(foto di poetella)
Ascolto. Camminiamo. Penso.
Ecco la solita ripetizione di ricordi. Una giaculatoria. Ci risiamo.
E sali su, non camminare sulla strada, che passano i matti, dici. Camminiamo.
E intanto racconti. I soliti ricordi. Parleresti solo di ricordi. Paura del futuro? Paura del futuro.
Tu non parli mai, non dici mai Ti ricordi?dici.
No. Non lo dico mai. Quasi mai. Basti tu, no?
E li so tutti a memoria i tuoi ricordi. Dopo quarant’anni, cavolo vuoi mai raccontarmi di nuovo.
Ascolto, sorrido appena. Faccio sì con la testa. E mi annoio.
Non camminare sulla strada. Sali sul marciapiede, dici.
Come fossi una bambina. Vorresti?
Si riesce ormai a far finta d’ascoltare. Siamo maestri di finzione.
Sono maestra di finzione.
D’altra parte, chi volesse, potrebbe scoprire la realtà.
La realtà è sempre poco, poco poco nascosta. Se non ce la nascondiamo accuratamente. Struzzi..
La zia Cristina, il suo profumo, ma sì, lo so, lo so, la macchina profumava. Quante volte me l’hai detto? Un’avventuriera.
Ti sarebbe piaciuta, dici.
Perché poi dovrebbero piacermi le avventuriere. Pensi forse sia un’avventuriera, io? O vorrei esserlo? O esserlo stata?
Quante volte l’hai tirata fuori la zia Cristina? Cento? Duecento?
Perché ci si deve ostinare a raccontare la nostra storia, quella che crediamo sia stata, sia diventata la nostra storia, perché dobbiamo tirarla fuori con tenerezza dalle tasche e porgerla come oggetto prezioso a chi la sa già?
Ché l’abbiamo raccontata a fiume, a cascata, a scroscio. da sempre.
Già a diciotto anni sapevo della zia Cristina. Basta, adesso, no?
E i pranzi a Natale. E finiti i Natali, quando è morto lo zio Girone. Che diavolo di nome! Lo so. Cento volte, dio! cento volte me l’hai raccontato. Possibile che non ti ricordi d’avermelo detto, detto e ridetto, che pure i miei vestiti, quelli invernali, quelli primaverili e quelli estivi e pure la biancheria ormai sono intrisi dei tuoi ricordi. Che mi annoiano a morte.
Anche se lavi, anche se levi, neanche un diluvio! ormai è come una macchia indelebile. Grigia. Smunta.
Forse puzza anche un po’. Di morto.
Tutti lì, i ricordi. Che li spolveri a fare?la muffa non si toglie.
Si ascolta una voce, gli si presta attenzione se… Raramente conta quello che dice se…
Si ascolta una voce se si ama quella voce. Ecco.
Allora può dire qualsiasi cosa. Che importa cosa?
Parlare di mirtilli, di mobiletti restaurati, di letti messi su con quattro tavole di legno verniciate. Tutto fatto da sé.
Se si ama quella voce, (quella voce!) ogni cosa è magia.
È stupore. Ogni parola è la porta al Paese delle Meraviglie.
Parlami di fotografie, parlami di gatti, di pomodori, amore mio! Parlami di lavanda, di Bellezza. Parlami pure di politica, amore mio adorato! di finanza,.magari. Di bruchi, di legno di noce, di tagliaerba.
Parlami di quello che vuoi.
O taci. Che va bene lo stesso. Se si ama è così.
Ma se no, cazzi amari.
Resta solo una malinconia desolata, una tolleranza striminzita. Una dolente pazienza.
Si fa sì, con la testa, si sorride lieve lieve.
E ci si annoia. A morte
…
…
…
(by poetella)
Musica Antiqua – Minstrel Melodies
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