
(foto dal web)
Ma no, papà, dai, lascia perdere.
Dimmi di zia Nena, invece. È venuta a trovarti, ieri, no? Vecchia, dici? Vecchia vecchia?
Tutta storta come un disperato ulivo di collina. Solitario.
I capelli, neri? Ma dai! È la tinta.
Ma sì, mi ricordo che mani aveva. Belle. Suona più? No, eh?
Ma no, dai, non mi va. Non mi va di parlare di politica.
Dimmi di zia. Pure io, ti ricordi che mani. Eh, adesso, pure adesso, ma va!…
Ma sì, guarda come s’è storto l’indice. Sì, sì, altro che.
Ma dimmi, dimmi di zia. Ah, non suona più. Perché? Non la sente nessuno!
Ma che si suona per farsi sentire?
Si suona per sentire la musica che riempie la casa, che scivola per tutte le stanze, che s’arrampica sui muri ed esce in balcone e vola via, come una rondine.
Papà, e dai. T’ho detto che non mi va di parlarne, dai. Niente politica, si?
Poi, a che serve?
Noi non ci siamo mai, no, mai capiti. Mai stesse idee. No? Sbaglio?
Che parlo di politica, adesso? Non mi va di litigare, papà.
E poi, poi tu che ne sai di politica.
Ancora a dirmi non avrai mica votato per i comunisti?
Solo tu e qualcun altro a parlare ancora di comunisti.
Papà, che fai, poi? Mi sequestri ancora la radiolina?
Non ce l’ho più quella che mi sentivo in cameretta, partigiana in tono minore, nel buio della casa addormentata, nel tepore delle mie speranze ammantate di notte e di sogni e di voglia di libertà.
Me l’ascoltavo fino a tardi tardi, mentre tu dormivi stanco del tuo primo, del tuo secondo, del tuo terzo lavoro e dell’aiuto che davi a casa a mamma e mamma, stanca d’essere stanca, dormiva il sonno della bella col principe che pensa a lei. A lei, tutti sì. Solo sì.
Non me la puoi più sequestrare la radiolina che, senti questa che cosacce si sente, tutte parolacce di comunisti! dicevi a mamma costernata, che prendeva il rosario come una spada, come un amuleto scaccia maligno. Via il diavolo da casa mia!
E io, piccola prigioniera politica, eroina senza esercito da guidare, senza rogo da sfidare.
No, papà, non mi va di parlare di politica. Oggi. Con te.
Oggi che tra noi s’è tutto acquietato, come un lago dove il mostro s’è immerso, l’acqua ha ribollito un po’ e tutto s’è ricomposto. Tutto s’è fermato.
E poi, papà, che parlo a fare con te che ancora dici che Lui! Lui che vi faceva venire in Italia, giovanetti a fare le gare tra tutti giovani e belli.
Voi, dalla Libia in Italia, sulla nave, piccoli piccoli e felici! Lui grande uomo. Papà! Ma che ne sai tu?
Dimmi di Patrizia, invece. Quand’è venuta a trovarti? Ieri? L’altro ieri. Ingrassata!
Più grande di noi? Due tre anni? Ma che! Quindici giorni. Sì! Solo quindici. E lo so che sembra più vecchia. Siamo noi che sembriamo più giovani.
Abbiamo preso da te, papà. Papà bello!
Lo vuoi un tè?
Stai bello calduccio con la copertina sulle gambe?
Dai, lasciamo stare la politica.
Oggi no. Non ci voglio pensare. No. Oggi no.
…
…
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(by poetella)
Pierangelo Bertoli. Eppure soffia
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