vivrebbe meglio. Meglio, a non avere bisogno di programmare, pronosticare, o magari solo prevedere, con un piccolissimo margine di dubbio. Senza andare a cercare conferme da tutte le parti. Meglio, si vivrebbe. Senza cercare nei fondi del caffè o nei rametti di millefoglie.
Ma come fai? Come cazzo fai? Balle, il distacco. Balle.
Vaglielo a dire a quelli che gli è crollata la casa, la vita addosso. Vaglielo a dire a loro, il distacco.
O vienimene a parlare tra un po’.
Quando sarò vecchia. E lui non ci sarà più.
Sai che risate.
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(by poetella)
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14 sabato Set 2013
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Potremmo forse dire d’essere arrivati?
Noi che ce ne stiamo qui, a guardare, come dalla terrazza sulla vasta baia.
Noi che osserviamo e sorridiamo del calmo piatto e delle creste d’onda
Del sorgere, del tramontare.
Noi che sorridiamo anche del buio e della pioggia.
E dello scirocco e del maestrale.
Noi che sorridiamo come una statua del Budda, il sereno. Il lago.
potremmo mai forse dire d’essere arrivati?
Noi che il dolore, la gioia, la paura, la fantasia.
Noi che la speranza e la pace
della totale sua assenza.
Noi che non aspettiamo, aspettando.
Non cerchiamo, cercando.
Noi che sì e no. E forse.
potremmo forse mai dire d’essere arrivati?
Non credo. Ce n’è di strada da fare.
Anche solo riuscire a non prendersela per quelli
che non lasciano il bagno come vorrebbero trovarlo.
Come faccio io. Come fai
tu.
Ma questa è un’altra storia. Certo, dico io.
…
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…
(by poetella)
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07 sabato Set 2013
Tag
E allora scrivimi, via, scrivimi di te.
Scrivimi, che queste ore piccine, senza splendore, senza gloria, queste ore inginocchiate, striscianti, a guardare per terra, e attenta a come ti muovi, sa’? attenta a come ti giri,
queste ore solitarie in mezzo a mille voci, mille e mille visi, un tratturo d’elefanti, processione di formiche, mille e mille voci che non sono la tua, queste ore imprigionate in antiche scelte fatte da una me che era un’altra. Rinnegata. Scacciata dalla faccia della terra e tornata a chiedere i resti e darne,
queste ore incapsulate nella griglia dei devi qui, devi lì,
queste ore filacciose non mi passano mai, amato mio. Mai.
E allora scrivimi, via, scrivimi di te.
Dimmi, dimmi del piccolo e del grande, dimmi degli ulivi, dei mirtilli e dei piccoli animali sotto terra. Delle prime gemme e dell’ultima foglia secca.
Del sorriso e del sospiro. Dello sbadiglio e del sobbalzo, ce n’è di sobbalzi, lontano da me?
Dimmi dei gatti, di quei due gatti, beati loro, che respirano la tua aria. La tua benevolenza.
Dimmi la calma, l’attesa. Dimmi la rabbia. le poche volte che c’è.
Scrivimi, che le parole riempiranno di te gli incavi del silenzio.
Le parole sembreranno conchiglie lasciate sulla sabbia da un mare misericordioso.
La tua voce nelle conchiglie.
Quella tua voce d’eterno ragazzo, d’eterno ragazzaccio, scroscio di sorgente.
Quella voce che anche se dice solo Ehi! Ehi! al telefono, solo se dice Ehi! è come se ogni volta,
ogni volta dicesse Ciao, Belladonna! Ti adoro!
Perché io la so, quella voce Io so che così è.
…
…
…
(by poetella)
Rachmaninoff -Yo Yo Ma – Cello Sonatas
06 venerdì Set 2013
E se invece mi confessassi che ho paura?
Ma tu lo sai? lo sai che capita che m’avvolgo,
mi rivoltolo in una spirale di dubbi di crucci di domande di sentenze
irrevocabili
lo sai che ogni tanto m’appendo alla tenda di broccato verde delle mie insicurezze
come un’attrice del muto a un passo dall’oblio
tutta truccata di finta giovinezza, di finta allegria,
m’appendo e copro le rughe del collo che ancora non ci sono ma verranno,
verranno e magari non le vedo che sono miope, ma i miopi vedono da vicino!
e magari ci sono sotto sotto e sputeranno tutte insieme alla faccia delle creme e cremette rassodanti esfolianti compattanti leviganti rigeneranti
E se invece mi confessassi che ho paura?
Che mi basta un silenzio di che so, qualche giorno, mese, anno?
Mi basta un silenzio che mica lo so quanto potrà durare mai e se fosse per sempre?
Mi basta un silenzio e…
Ci convinciamo, astutamente, che la strada per compiere il progetto di sé passi per la stretta via del distacco.
Ci convinciamo che passi per la consapevolezza profonda di sé
Ma siamo davvero consapevoli?
se fingessi anche con me stessa quando scelgo questo benedetto fluire
senza chiedere senza mai pretendere. Apparentemente. Bastandomi?
E se invece mi confessassi che ho paura?
No. Niente confessioni. Andiamo avanti. Propizia è perseveranza, dice il saggio.
E lui sa.
…
…
…
(by poetella)
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25 domenica Ago 2013
Posted amore?, assenza prersenza, attesa, consapevolezza, crescere con l'amore, desiderio, forza, foto di poetella, J.S:Bach, nuvole, pioggia
in
Perché vedi, sì, sarà anche vero quello che dici.
Energia pura, dici.
Sei energia pura!
Ma lo vedi come sto appesa a queste nubi nere nere
mentre vanno a tuffarsi in quelle bianche, ingenue, sprovvedute
scolarette col grembiule nero e il fiocco rosa
e adesso mi sporco le scarpette bianche e speriamo di no.
Lo vedi come aspetto lo scontro? Spio i moti del vento?
Alzo le tende in balcone che potrebbero strapparsi?
Che sia per ricaricarmi, questa voglia di burrasca?
Per aderire a quel poster con la Vittoria che mi sono dipinta a tempera tra un pensiero e l’altro? Certe volte non lo vedo bene.
E per copiare devi avere il modello ben visibile. Alla giusta distanza, poi.
Non so lavorare a memoria, io. Uno sguardo al modello, uno al lavoro. Che procede.
E basterà questo temporale a schiarirmi la tavolozza?
A sciacquare i pennelli e lavare le vaschette?
L’energia, ammesso che sia energia la mia, poi va utilizzata. Ovvio. E bene.
Immobili, non ti serve.
L’energia, ammesso che sia energia e che io la possieda veramente, va ricaricata, inoltre,
ogni tanto.
Ma tu sei così lontano, amore mio.
Dall’altra parte del temporale. Che ora scroscia.
…
…
…
(by poetella)
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22 giovedì Ago 2013
Posted amore?, crescere con l'amore, Shostakovich
inTag
Ho sempre cercato un maestro
Da piccola, sette anni, forse, e per un bel po’ pensavo fosse san Francesco. Sì, san Francesco proprio. Ché me l’ero sognato. Dice, quando ti serve un consiglio, chiedi! E chiedevo. Chiedevo e chiedevo. Ma mica rispondeva.
O forse sì. Che ne so.
Poi ne sono venuti altri. Se ne stavano tra le righe parallele di mille e mille libri. Quanti!
Che mamma, una volta, me ne aveva dato uno in testa, copertina rigida, i drammi di Shiller.
Dice, Diventi cieca! Basta leggere! Basta! Ma io
io ho sempre cercato un maestro.
Mica ce la puoi fare, senza un maestro. Sbagli, sbandi, inciampi. Ti scoraggi. Ti fermi.
Ed io volevo andare avanti. Non sapevo bene verso dove, ma avanti. Anche se di sbagli, parecchi.
È che, sicuramente, non trovavo il giusto maestro.
Non che adesso. No. Adesso sì.
Adesso c’è il maestro.
Adesso ce l’ho un progetto. Anzi, dico meglio, adesso so qual’ è il progetto.
Ardito. Sicuramente ardito.
Presente le nuvole?
L’aerea leggerezza. La vastità del luogo che abitano. La visualizzazione del mondo dall’alto, distaccate. Libere.
Presente l’infinità varietà, la molteplice tonalità dei colori dei fiori di campo?
L’imprevedibile punto esatto, in cielo, dove scoccherà il fulmine?
L’abbandonarsi alla corrente, anche una corrente leggera, appena percettibile.
L’andare. Presente tutto questo?
Senza prevedere, senza congetturare. Senza fare troppe domande. Senza pretendere risposte.
Lievi, come l’arietta che finalmente entra dalla finestra aperta, condizionatori spenti.
In questo sgocciolio d’estate che sta finendo. Viva!
Ho sempre cercato un maestro
E adesso ce l’ho. Amato maestro. Generoso, pacato, preparato, chiaro come un mattino a Roma, dopo la pioggia. Insegna con garbo, lui. Senza superbia. Perché sa.
Ed io imparo. E lo amo.
…
…
…
(by poetella)
.
21 domenica Lug 2013
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Il tempo a loro disposizione probabilmente era quasi agli sgoccioli.
Quanto?
Mesi? Un anno. Due?
Quanto era il tempo, tutto il tempo che sarebbe stato loro concesso, ancora?
Quanta vita sarebbero riusciti a condensare, a bruciare fino allo spasimo, tutta serrata nelle ore che restavano?
Ogni minuto era stato vissuto così. Da sempre.
Dall’inizio. Tutto concentrato, contratto nel poco tempo disponibile.
Forse questo il segreto di quella medicina che era arrivata al posto che doleva, sanandolo.
Forse questo il segreto del loro ritrovarsi sempre accesi, affamati. Gonfi d’attesa.
Bombe innescate, programmate per esplodere.
Sì può vivere esaltati ogni istante se si sa che ci sarà un susseguirsi d’istanti, ore, mesi, giorni, anni, ancora. E ancora?
Loro non volevano questo. Non l’avevano mai chiesto. Mai richiesto.
Sì, all’inizio lei, forse, s’era spaventata della fine. Aveva protestato, sperato in proroghe, aveva anche pianto nella paura del mostro che si sarebbe materializzato, un giorno. Dell’addio.
Ma poi, poi, no. Poi no.
Aveva imparato da lui. E lui da lei, che quello che volevano era esattamente quello che avevano.
E sapevano, avevano saputo ottenerlo. E conservarlo. Erano stati bravi.
In un libro lei aveva letto “…forse non gli ha insegnato nulla, sì è limitata a soffiare via la polvere da un testo antico chiuso dentro di lui”* e aveva scambiato i pronomi. Poi li aveva rimessi a posto.
Lei, lui. Insegnare, imparare, soffiare via.
Scoprire il nocciolo della loro vera natura.
Esternarsi senza ombre.
“ci lasciamo sempre con un seme di desiderio. E lui germoglia” aveva detto lui.
Ma avrebbe potuto dirlo anche lei.
E quando finirà, finirà.
“bello come in sogno o come nei templi indiani”* così era, per loro.
E quando finirà, finirà.
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(by poetella)
*da “Col corpo capisco” di David Grossman
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18 giovedì Lug 2013
Posted amore?, attesa, Bellezza che salva, crescere con l'amore, desideri..., fedeltà, libertà, nostalgia, poesia, speranza, vecchie mie...
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E sarà meraviglioso, vedrai, come
sempre è meraviglioso guardare
la pioggia scendere impetuosa da dietro i vetri
per un bambino che non ha paura
per chi è bambino sempre
e non ha paura
quasi più.
Sarà meraviglioso come guardarsi
le mani pulite lavate via tutte le scorie
del passato
le mani aperte verso il cielo
lo so. Sentimi. Sarà meraviglioso
per noi che conosciamo la grandezza
che sappiamo lo stupore
che ci accende la musica
di questa nostra libertà
di prigioni slegati
ritrovata la casa
il fuoco e lo specchio.
Sarà un cantico una laude al destino
generoso e benevolo
ritrovarti
sapiente la trama che ha steso i giorni
sapienti gli occhi che hanno visto
riconosciuto
intrecciato
queste nostre anime di seta e oro
splendente veste di festa
attorno ai passi di danza. Insieme.
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(by poetella)
16 martedì Lug 2013
(foto di poetella)
Non è supporto di sicurezze
[sta’ sicuro] che cerco
in quei tuoi occhi
di millenarie onde di vento non c’è
stabilità nell’aria c’è azzurro
c’è moto e immota quiete
ignora feretri di fantasie il cielo diffonde
meraviglia e tu, tu
i tuoi occhi che nessuno vedrà accanto ai miei
non si faranno epifanie tu io
ma imparerò
imparerò a nascondere il disordine
di questa casa cuore ai miei occhi nei tuoi occhi
mi basterà basterebbe ci basterà
la bolla di sapone che specchia il mondo
dal suo dentro d’aria e d’amore
ché ho svuotato stanze e stanze
sgombrato armadi e ripostigli in questo mio
ora mio solo mio spazio dei sogni
e aspettiamo adesso cosa ci porta il tempo
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(by poetella)
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15 lunedì Lug 2013
Entra luce a tratti
in questa mia cattedrale
di desiderio
e se poi mi sporgo
[e mi sporgo certo]
dalle sue guglie oltre me
oltre noi presenti assenti al tempo
al tempio del mio cercarti
in ogni stupore in ogni bagliore
d’imprevedibile bellezza
allora
ce n’è, ce n’è che sale su
dalle note di Borodin che ascolto scende
dalle nubi gonfie di pianto [di pianto?]
respira traspira
dai piccoli fiori di una giovane azalea
generosa. Due, nuovi, vedi?
Intanto imparo a conservare intatti
quei filamenti di luce
luce per quando (inarrestabile) scenderà
la notte
sul nostro essere noi.
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(by poetella)
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08 lunedì Lug 2013
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(foto di poetella)
Il punto è proprio questo.
Che poi, la Bellezza! La Bellezza!
Certo, vedersi ballonzolare attorno una figuretta [figuretta?] che pare uscita da un quadro di Bosch, solo alcuni particolari trascurabili mancanti,
grande corpo tondo, una specie di sfera flaccida e traslucida, con una testa disfatta ed in progressivo ulteriore disfacimento, e due fili di gambe tutte striate di sofferenza, di malattia, di malumore mescolato, impastato a paura
[come si cambia quando il tempo scava e gonfia disarmonico,
in armonia con la disarmonia della mente]
una figuretta [figuretta! ma quale figuretta] che s’aggira e chiede e pretende
mi senti? Mi guardi? Mi rispondi? Mi dai? Mi fai?
e s’intrufola, cerca d’intrufolarsi in ogni ora, in ogni minuto, solo il sonno no, magari vorrebbe anche il sonno,..
E sorride e cerca complicità, fa dispettucci, fa propostine, fa complimenti, fa …
ma quale complicità, quali dispettucci, quali propostine, quali complimenti, ormai?
E poi il fare, poi, e fare e fare. [se mi muovo in continuazione non penso]
Il mio sorridere falso [tutto bene, va tutto bene, dai, tutto ok]come un lago fondo che sotto ribolle.
È un cratere di vulcano.
Il punto è proprio questo, comunque.
Provare, non provarci più, provare ancora e poi no, e poi ancora a smontare intere torri di Babele, ricostruendole sperando nel miracolo del linguaggio. Comune. Del comune sentire, o risentire, almeno
[ma è stato mai comune?]
Forse che ognuno non s’ascolta da sé, pensando di parlare? Non sono forse mai solo tutti monologhi con pubblico parlante? Che non ascolta che se stesso. Tra l’altro.
Certo, ascoltare, [ascolto e non parlo] così, ascoltare dell’Europa League, del calcio mercato, tutto il giorno, tutto il giorno, e quello alla Roma, e quello non si sa, e quello perché non lo comprano, tutto il giorno, tutto il giorno, e Dodò, e Balzaretti [ma che vogliono da me costoro?]
Tutto il giorno, tutto il giorno,
e lo spazzolino e il rasoio lasciato sul lavandino, il pigiama appeso alla porta del bagno, no, non all’attaccapanni, proprio a cavalcioni della porta, che non si chiude. E chiudi le finestre che entrano i pipistrelli!
E il fresco della sera resta fuori, la fantasia, il vento, la casa che bolle come un paiolo di streghe.
Fossi una strega farei sparire tutto questo. Alacazar! Era quella la parola magica? Mi sa di no.
Ma sai che ti dico? Il punto è proprio questo.
Altro in testa, basterà? Considerazioni, valutazioni. Ricordi.
Altro. Corpi? no, non corpi. Un corpo. Perfetto. che tiene su una testa perfetta, capelli perfetti, occhi perfetti
[dio, i tuoi occhi!]
bocca perfetta che dice parole perfette o perfettamente tace, quando c’è da tacere, che non serve parlare. Con te.
E dunque sai? sai che ti dico? Il punto è proprio questo.
Non possiamo chiedere la luna! Abbiamo già le stelle!
O, per lo meno, le abbiamo avute. Contentiamoci.
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(by poetella)
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16 domenica Giu 2013
Posted amore?, assenza prersenza, attesa, consapevolezza, crescere con l'amore, desiderio, foto di poetella, nostalgia, pazienza, poesia
in
Non mi voglio fare prendere dal vortice
dei forse, dei chissà, dei se poi, e se poi no. Non voglio fare il foglietto di carta che vola via, col vento, e gli si corre dietro e si posa e quasi lo prendi e vola ancora, volteggia, rallenta, eccolo, lo prendi. E no. Ancora no. Scappa di nuovo via. Nel vento.
Non mi voglio fare prendere dal vortice
del quando? del come? del vorrei, del chissà se potrò. Come un gomitolo di lana che ruzzola e si svolge il filo e lo prendi, no! Scappa via, in discesa, in salita, corre. Si srotola, si scioglie, si disfa. E l’insegui e s’aggroviglia e s’inceppa, s’arruffa. Svanisce nel nulla.
Non mi voglio fare prendere dal vortice
dei desideri che aumentano come la schiuma del latte sul fuoco e nessuno lo spegne se non lo spegnessi io, al momento giusto. Soffiandoci un po’.
Ho imparato. Credo d’aver imparato la forza del soffio. Come un sospiro, un respiro fuor d’acqua, uno starnuto scaccia polvere. Uno starnuto del cuore che si difende
dagli allergeni delle voglie.
Credo d’aver imparato.
Imparato l’attesa. E il non aspettare. Anche.
E tu! Tu amante. Ed io, io amante e anche figlia.
Che ascolta e s’accresce. Di te.
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(by poetella)
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12 mercoledì Giu 2013
Camminare, al mattino, per masticare, digerire, assimilare
se stessa. Come quando, da bimba, leggeva Andersen e capiva la fatica, la conquista, l’onore.
(cosa stava pensando del cielo? Vedremo dopo, dai)
Come quando, da ragazzina leggeva Hemingway, e scopriva la gloria, la lotta e l’amore. L’amore!
Come poi, crescendo aveva cercato l’eleganza in Proust, e la bellezza in Mann, la sensualità in Gide. Il rigore. Il rigore in Pavese e la sua musica triste.
E se stessa in tutti. In tutti gli altri. Masticati, digeriti, assimilati.
(ma cosa stava pensando del cielo? Vedremo dopo, dai. Dopo)
Camminare, al mattino, per masticare, digerire, assimilare
se stessa. Ignorando rumori e presenze. Passo veloce e naso all’aria. Occhi alla strada, e a quei piccoli ciuffi di papaveri. Ai fiori di malva. Alle margherite. Occhi dentro di sé per conoscersi. Meglio. Sempre meglio. Occhi al cielo. Ecco. Il cielo!
(prima o poi inciamperà in qualcosa con questo guardare il cielo)
Il cielo! Quel cielo che davvero sembrava uno di quelli di quando era piccola, con quell’arietta tiepida di giugno. Quei giugno che non si soffocava, come questo, che non si soffoca, è dolce, un bel giugno, e si poteva giocare, allora, e ora? e lei giocava nel cortile della casa, coi bambini e le bambine. Senza conoscere caldo e noia.
Giocava ed era un volta corsaro, una volta fatina. Ma quello che le piaceva di più era essere Boka, il Capo! E condurre i giochi. E le battaglie.
Quante altre battaglie, poi. Non sempre da Boka.
Ma sempre impavida, lei.
(ma non era questo che stava pensando del cielo)
Pensava, come sempre, guardando il cielo, Guarda!
Guarda i tuoi occhi come sono larghi e come mi osservano
dolci e lieti, anche se non ci sei!
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(by poetella)
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04 martedì Giu 2013
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Ma chissà se sarei capace,
all’occorrenza. No, diciamo meglio, chissà se avrei mai il coraggio d’essere capace [metto coraggio. Coraggio è la parola. Va bene coraggio]
chissà se, anzi, meglio ancora così,
chissà se avrò [sì, avrò. Non avrei. Niente condizionali]
chissà se avrò il coraggio d’essere capace, all’occorrenza, d’accettare la vecchiaia.
Con tutto quello che mi porterà via.
O mi porterà. Come un ventaccio.
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(by poetella)
EddieVedder- Into The Wild –Guaranteed
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28 martedì Mag 2013
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Quando sarà cominciato?
Che poi, chiederselo. A che serve? Risposte negate. Impossibilitate conoscenze.
Troppo stretto, un pertugio con la lucina in fondo, lo spazio del sapere.
Comunque, camminare e domandarsi. Camminare e tentare di rispondersi. Non si cammina mai troppo, non trovate?
Dunque, anche stamattina.
E chi se ne frega del traffico. Io vado a piedi. La Tiburtina, guardala là, di mattina.
Però ci sono i pini, le acacie, i piccoli ciuffi di papaveri da guardare. Le nuvole. Ma che stavo dicendo?
Ah, ecco, quando sarà cominciato. Da dove questa fame, questa voracità d’amore, di riconoscimenti, di attenzioni, di approvazioni, d’attestazioni scritte e cantate di merito. Di sfide, di superamenti. Da quando?
Forse da quella prima volta?
Da quel misterioso, angoscioso senso di perdita, d’inspiegabile privazione (e cosa avrà provato la bambina senza le parole per dirselo, per chiarirselo) senza più quel bum bum bum di piccolo qualcosa veloce che scandiva l’annacquato, fluido tempo in duetto con quell’altro bum bum bum più lento, più calmo, più mutevole nel buio di strani riflessi (bluastri? Rossastri?) e trasparenze, prima che le idee,
idee,
prima che le parole,
parole,
prima che i colori, i suoni,l’accecante molteplicità delle forme.
Prima che la conoscenza, l’esperienza, gli sbagli.
Forse sarà stato quel sentirsi tutto quel vuoto attorno, addosso, tutto quello spazio fresco, era settembre, che lei lo sapesse o no e non lo sapeva, non sapeva ancora niente, o forse sì, ma non sa adesso cosa sapesse, senza più quel qualcosa appiccicato alla vita, all’essere, che si muoveva, pulsava, piccoli suoni, piccoli contatti, aderenze. (sicurezze?)
Senza più quel qualcosa senza nome, senza volto, senza forma se non quella percepita come un resto di sé oltre quell’elastico velo, con quel piccolo bum bum bum,
e poi un qualcosa, un evento, un accadimento nuovo, spintoni, strattoni, rumori, dolore e poi più niente. No, niente. Diverso.
Forte. Sconosciuto.
Sarà stato quel terribile quarto d’ora, quanto? Dieci minuti, dice un quarto d’ora. Dice
– C’è n’è un’altra, signora bella. E la donna
– Un’altra? Perché una è già? Posso avere un goccetto di Cognac, Madre? E la suora
– Ma veramente non saprei. Posso, dottore? e il dottore
– Ma sì. Ce l’abbiamo, no? Glielo dia.
Quel quarto d’ora nel vuoto duro senza voce, senza quasi respiro, in attesa, quasi morta. In attesa che un altro pianto, il pianto di quell’altra cosa, quel prolungamento strappato, quel pianto di anche lei. Finalmente nel mondo.
E poi piangere insieme. Di nuovo.
Sarà stato quello a…?
Si può mai fare niente per cancellare, filtrare, comprendere, accettare, assimilare, reinterpretare quel primo quarto d’ora?
Si riempirà mai quella mia solitudine infinita di quel primo quarto d’ora per la prima e non ultima volta senza te, sorella mia?
E comunque, cambiando discorso e destinatario del pensiero…
Quante volte hai pensato a me, oggi, tu, amore mio, visto che domani…
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(by poetella)
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11 sabato Mag 2013
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A ripensarci, l’improvvisa pioggia di ieri mattina ha spezzato la mia camminata.
Che poi per un po’ l’ho ignorata. Proseguivo.
Goccia sul naso. Una, grossa, sul bavero della giacca di lino verde. Si vedeva benissimo. Due sulla mano destra, vicine. Proseguivo.
Niente ombrello. E dire che sono sempre così previdente.
Il cielo, un gran parapiglia veloce. Grigio, grigio scuro, bianco. Niente azzurro.
No, un buco di azzurro a est. Piccolo. Altra goccia. A sfidarmi.
Poi la tettoia della fermata dell’autobus. Ho ceduto.
Sto decisamente imparando a cedere. È una grossa conquista.
Quel tenere duro a pugni stretti. No. Non va.
Bisogna saper rilasciare, quando si presenti il caso.
Salita sull’auto, comunque, ho trovato il buono, sono riuscita a trovare un gran buono nella scia morbida di Opium della signora bionda seduta avanti a me. e nel libro che ho tirato fuori dalla borsa. Ce n’è sempre uno.
Vedi?
Inevitabile riconoscere l’innegabile influsso della tua radicata filosofia, del tuo modus vivendi, mio adorato.
Inevitabile compiacersi dell’uncino che ha tirato fuori il mio, come polpa dalle chele di un granchio.
T’ho lasciato fare. La Bellezza è ovunque. Frase tua. Non ostiniamoci.
No. Non mi ostino. Non più.
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(by poetella)
Rachmaninoff -Cello Sonatas – 06 — Sonata for C