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Poetella's Blog

~ "questo sol m'arde e questo m'innamora"- Michelangelo

Poetella's Blog

Archivi della categoria: quasi racconti

La tavola, dice. No, non mi ricordo…

16 domenica Feb 2014

Posted by poetella in cosa sarà di noi?, diario, la memoria, pace, primavera, quasi racconti, ricordi, speranza, vecchiaia

≈ 18 commenti

Tag

40 anni, amore, dimmi, Ricordi, ti ricordi, vecchiaia

luce(foto di poetella)

qui la voce di poetella

.

La tavola, dice. No, non mi ricordo.

Non lo so mica dove prendevamo la tavola. Camminano.

Aria proprio di primavera. Giacchetta rossa, lei. Camicia, pantaloni.

Lui maglione a collo alto, giacca. Se mi fai prendere freddo vedi, dice. E sorride.

Sorriso stampato, oggi.

Ma dove la prendevamo la tavola? Boh. I cuscinetti a sfera, quelli sì. Ce li dava il ferramenta. Compravamo. I soldi?

Cercavamo le bottiglie, te l’ho raccontato?  dice. (difficile non le abbia raccontato qualcosa, in quarant’anni.)

Cercavamo bottiglie. Di vetro, sì. Le portavamo al supermercato. Tutte sporche. Quelli sorridevano e ci davano i soldi. (‘sta cosa delle bottiglie, in effetti. Forse sì, gliel’aveva raccontata. O forse no)

Mica tutte. Certe non (sposta un ramo di platano che gli dondola davanti) non andavano bene. Mica tutte. Quelle dell’acqua minerale, sì. Quelle della coca cola. Quelle delle birre, mi pare di sì. Quelle dell’aranciata, no.

Come dove? Le prendevamo dove le trovavamo. Nelle aiuole. Accanto ai bidoni della spazzatura. Fuori dei portoni. Tutte sporche. Tutte pasticciate. Piene di terra. ‘no schifo!

Raccoglievamo e portavamo al supermercato, dice. E quelli ci davano qualche soldo. Bastavano per comprare i cuscinetti a sfera.

Pure i giornaletti. Il ferramenta si prendeva i giornaletti e ci dava i cuscinetti.

 

Sorride. E snocciola nell’aria tiepida ricordi. Che galleggiano come farfallette.

C’è un  venticello grato. Quasi una speranza. Una possibilità. Parrebbe.

Ogni tanto le prende la mano. Per attraversare. Poi continua a tenerla.

Chissà perché.

…

…

…

(by poetella)

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Dice Ci vieni al corso co’ me?

13 mercoledì Nov 2013

Posted by poetella in basta!, consapevolezza, diario, giochi, indipendenza, inverno, libertà, noia, non ne posso più, pazienza, pensieri sparsi, quasi racconti

≈ 19 commenti

CarteBridge

(foto dal web)

 qui la voce di poetella (teatro puro!)

.

.

Dice Ci vieni al corso co’ me?

A bridge? Fa lei.

E continua a spalmare crema di salmone sulla fettina tostata di pane a lievitazione naturale. Intanto sente un’interna lievitazione di minuscolo moto di rabbia. Un gonfiarsi. Un tentare di debordare dai fragilissimi, esilissimi, consumatissimi bordi della…

Frena! pensa. E spalma. E dice Ma dai!

Lo sai che le odio le carte! Mica dice quello che le frulla  tra un morsetto e l’altro. Altra fettina. Altra crema.

Questa e basta, dice.

Lui, ancora Ma mica è giocare a carte, bridge! È  tutta ‘n altra cosa. Beve. Vino bianco. Lei rosso. Due bottiglie a tavola.

Le frasi in testa e quelle che si dicono. Contrasto netto.  Davanti a questo tavolo, sicuro.  Alzi il coperchio, guardi dentro, capovolgi, mischi, schiumi, metti sale, metti zucchero, metti quello che ci vuole per non. Poi parli.

 

Ma chi c’ha tempo di fare un cavolo di corso di bridge! (Questo va bene da dire)Mica so’ pensionata, io.

Era per fare qualcosa insieme. Per fare coppia! Dice lui.

Ancora coppia?  pensa lei. Ancora coppia?  Dopo 40 anni, ancora coppia? Ma se non mi pare vero che te ne vai a bridge, e io no, così resto sola, così non devo sentire programmi di calcio in tv, così non devo venirti dietro per casa a spostare uno dei 97 piatti a parete che sta meglio qui? o meglio qui? (o mettilo dove cavolo ti pare) così non devo starti a sentire parlare di John Barrymore o di Robert Donat o di chi cavolo ne so, ché che mi frega di vecchi film, di vecchi mobili, di vecchie (ok, antiche) statuette di porcellana, di vecchi ricordi che li cancellerei tutti i vecchi ricordi, li annullerei tutti, appallottolati e gettati verso il futuro che speriamo che, ma tanto che vuoi sperare, che vuoi ancora aspettare, ok, ok, lo so che ancora qualcosa c’è. Ma fuori di qui! pensa, lei pensa.

 

Ma dice solo

No, dai…vacci te al corso. Un altro per fare coppia lo trovi, dai. Poi sorride e spalma un altro po’ di crema al salmone. Proprio l’ultima, però, eh?

…

…

…

(by poetella)

 

 

 

 

ChetBaker – Over The Rainbow

 

 

 

 

 

.

 

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– senti ‘sto giochetto…

16 lunedì Set 2013

Posted by poetella in amore?, consapevolezza, cose piacevoli, desiderio, foto di poetella, giochi, le cose importanti, pioggia, quasi racconti

≈ 15 commenti

Tag

borodin

img_3916(foto di poetella)

.

– senti ‘sto giochetto

– mh?

– guardi la targa di una macchina che passa

– beh?

– se c’è l’iniziale dell’amore tuo…

– (…)

– guardi il numero vicino

– ok, beh?

– se è un uno…ti pensa

Camminano. Sta per cominciare a piovere

 

– se è un due, ti ama. E se è un tre, gli sei indifferente. Mi segui?

 

Si guardano.

– vai…

– se è un  quattro ti detesta!

– addirittura!

– e zitta! Senti. Se è un cinque…

– un cinque?

– vuole…

– vuole?

– beh…

– e parla!

– portarti a letto

 

Pioviccica. Aprono gli ombrelli

 

– se è un sei… ti amerà per sempre. Un sette, vi vedrete a breve. Un otto, è cotto…un nove, ha nostalgia di te. E uno zero…ti mette le corna!

– hai finito?

– oh yes!

– quanti anni c’hai te?

– cinquantaquattro.

– Ecco. Io, domani, faccio sessantuno

– beh?

– ma fammi il piacere, va! Scema!

 

Ridono. Camminano veloci. Piove. Quasi arrivate

– ma…

– che?

– vale anche per le macchine parcheggiate?

…

..

..

(by poetella)

 

 

Borodin-PetiteSuite-

 

 

 

 

.

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Stamattina, al solito, Buongiorno, gatto! E lui, niente…

03 martedì Set 2013

Posted by poetella in amore?, atmosfere magice, camminare guardando, consapevolezza, cose consolanti, diario, foto di poetella, gelosia, la forza dell'amore, quasi racconti

≈ 12 commenti

Tag

cauto, micio, monteverdi, ombra, orfeo

20130726_090820(foto di poetella)

 

 

Stamattina, al solito, Buongiorno, gatto! E lui, niente.

Era presto. Prestissimo. Bello andare in giro così presto! Un’arietta fresca, frizzante. E un cielo! Dio, che cielo!

E lui, accoccolato molle nel vascone dove hanno tagliato la yucca. All’ombra. Occhi semichiusi.

M’ha appena guardata. Forse con un occhio solo. E niente. Neanche un Miao…

 

Allora s’avvicina quell’altro, il grigietto. Faccetta carina. Compatto. Deve essere parecchio giovane. Pare non avesse più paura. Cauto, comunque, s’avvicina. Una zampina dopo l’altra. Lento.

 

Io, Bello micio! Vieni qui…buongiorno micietto bello. Vieni, dai. Ferma ferma per non farlo fuggire. È nuovo del condominio. Ancora un po’ guardingo.

 

Lui con la zampetta sinistra sollevata, immobile. Occhietti nei miei occhi. Fissi.

Bello, proprio bel musetto.

 

Ed ecco che, guarda un po’, potenza della gelosia! Sua maestà il micio nero salta giù dalla  sua postazione, elegante, elastico, sinuoso e viene a strusciarsi sensualissimo contro le mie gambe. Nude.

Senza calze, ché ancora è caldo.

Senza pantaloni, ché non li porto mai. O quasi.

Bene. E’ scattata l’operazione gatto.

 

E dunque…meditate, gente. Meditate!

…

…

…

(by poetella)

 

 

 

Monteverdi – Toccata Orfeo

 

 

 

 

 

 

 

 

.

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Il tempo a loro disposizione probabilmente …

21 domenica Lug 2013

Posted by poetella in amore clandestino, amore?, assenza prersenza, atmosfere magice, Bellezza che salva, consapevolezza, crescere con l'amore, diario, foto di poetella, Grossman, la forza dell'amore, le cose importanti, quasi racconti

≈ 14 commenti

Tag

imparato

gabbiani(foto di poetella)

 

 

Il tempo a loro disposizione probabilmente era quasi agli sgoccioli.

Quanto?

Mesi? Un anno. Due?

Quanto era il tempo, tutto il tempo che sarebbe stato loro concesso, ancora?

Quanta vita sarebbero riusciti a condensare, a bruciare fino allo spasimo, tutta serrata nelle ore che restavano?

Ogni minuto era stato vissuto così. Da sempre.

Dall’inizio. Tutto concentrato, contratto nel poco tempo disponibile.

Forse questo il segreto di quella medicina che era arrivata al posto che doleva, sanandolo.

Forse questo il segreto del loro ritrovarsi sempre accesi, affamati. Gonfi d’attesa.

Bombe innescate, programmate per esplodere.

 

Sì può vivere esaltati ogni istante se si sa che ci sarà un susseguirsi d’istanti, ore, mesi, giorni, anni, ancora. E ancora?

 

Loro non volevano questo. Non l’avevano mai chiesto. Mai richiesto.

Sì, all’inizio lei, forse, s’era spaventata della fine. Aveva protestato, sperato in proroghe, aveva anche pianto nella paura del mostro che si sarebbe materializzato, un giorno. Dell’addio.

Ma poi, poi, no. Poi no.

 

Aveva imparato da lui. E lui da lei, che quello che volevano era esattamente quello che avevano.

E sapevano, avevano saputo ottenerlo. E conservarlo. Erano stati bravi.

In un libro lei aveva letto “…forse non gli ha insegnato nulla, sì è limitata a soffiare via la polvere da un testo antico chiuso dentro di lui”* e aveva scambiato i pronomi. Poi li aveva rimessi a posto.

Lei, lui. Insegnare, imparare, soffiare via.

Scoprire il nocciolo della loro vera natura.

Esternarsi senza ombre.

 

“ci lasciamo sempre con un seme di desiderio. E lui germoglia” aveva detto lui.

Ma avrebbe potuto dirlo anche lei.

E quando finirà, finirà.

“bello come in sogno o come nei templi indiani”* così era, per loro.

 

E quando finirà, finirà.

…

…

…

(by poetella)

 

 

*da “Col corpo capisco” di David Grossman

 

 

.

Oblivion – Piazzolla

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a proposito di eros…(ri-post)

22 venerdì Mar 2013

Posted by poetella in amore?, Antonio Moresco- La lucina, atmosfere magice, Bellezza che salva, foto di poetella, hard..., passione, quasi racconti, vecchie mie...

≈ 10 commenti

Tag

amore, antunes, passione, viso d angelo, zitto

l'isolaridotta

(foto di poetella)

Ascolta poetella

   – Che poi, vedi, quando lo leggo, quando leggo questo Antunes,

questo gigante, questa fucina che rimischia  stupori, meraviglie, emozioni continue e ti porta in alto, in alto come un ascensore puntato dritto verso Marte, o Andromeda, o che ne so.

Mi guardi, bellissimo? Non mi guardare così, dai, zitto. Stammi a sentire.

Gira quei tuoi occhi d’oceano, che annego, non riesco a continuare, mi perdo, m’invischio nell’acqua azzurra del tuo sconfinato, travolgente desiderio acchetato.

No. Zitto. Fermo. Lasciami dire.

Quando leggo questo Antunes,

che sto lì appesa a quelle parole che si snodano compatte, come una collana di pietre dure e cristalli di rocca e ogni tanto brilla una perla e ogni tanto c’è una scheggia d’ossidiana nera nera e poi magari, c’è un sasso. Sì, un sasso che si stacca dalla collana e ti colpisce il cuore, te lo ferisce, ci fa un buco fondo che ci va a finire dentro tutto il mondo e il mondo si slarga e si schiara e t’avvolge e ti tira via e si espande dentro di te come un lago, come un mare, come…

 

Fermo.

Stai lì. Non ti girare. Resta immobile.

Lasciami parlare mentre guardo questo tuo profilo perfetto di Endimione addormentato, questo tuo petto che respira regolare e brilla nella luce rosata di tramonto e la tua mano gioca con la mia coscia come se lisciasse la sua gatta preferita. Buono. Lasciami parlare, mentre guardo i tuoi capelli d’argento lunghi e lisci sparsi su questo lenzuolo azzurro come un’aureola attorno al tuo viso d’angelo caduto.                   

 

Quando leggo questo Antunes

che mi dimentico di tutte le meschinità e anche le meschinità diventano splendori, certo, fasti di questa nostra piccola, umana vita di mortali che vorrebbero parlare con gli dei, e penso che fortuna, cazzo, che ho trovato questo che scrive ‘ste cose qui e lo aspettavo da una vita e mai, mai, mai, mai avrei pensato, mai penserò di trovare un altro, no vedi, mai ci sarà per me un altro, impossibile un altro

 

che fa l’amore come te.

 

 Ridi? Non ridere, dai. Baciami, adesso.

…

…

…

(by poetella)

 

 SAM_0014

 

 

 

 

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Ma no, papà, dai, lascia perdere…

26 martedì Feb 2013

Posted by poetella in basta!, consapevolezza, crescere con l'amore, diario, figli, indipendenza, le cose importanti, libertà, padri e figli, papà, poesia, quasi racconti

≈ 15 commenti

Tag

delusione, papà, politica, ti ricordi

bandierarossa

(foto dal web)

 

Ma no, papà, dai, lascia perdere.

Dimmi di zia Nena, invece. È venuta a trovarti, ieri, no? Vecchia, dici? Vecchia vecchia?

Tutta storta come un disperato ulivo di collina. Solitario.

I  capelli, neri? Ma dai! È la tinta.

Ma sì, mi ricordo che mani aveva. Belle. Suona più?  No, eh?

 

Ma no, dai, non mi va. Non mi va di parlare di politica.

Dimmi di zia. Pure io, ti ricordi che mani. Eh, adesso, pure adesso, ma va!…

 Ma sì, guarda come s’è storto l’indice. Sì, sì, altro che.

Ma dimmi, dimmi di zia. Ah, non suona più. Perché? Non la sente nessuno!

Ma che si suona per farsi sentire?

Si suona per sentire la musica che riempie la casa, che scivola per tutte le stanze, che s’arrampica sui muri ed esce in balcone e vola via, come una rondine.

 

Papà, e dai. T’ho detto che non mi va di parlarne, dai. Niente politica, si?

Poi, a che serve?

Noi non ci siamo mai, no, mai capiti. Mai stesse idee. No? Sbaglio?

Che parlo di politica, adesso? Non mi va di litigare, papà.

E poi, poi tu che ne sai di politica.

Ancora a dirmi non avrai mica votato per i comunisti?

Solo tu e qualcun altro a parlare ancora di comunisti.

 

Papà, che fai, poi? Mi sequestri ancora la radiolina?

Non ce l’ho più quella che mi sentivo in cameretta, partigiana in tono minore, nel buio della casa addormentata,  nel tepore delle mie speranze ammantate di notte e di sogni e di voglia di libertà.

Me l’ascoltavo fino a tardi tardi, mentre tu dormivi stanco del tuo primo, del tuo secondo, del tuo terzo lavoro e dell’aiuto che davi a casa a mamma e mamma, stanca d’essere stanca, dormiva il sonno della bella col principe che pensa a lei. A lei, tutti sì. Solo sì.

 

Non me la puoi più sequestrare la radiolina che, senti questa che cosacce si sente, tutte parolacce di comunisti! dicevi a mamma costernata, che prendeva il rosario come una spada, come un amuleto scaccia maligno. Via il diavolo da casa mia!

E io, piccola prigioniera politica, eroina senza esercito da guidare, senza rogo da sfidare.

 

No, papà, non mi va di parlare di politica. Oggi. Con te.

Oggi che tra noi s’è tutto acquietato, come un lago dove il mostro s’è immerso, l’acqua ha ribollito un po’ e tutto s’è ricomposto. Tutto s’è fermato.

 

E poi, papà, che parlo a fare con te che ancora dici che Lui! Lui  che vi faceva venire in Italia, giovanetti a fare le gare tra tutti giovani e belli.

Voi, dalla Libia in Italia, sulla nave, piccoli piccoli e felici! Lui grande uomo. Papà! Ma che ne sai tu?

Dimmi di Patrizia, invece. Quand’è venuta a trovarti? Ieri? L’altro ieri. Ingrassata!

Più grande di noi? Due tre anni? Ma che! Quindici giorni. Sì! Solo quindici. E  lo so che sembra più vecchia. Siamo noi che sembriamo più giovani.

Abbiamo preso da te, papà. Papà bello!

 

Lo vuoi un tè?

Stai bello calduccio con la copertina sulle gambe?

Dai, lasciamo stare la politica.

Oggi no. Non ci voglio pensare. No. Oggi no.

…

…

…

(by poetella)

 

 

Pierangelo Bertoli. Eppure soffia

 

 

 

 

 

 

.

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Sai? gran tempaccio. Comunque, tutto sistemato. Scarta, posiziona, scarta, posiziona…

24 domenica Feb 2013

Posted by poetella in antiquariato, biografia..., diario, le cose importanti, pensieri sparsi, pioggia, quasi racconti

≈ 8 commenti

Tag

antiquariato, mercatini, pesci, piove

antiquariato

(foto dal web)

 

 

 

Sai? gran tempaccio. Comunque, tutto sistemato. Scarta, posiziona, scarta, posiziona.

Un bel lavoretto. Forse una mezz’ora, forse un po’ di più, non so.

Ero gassata. Elettrizzata dalla novità.

Curioso stare dall’altra parte del banco. Veramente curioso.

Un punto d’osservazione nuovo. Lo scorrere di un’umanità variopinta e differenziata.

A gruppi, a coppie, isolati e guardinghi. Pure coi cani in braccio.

 

Pesci nell’acqua di fiume. Prede facili, apparentemente. Oppure no.

L’amo pronto.

Ma poi, che strani soggetti.

Quel tipo col cappelletto calcato sulla fronte. Passa una volta, guarda. Fa il giro dei banchi. Ripassa.  Sparisce. Poi, rieccolo, le mani in tasca.

Guarda, s’avvicina circospetto. Avesse paura? Mica mordo!

Non osa. Se ne va ancora. Torna. Tira fuori una lente. Prende una miniatura.

Mi guarda. Zitto.

La gira, vede il prezzo. Molto accattivante. La posa. Se ne va. Nobel per la decisionalità.

 

Che diavolo vengono a fare, che piove pure.

Se vuoi comprare, compra. Se no, stattene a casa a vedere la tv, no? Co’ ‘sto tempo!

E i pesci scorrono a flussi regolari.

 

Aspetto, sorrido e guardo.

E quella tipetta, tutta tremolante, quanto chiede per questo quadretto? dice.

Glielo dico. Lo tiene in mano. Lo scruta. Bello, dice. Lo posa. Sorride.

Prende una collanina di cristallo di rocca. Gusti eterogenei. E questa? fa.

Glielo dico.

La guarda, la gira, la rigira.

La posa. Sorride. Se ne va. Al banco vicino si mette a guardare delle federe. Neanche ricamate.

 

E il flusso continua.

E dire che io, se vedo una cosa che mi piace chiedo il prezzo, e c’era il prezzo tra i miei oggetti! Cavolo se c’era! Io, se vedo una cosa che mi piace,

io la prendo, la cosa che mi piace, se c’è il prezzo.

A volte, pure se non c’è.

 

È così raro trovare una cosa che piaccia.

Perché farsela sfuggire?

Valli a capire questi tipi.

È uno strano popoli di indecisi. Saranno così in tutte le questioni, mi sa. Brutt’affare.

 

Via, qualcuno c’è stato, deciso. Anche conoscitore. Ho venduto.

E sono stata contenta che si capissero gli oggetti. Gli oggetti hanno una vita propria.

Lanciano gridolini. Richiami cifrati.

C’è chi sa rispondere al richiamo e chi neanche sente.  Peggio per loro. dico io.

Parecchia gente si perde il bello proprio per sordità.

Sarà che io sto sempre con le orecchie dritte come un segugio. Una bestiola selvatica.

 

Siamo diversi.

Dice che è la crisi. No. È un modo di essere.

Se non vuoi comprare che vieni a fare in posti così? Vattene a spasso, dico io, no?

 

È che molti manco sanno cosa vogliono. Credo.

Manco sanno se vogliono qualcosa. Sperano di farsi venire un’idea per osmosi.

Ma le idee, o ce l’hai o non ce l’hai. Dico io.

 

Bah! Io ce l’ho. Il resto, affari loro, no?

…

…

…

(by poetella)

Il Volo del Calabrone- Nikolaj  Andreevič  Rimskij – Korsakov

.

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Che poi, appena uscita da scuola…

18 lunedì Feb 2013

Posted by poetella in amore?, assenza prersenza, atmosfere magice, diario, felicità, foto di poetella, musica, quasi racconti, ricordi di scuola

≈ 32 commenti

Tag

amore, ricordi di scuola

SAM_0116(foto di poetella)

 

 

Che poi, appena uscita da scuola, le due e cinque, un solicello!

Che gradevole sensazione. Libera, col solicello! Ed ero così contenta. Che all’ultima ora, la seconda D, un miracolo! Quell’esperimento, quello del giardino se fate i buoni, porca miseria, funziona!

Che ero entrata in classe, una baraonda, urla e confusione, e la prof della quinta ora che urlava pure lei, seduti! Zitti! Fermi! E quelli niente. Un fiume in piena. Le rapide. Scrosci di rumore e movimento. Urla da squartamento di capretti. Onde concentriche di mulinelli inconsulti.

Un anticipo di girone infernale, che, pure se non esiste, una vaga idea di come sarebbe se sì te la fai!.

Comunque entro. E mi vedono. Eccola, zitti! E zitti! Ma volete stare… e zittiiiiiiii! urlava qualcuno dei più saggi. E piano piano, che la collega intanto usciva, piano piano, era parecchio stupita di quella metamorfosi, piano piano, tutti zitti.

Tutti seduti, poi di nuovo in piedi a guardarmi. Certe faccette. Che la collega m’ha guardato e il viso era  di una che pensa ma come cacchio fai? E io, lo so io come faccio, pensavo.

Dagli  un obiettivo, ma che sia un obiettivo valido, no i soliti in negativo, tipo note, tipo sgridate, tipo ti mando dalla Preside, tipo telefono a casa tua…e quelli…

Ecco.

Insomma, una lezione, dall’una e cinque alle due, che mi pareva di stare all’Università.

Tutti attenti.

Poi, al lavoro. Tutti a disegnare. Che uno, verso la fine dell’ora, uno di quelli che non facevano mai un cacchio, di solito, solo confusione, quello mi fa Professorè, ho finito tutto e pure quei disegni dell’altra volta che  l’non avevo finiti.

Porca miseria!

Che qualcuno, prima, m’aveva chiesto Che possiamo sentire la musica con le cuffiette mentre disegniamo? Ma certo che potete! Disegnare con la musica è bello. Io mi metto sempre la musica a casa, mentre scrivo. Aiuta. Concilia.

 

Tutti co’ le cuffiette a sentirsi le loro musicacce, ma intanto disegnavano. Zitti e buoni. Che alla fine dell’ora ho messo a tutti una nota di merito da far firmare a casa, con la mia firma che se no a casa non ci credevano!

Fantastico!

Poi, esco e quel solicello.

Ma chi sta meglio di me, ad aspettare il 444 che  mi riporti a casa, morta di fame e contenta.

Contentissima, così contenta che, a un certo punto, mentre sull’auto leggevo il libro che mi porto sempre dietro, per quando sto sul’auto che se no mi scoccio, insomma, mentre leggevo quel libro delizioso, spassoso, rilassante ero così contenta che ho pensato, e mentre lo pensavo mi sa che ho fatto Ammazza! Insomma, ho pensato che era più di un’ora e mezza che non pensavo a te.

Capisci?

Bell’affare, no?

…

…

…

(by poetella)

 

 

 

Arcangelo Corelli. Opera Terza. Sonata II in Re maggiore

 

 

 

 

.

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Che poi, ogni tanto, ci penso…

16 sabato Feb 2013

Posted by poetella in amore?, assenza prersenza, biografia..., desideri..., diario, fiabe, foto di poetella, Hymne à l' Amour...., le cose importanti, musica, poesia, quasi racconti, un nuovo romanzo.

≈ 32 commenti

Tag

amore, racconto, romanzo, una storia molto importante, voglia di scrivere

IMG_1422

(foto di poetella)

 

 

Che poi, ogni tanto, ci penso.

Ci penso che sì, la vorrei proprio scrivere ‘sta storia.

Tutta. Dall’inizio.

Che poi penso ma a chi gli frega di questa storia?

Chi potrebbe mai essere interessato a leggerla.

Sì, va be’, mi dico, una storia è una storia.

 

Poi uno, magari, ci si ritrova. Che ne sai? che è questo il bello delle storie scritte, no?

E poi, però, ma come la scrivo, mi dico.

Scrivo proprio tutto?

Dall’inizio?

 

Scrivo come è cominciata e tutto quello che è successo, in fondo sono quasi cinque anni.

È un bel periodo. Ci verrebbe proprio giù una bella storia. Magari un racconto breve.

O  lungo. O un corto romanzo.

O magari pure lungo, se ci metto proprio tutto. Anche  senza inventare niente.

Ma ce lo metto come?

Potrei fare che sono io che racconto. Ma a chi?

Ecco, potrei fare come quello splendido libro di Antunes, sì, In culo al mondo, che lui racconta  a quella tipa che non parla mai. Ma si capisce che quella ascolta. Si capisce da quello che scrive lui.

Che lei non sa niente perché si sono conosciuti in un bar, tutti e due con la voglia di ubriacarsi. Tutti e due maledettamente soli.

Ma io non ci vado nei bar ad ubriacarmi. Per adesso, per lo meno.

E allora?

Che faccio? Scrivo che incontro un’amica che non vedo magari da dieci, quindici anni, che riciccia per qualche strano intruglio del destino e vuole sapere. Lei.

 

Ecco. Ci troviamo e io le racconto. Tutto.

Da quando ci siamo lasciate a quello che ho fatto, chi ho conosciuto e piano piano, arrivo a lui.

Lui!

E butto fuori tutto.

E quella ascolta. Zitta. Magari ogni tanto le faccio dire qualcosa. Ma  no a lei. Lo faccio capire che dice qualcosa. Io le so fare ‘ste cose.

Potrei fare così.

Poi ci potrei ficcare anche altro, pensierini, considerazioncine, sì, insomma, qualche svolazzo poetico. Tutta la mia rinnovata, oppure no? Ma sicuro che s’è rinnovata? O era già tutta così? Boh!

Beh, tutta la mia filosofia di vita.

Magari verrebbe fuori una bella cosa.

Che ne so.

 

Ci penso, ok?

Poi, vediamo.

…

…

…

(by poetella)

 

 

An Affair To Remember

 

 

 

 

 

 

.

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Insomma, ancora una volta…

15 venerdì Feb 2013

Posted by poetella in amore?, assenza prersenza, atmosfere magice, attesa, Bellezza che salva, diario, felicità, musica, poesia, quasi racconti, voli d'uccelli

≈ 6 commenti

Tag

allegria, amore, claude debussy, il cielo, poesia, suite bergamasque

este_10181702_17340

(foto dal web)

 

 

Insomma, ancora una volta.

 

Esco che è da poco passata l’alba.

Ha lasciato, distratta, veli rosa e lilla in cielo. Come una fata un po’ smemorata.

Giovane, magari.

Come sempre, guardo su. Il cielo.

La linea obliqua del cornicione dell’alto palazzo alle mie spalle.

Il portone che rimbomba nel chiudersi,

la linea obliqua, su in alto, costellata di antenne paraboliche

che m’appare come il coperchio di un grosso pentolone sollevato solo un po’

e fuori come un vapore, rapido, dilagante, a ventaglio

un’orda, un’onda, un fiotto

di piccoli punti mobili che appanna il cielo.

 

Migliaia, sincronici e veloci.

Migliaia e migliaia. Un flusso inesauribile.

Quanti!

 

Ho sorriso stordita.

Naso in su, mica guardavo sotto i passi. A rischio.

 

Una strana, sempre stupefatta felicità, a quella vista.

Un’allegria. Una voglia di correre dietro a quella fuga felice

 

E ancora non sapevo che avrei trovata una tua mail, di lì a poco.

Pensa te.

 

Adesso aspetta tu, però. Solo un po’.

…

…

…

(by poetella)

 

 

 

 

Suite bergamasque, for piano, L. 75- No. 1, Prelude.Claude Debussy.

 

 

 

 

 

 

.

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Niente. Le note. Le note sul diario…

07 giovedì Feb 2013

Posted by poetella in a scuola, amore?, atmosfere magice, attesa, biografia..., Brian Eno, crescere con l'amore, Fabrizio De Andrè, foto di poetella, le cose importanti, libertà, musica, quasi racconti

≈ 19 commenti

Tag

a scuola, amore, bestemmie, comprendersi, libertà, pallone, parolacce

IMG_3776ridotta

(foto di poetella)

Niente. Le note. Le note sul diario, sul registro di classe. Niente.

 

Incarogniti, urlanti, rabbiosi, ringhiosi, sfacciati, spacconi, arruffoni,

anime graffiate senza amore.

 

Le ammonizioni del dirigente scolastico. Le sospensioni.

Con l’obbligo di frequenza. Lavori socialmente utili. Ripitturare la classe.

Dipingere gli armadietti. Sistemare la biblioteca.

O  senza obbligo di frequenza.

Niente.

 

 

Il registro pieno di note a tutta la classe.

Telefonate a casa. Che non risponde nessuno.

La classe piena di scritte. I banchi scarabocchiati. Le note a questo, a quello. a quella.

Le femmine? Peggio dei maschi.

Cinque sospesi dall’inizio dell’anno. Ed è febbraio.

È carnevale.

È quasi primavera.

Niente.

 

Poi, l’idea.

 

Colpo fragoroso, classico, col registro, sulla cattedra.

Un boato per sormontare il fragore di fondo.

Trasalimento collettivo.

Sobbalzo.

Silenzio. Si sente fuori, incessante, la pioggia.

 

Vi devo fare una proposta, ragazzi. E scusate per il botto. Ma.

 

Guardano. Si guardano. Mi guardano.

Che è? Dice qualcuno. Gli altri zitti. Già è un miracolo. Quasi.

Mi guardano. Aspettano.

Ok, parlo.

 

Se per tutto un mese, tutto un mese,  vi comportate da persone civili, per tutto un mese, senza urla, senza botte, senza prese in giro, senza dispetti, senza corse per la classe, senza lancio di astucci, cartelline, senza lancio di sedie, di banchi, di cappotti, di ombrelli. Senza foto ai sederi delle ragazze. Senza bestemmie. Senza parolacce. Senza pantaloni abbassati ai compagni.

Tutto fermo per un mese e lavoro. E impegno…

 

Silenzio…

Beh?fanno, quasi in coro.

 

Alla fine del mese si va per tutta l’ora, un’ora intera, tutta l’ora di lezione, in giardino.

Ce l’avete un pallone?

 

Coro esteso, una mitragliata di sìììììììììììììììììììì!

 

Ci state? Proviamo?

 

Un sì urlato, liberatorio, un tuono, uno scroscio di pioggia ad agosto, un fiotto di luce accecante tra le nubi.

 

Ok, proviamo. Vai!

…

…

…

(by poetella)

 

 

 

 

 

Brian Eno – An Ending

 

O un inizio?

 

 

 

 

 

.

 

 

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Ricordava benissimo come da …

29 martedì Gen 2013

Posted by poetella in attesa, biografia..., consapevolezza, crescere con l'amore, empatia, foto mie..., le cose importanti, padri e figli, pensieri sparsi, poesia, quasi racconti

≈ 30 commenti

Tag

crescere, femmina, Ricordi, toccarsi

IMG_2253

(poetella piccola)

 

Ascolta poetella

 

 

Ricordava benissimo come da bambina non tollerasse la vicinanza di altri corpi.

Foss’anche sua madre. Sua nonna, sua zia. Suo padre.

Il gatto.

Un’insofferenza. Uno sgusciar via al sospetto di un probabile contatto.

Si scostava, si contraeva cercando di ridursi di volume.

Pensava piano piano. Quasi non respirava.

 

Seduta composta su un divanetto, o nel vagone di un treno, quei vecchi treni con gli scompartimenti chiusi, lei piccola che poteva occupare anche mezzo posto, seduta si rimpiccioliva.

Scostava le mani, le gambe, le cosce. Sedeva più in  là, al limite dello spazio residuo.

Si vergognava. Vergogna o schifo?

 

Avrebbe voluto un limpido, incolmabile distacco.

Distacco.

Sterilizzazione dell’aria frapposta.

 

E vedeva cuginetti, cuginette strofinarsi addosso a nonni, zii, spalmarsi baci e braccia e gambe.

Invidiava? Difficile, adesso, dirlo. Forse.

 

Ma niente. Lei, sempre lontana. Imprendibile.

Non  sapeva, non sapeva proprio se le sarebbe piaciuto un abbraccio.

Inoltre non aveva proprio avuto modo di verificarlo.

Sua madre non l’aveva mai abbracciata. Eravate due, diceva per scusarsi. Non potevo abbracciare tutte e due. Perché no, poi?

Suo padre, non ne parliamo nemmeno.

Forse, se avesse avuto il tanto desiderato maschio, forse. O forse no. Neanche lui.

E sua nonna, sua nonna! I bambini non si abbracciano ché se no si viziano.

 

Con sua sorella faceva a botte. Da femmina, ovvio. E raramente.

Una tirata di capelli, una spinta.

Un altrettanto raro schiaffo.

Sfioramenti.

 

Il primo contatto a quattordici anni. Un ragazzo, alla sua prima festa. Ballando.

Una strana sensazione. Una voglia di serrare, fermare, trattenere. Scoprire. Trasalire.

Le era piaciuto.

Forse anche più che ai suoi cuginetti e cuginette.

Aveva scoperto di avere fame. Di corpi.

A quattordici anni.

 

Conseguenza inevitabile del prolungato digiuno. Forse.

 

Che poi, come si dice? L’appetito vien mangiando. No?

…

…

…

(by poetella)

 

 

 

 

 

 

 

.

 

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E mentre riponeva l’ultima …

27 domenica Gen 2013

Posted by poetella in attesa, basta!, Bellezza che salva, consapevolezza, desideri..., dolore che guarisce, foto di poetella, indipendenza, le cose importanti, libertà, musica, nostalgia, notturno, pazienza, quasi racconti, sigaretta

≈ 20 commenti

Tag

Calcio, desiderio di libertà, israel kamakawiwoole, rabbia, televisori, voglia di scrivere

cucina di notte

(foto di poetella)

 

E mentre riponeva l’ultima pentola, l’ultimo coperchio, ben asciugati che se no le goccioline, il calcare, l’opacità triste e scialba, mentre asciugava con energia il lavello d’acciaio, controllando ombre ed eventuali malinconie residue, dandoci dentro per vincere la battaglia della lucentezza assoluta,

mentre s’asciugava le mani  sperando per l’ultima volta, in quella giornata con quei suoni, quelle parole da due televisori in due stanze diverse, e in una era lei e doveva stare la e non poteva volatilizzarsi, nebulizzarsi, scomparire, evaporare, con quei discorsi che le trapanavano le orecchie di scialberie totalmente estranee al suo pensare, al suo sentire, mentre pensava che tra poco, finalmente si sarebbe seduta, avrebbe acceso la sua sigaretta e si sarebbe isolata da tutto quel ciarlare di palloni, azioni, scuse, esaltate urla per esaltanti azioni impossibile, ma poi possibili,

quel domandare di quanti punti, che postazioni in classifica, quello è un venduto, quello non ci capisce niente, ma perché non lo cacciano, tutti quei discorsi, e non mi venite a rompere le scatole che ormai è successo, tutti quei discorsi, io dico semplicemente che il discorso è molto particolare (ma che discorso? Ma quali discorsi?)

mentre si isolava completamente, ci provava almeno, da tutto quello che aveva fatto, sistemato, preparato, archiviato, congelato, riposto, ripulito, controllato, da tutto quello che non aveva fatto e avrebbe voluto fare

aveva pensato

 

oggi, niente leggere, niente scrivere, niente musica,  niente niente

mentre pensava così  aspirando lenta il fumo saporito della sua sigaretta serale, aveva concluso, ok! rimediamo.

Adesso si scrive. Ecco.

…

…

…

(by poetella)

 

Over the Rainbow – Israel Kamakawiwoole.

 

 

 

 

 

 

 

 

.

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Stamattina, sì? Ancora si pensava…

25 venerdì Gen 2013

Posted by poetella in amore?, assenza prersenza, atmosfere magice, attesa, Bellezza che salva, diario, empatia, foto di poetella, musica, notturno, pensieri sparsi, poesia, quasi racconti

≈ 17 commenti

Tag

alba, amore, amore vero, il cielo, musica, poesia

IMG_4912

(foto di poetella)

 

 

 

 

Stamattina, sì? Ancora si pensava… i lampioni!

Quando li vedo, esco presto la mattina, quando li vedo sono ancora tutti accesi.

Una ventina, nella piazza, li ho contati, poi quelli sulla strada.  Tutti accesi.

Aspettavo guardandoli appostata, camminando, aspettavo si spegnessero.

 

E poi, la gente. Frettolosa, distratta, certi a coppie, certi a gruppi, altri soli. Veloci.

Luce giallina dall’alto. Niente nebbia.

Belli, i colori.

Fondale grigio compatto leggermente bluastro, in lontananza, e quel giallo dall’alto.

Chissà come saranno state le città secoli fa. Prima dell’elettricità.

Chissà come saranno stati i colori della notte. Con le torce.

Tutti riflessi mobili, rossastri. Ombre tremolanti nere nere. Lunghe.

Bagliori improvvisi.

 

Chissà se ci pensa mai nessuno.

Ecco. Questo pensiero.

Chissà se ci pensa mai nessuno,

m’è venuto in testa come un folletto, uno scherzo. Un gioco.

Chissà se, in questo sconfinato pianeta accade mai che, contemporaneamente,

due o magari tre, via, quattro?persone, abbiano lo stesso pensiero.

Ma proprio lo stesso.

Formulato con le stesse frasi. Con gli stessi interrogativi.

Tutto sommato credo sia proprio impossibile.

 

Tuttavia, ci sono momenti in cui sento che tu stai pensandomi.

Una percezione quasi fisica. Tattile.

Ed esattamente come io sto pensando a te.

Con le stesse frasi.

Formulate nello stesso modo.

Sbaglierò?

…

…

…

(by poetella)

 

 

 

Oblivion – Piazzolla

.

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Quella avanti, un fagotto che piangeva in braccio…

30 venerdì Nov 2012

Posted by poetella in autunno, Chopin, consapevolezza, crescere con l'amore, diario, figli, foto di poetella, indipendenza, le cose importanti, mamma, paura di non amore, pioggia, quasi racconti

≈ 16 commenti

Tag

crescere, figli, madri, raindrop prelude chopin, senz'amore

IMG_3916ridotta

(foto di poetella)

 

 

Quella avanti, un fagotto che piangeva in braccio, borsone a tracolla, passo da conquista dell’intero sistema e lui


Mammaaaaaaaaaaaaa! Non ci riesco a correreeeeeeee!


dietro, un po’ zoppicando, piccolo piccolo, sei, cinque, no, forse sei anni, come ci si può sentire soli a sei anni? E dopo? Quanta paura? E dopo? Zainetto con le cinghie della tracolla rotte tirato su con una manina piccola piccola, bianca bianca, strusciava ora sì ora no a terra, spalla sollevata. Tutto sbieco.


Mammaaaaaaaaaaaaa! Non ci riesco a correreeeeeeee!


Un grido di colibrì ferito, spaventato, implorante pietà, forse perdono. Perdono di che?
Lei, niente. Dritta sparata otto, poi nove, poi dieci, undici, dodici passi avanti. Neanche una volta a fermarsi, a girarsi. Dura. La ruota della vita che schiaccia i sogni.
Lui, l’angoscia. Lo stupore. La rivelazione d’impotenza. Perso, disperato. impaurito. L’impatto con la crudeltà del destino.


Mammaaaaaaaaaaaaa! Non ci riesco a correreeeeeeee!


Lo zainetto strusciato a terra, trainato,  trascinato nel fango. Prime gocce di pioggia. Il passo un po’ più sostenuto, sempre zoppicando. Altre gocce. Tante gocce, grosse grosse.
Lei avanti. Sempre più avanti. Indifferente. Affaticata. Poi giù per la scalinata, tutta, poi le gambe sparite, la schiena sparita, la testa. Via. Svanita nel nulla, forse dietro il muro della metro. Dissolta. Ingoiata dal niente.
Lui, un orfano.


Mammaaaaaaaaaaaaa!


Non vedo i suoi occhi. Sono dietro, io. Sento solo quella sua voce. Gesso sulla lavagna.

 

Ecco. Smette di zoppicare. Accelera. Corre. Corre! Le scale. Sparisce dietro l’alto muro della metro.
Non lo vedo più.
Ma sicuramente, adesso sarà più grande. Mi consolo quando lo  penso.
Di un po’, almeno.
O forse no.


Apro l’ombrello. Meglio. Lui non aveva ombrello.

…

…

…

(by poetella)

 

Raindrop – Prelude – Chopin

 

 

 

 

.

 

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Ma dai! Ti ricordi un anno e mezzo fa…

24 sabato Nov 2012

Posted by poetella in amore?, biografia..., crescere con l'amore, diario, empatia, figli, inverno, le cose importanti, padri e figli, papà, quasi racconti, speranza, vecchiaia

≈ 15 commenti

Tag

amore, papà, ti ricordi, vecchiaia

(papà a 18 anni)

 

Ma dai! Ti ricordi un anno e mezzo fa?

Ti ricordi? No. Tu non ricordi più niente. Quasi. Non è vero. Ricordi, invece.

Ma solo sempre la stessa cosa. Quella storia che mi racconti tutti i sabati pomeriggio. Tutti i sabati pomeriggio la prigionia, e Zonderwater, e Ingrid, coi capelli rossi. E le salsicce nell’autoclave. 

E tutte quelle parole scritte a matita. Sei anni di diario. Che pure a te piaceva scrivere. Pure a te. Tutte cancellate. Via! Svanite per sempre. Come la tua memoria. Recente. Che io ti capisco, sa’?

Che c’è di bello da trattenere in questi tuoi giorni? Che fa se non ricordi cosa hai mangiato a pranzo. Che fa se non ricordi, col telefono in mano, cosa volevi dirmi. Perché m’hai chiamata. Che potresti mai dirmi adesso. Che ci sarà mai da dire, un giorno…chissà io che dirò quando…

No, non ci voglio pensare.

Ma, comunque

 dai! Ti ricordi un anno e mezzo fa?

Quando le gambe! Non sento più le gambe. Non ce la faccio a muoverle. Non camminerò più. Come sono ridotto! E io no! No! Ce la farai. Ed io a curarti, a coccolarti, come fossi mio figlio.

A vestirti, a spogliarti. Non t’avevo mai visto nudo, prima. A correre al tuo letto una, due, tre, quattro volte, la notte, come tanti anni fa, quando Giuli piangeva, piccolo piccolo, che non dormiva mai. A correre a massaggiarti le gambe, a massaggiarti il cuore. A portarti l’acqua con la cannuccia, che non ce la facevi a tirarti su per bere. In quell’agosto infocato. A cambiarti il letto con te sopra, piano piano. Sorridendo. A consolarti. A incoraggiarti, tu figlio e io madre.

A spronarti. A ridarti il sorriso.

Dai! Ti ricordi un anno e mezzo fa?

E poi seduto sulla seggiolina dello studio, con le rotelle. E poi, finalmente a mangiare in cucina, la seggiolina come una macchinina per casa. Come un tappeto volante verso i sogni.

 

E poi, quella volta in piedi! Ce l’hai fatta, sei in piedi! Ce l’hai fatta! Vedi che ce l’hai fatta e a ballarti attorno, a girare come una trottola, a saltare, folletto dei tuoi giorni, allegra come un cardellino a primavera!

E quei tuoi primi passi, piano piano, appoggiato a me. come farei senza di te, dicevi. Ma io ci sono.

E poi, quella volta, solo! Uno, due, tre passi. Solo! Battiamo le mani, cantiamo, balliamo! Ce l’hai fatta!

Dai! Ti ricordi un anno e mezzo fa?

Glieli abbiamo strappati alla Signora in nero tutti questi giorni! Abbiamo vinto noi, ancora noi! Dai…non ti scoraggiare. Ce la possiamo ancora fare, vedrai, papà!

 

Eccomi. Arrivo. A tra poco, papà mio!

…

…

…

(by poetella)

 

 

ChetBaker – Over The Rainbow

 

 

 

 

.

 

 

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Mi prende una gran compassione, dopo la rabbia…

23 venerdì Nov 2012

Posted by poetella in crescere con l'amore, diario, foto di poetella, le cose importanti, pensieri sparsi, quasi racconti, saggezza, silenzio

≈ 18 commenti

Tag

compassione, consapevolezza, luoghi comuni, pensieri sparsi

(foto di poetella)

 

  Mi prende una gran compassione, dopo la rabbia

per questi sedicenti esperti conoscitori dilettanti della psiche umana e magari anche di quella animale, o vegetale, o minerale (no, minerale no) che sputano sentenze a seconda del libro che stanno leggendo, che spacciano per illuminazioni assolute piccole mosche, ragnetti, formiche di pensiero che impacchettano con cura, confezionano con stracci di verità oltre tutto sindacabili e, ovviamente non assolute, non obiettive e dunque ancora non verità, che spediscono senza richiesta le stesse ove possano esser certi di avere, in fondo, l’applauso. Da se stessi. Bravi salvatori.

Quelle loro certezze conquistate per immersione in brodi di appiccicose palliative soluzioni d’eterni dubbi insondabili e insanabili.

 

Mi prende una gran compassione, dopo la rabbia

per questo loro pontificare dall’alto della loro piccola chiusa vita, piatta come la fessura sotto la porta, buia di cantina, di pozzo, di pertuso nella roccia, a spiare in tv quelle degli altri, a riempire il proprio vuoto ingurgitando senza masticare, senza digerire libri e libri come fossero oracoli taumaturgici. poi vomitandoli con gran fragore, libri che, diciamolo, ci fanno un po’ sospirare. E fare no, no, no! dondolando un po’ la testa. Malinconicamente sorridendo.

 

  Mi prende una gran compassione, una gran pena, dopo la rabbia

per quel loro urlare da folli saggezze da apprendista santone, col turbante e l’anello. A me che non so. Che non so di. Che so di non, comunque.

Che non mi permetterei mai di.

 

Ma forse sono io che.

E poi una cosa è certa: si scocciano a sentirci parlare della nostra felicità.

 

Quindi stiamocene zitti. Meglio, no?

…

…

…

(by poetella)

 

 

 

Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov – Il Volo del Calabrone

 

 

 

 

 

.

 

 

 

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Il gattino bianco e rosso, sì…

08 giovedì Nov 2012

Posted by poetella in amore?, assenza prersenza, atmosfere magice, crescere con l'amore, foto di poetella, gelosia, le cose importanti, poesia, quasi racconti

≈ 2 commenti

Tag

amore, gatti, gelosia, poesia

(foto di poetella)

 

 

Ascolta poetella

 

 

 

Il gattino bianco e rosso, sì,

me lo sono adottato, raccontava.

Veniva sempre. E miao, miao, miao. L’ho tenuto.

 

E lei lo  guardava, lo guardava senza perdersi un millimetro di quella meraviglia.

Armonia,  proporzioni, la più riuscita incarnazione di un’opera di Policleto. Ecco.

 

Il gattino bianco e rosso, sì,

l’ho pure portato dal veterinario per, sai com’è, no?

Vedessi il grigietto!

E parlava, parlava, raccontava di storie, morbidezze e gelosie. Dispettucci.

 

E il gattino bianco e rosso, piccolo piccolo,sempre dietro, diceva. Nuovo. Zampettante. E il grigietto vedessi! Si spiana sul dondolo. Mio, dice! Si spiana tutt’attorno alla ciotola.

Il bianco e rosso mi guarda. Mica mangia. Solo se gli sto vicino. Ha paura.

 

E lei, gli animali! Diceva. Anche loro, la gelosia! E scuoteva piano la testa.

Anche loro gelosi. E sì che la gelosia è un sentimento, diciamo, evoluto. Presuppone un progetto per il futuro, diceva e intanto gli passava una mano sul petto. Carezzando. Lieve lieve, come un vento. Zampette di gatto. Intanto  gli poggiava la testa sulla spalla.

Ma no! Diceva lui. Non è progetto. Non c’è progetto. È del momento che sono gelosi. Di quello che do a uno, negando, credono, all’altro. È del presente che sono gelosi. Diceva e sorrideva, il braccio attorno alle spalle di lei, l’altro dietro alla testa. E ogni tanto la guardava, annegandola di azzurro.

È tanto carino, festoso, quel gattino, sai?

E lei, guardandolo, faccetta da monella, lei, E io? Di che colore sono? Quale gatto sono io?

 

Lui l’aveva guardata, allora, sorridendo. Poi, piano piano tutti e due avevano smesso di sorridere.

Continuando a fissarsi.

Sguardi profondi. Sguardi che scendevano fino al fondo più fondo di tutto il mondo.

Azzurro nel verde.

Fusi.

Sguardo che macchia l’anima.

 

Forse, e dico forse, si stanno ancora guardando così. Lontani.

..

…

…

(by poetella)

 

 

 

 

 

.

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Mai una volta che …

22 lunedì Ott 2012

Posted by poetella in amore?, autunno, biografia..., consapevolezza, da Amori Amari, foto di poetella, le cose importanti, malinconia, morte, musica, pensieri sparsi, poesia, quasi racconti, vecchiaia

≈ 20 commenti

Tag

fine di un amore, ti ricordi, tristezza

 

(foto di poetella)

 

Ascolta poetella

 

 

– Mai una volta che dicessi Ti ricordi quando…

 

                 E io penso Ricominciamo con questa storia. Dei ricordi. Vivi di ricordi. Proiettato rigidamente verso un passato che ti colori e ricolori come ti pare.

Lo spolveri e lo lucidi stropicciando la memoria.

E io lo vorrei annullare. Via. Spazzare via tutto. Eliminare e riscrivere come su una lavagnetta. Un colpo di cancellino e via.    

       

             – Mai una volta che dicessi Ti ricordi quando…

 

 

                    e non è vero, dico. E invece è vero, penso. Non mi piacciono quei ricordi che piacciono a te, penso. Troppi sbagli. Troppe sviste. Non mi conoscevo. Quante stupidaggini. Abbagli. L’amore. Non era amore. Adesso lo so cos’è l’amore. Quello che non chiede. Non si abbarbica. Non ha bisogno di. Adesso lo so.

E poi, dai, dai! L’altro ieri, quando ci siamo incontrati a Piazza del Popolo, mi sono ricordata, invece.

                           Si, mi sono ricordata di quella volta che ci siamo visti per andare da Cohen. Certo, dopo l’ufficio. Ti ricordi? A via Margutta. Che tu m’hai detto Che bella che sei. Dieci? Venti, trent’anni fa. Non mi ricordo. Ma Che bella che sei! Sì, quello sì.

 

                               Ecco. Ti ricordi anche tu. Lo vedi allora che mi ricordo?

E non dire Non me l’hai detto che ti sei ricordata.

Mica si deve dire sempre tutto. Si consumano le emozioni a parlarne tanto. Parli, tu parli, parli. Consumi tutto come un fuochetto perenne. Che non illumina niente. Non scalda neanche le mani, figuriamoci il cuore.

 

             – Mai una volta che dicessi Ti ricordi quando…

 

            Lo so, sai. Tu sei affezionato solo al passato. Il presente non conta. L’adesso. Adesso che vuoi che ci si possa ricordare, dici. Siamo vecchi. E allora? Mica puoi far brillare l’adesso solo con la luce dei ricordi. Non si accendono più. Non rinasce quel tempo a ricordarlo. È appassito. S’è fatto amaro.  S’è fatto vecchio pure lui e i ricordi. E ognuno ha i suoi.

E anche quelli comuni, sei proprio sicuro che siano gli stessi? Che sia lo stesso, la stessa emozione che ricordiamo? Sicuro?

Io no.

 

                       E non stare la seduto, col giornale davanti. In pigiama. Mentre aspetti chissà che, chissà cosa, ancora. Che si svegli il drago del passato, il drago che non dorme, sai? non dorme.

È morto. Morto e sepolto sotto una gigantesca, insormontabile montagna, una frana di Ti ricordi, che non voglio ricordare.

                   E non mi dire Sta un po’ qui. Fermati. Ché io ho da fare.

Sempre. Non posso stare mai ferma. Mai ferma  un attimo per non pensare ai Ti ricordi? che non mi voglio ricordare, che non mi piacciono più.

 

                             Figli illegittimi che ripudio, scaccio via col dito puntato verso l’infinito, e lo sguardo inquieto, aggrottato, la ruga sulla fronte più fonda, più amara, Vattene via ricordo. Che io ho da fare.

Faccio tutto io, qua. Ho da fare. La casa, la spesa e la cucina e la raccolta differenziata e il bucato e il balcone e la gelata che quest’inverno s’è portata via tutto, e il cambio di stagione e il cambio d’espressione su questo viso che deve fingere come a teatro e certe volte gli viene meglio e certe no. Come a teatro.

No, non mi posso fermare. Mi scoccio a stare ferma.

Mi annoio. Ma niente, non te lo dico, sai? non lo dico che mi annoio a morte con te. E i tuoi ricordi. Non dico niente. A che servirebbe. Strofino il lavello come fosse la mia vita. Per farla tornare a brillare. Vergine. Nuova.

 

             – Mai una volta che dicessi Ti ricordi quando…

 

                 E dici Se muoio, per te non succede niente.

Ma la pianti con questi discorsi del cazzo. Muori. Ma che muori. Noi siamo già morti, finiti, sotterrati sotto strati di uffa, di ancora, di sempre, sempre, sempre lo stesso.

Dio, sempre lo stesso! Mai niente che si rivolti, che si ribalti, che dia una vibrazione a quest’aria stagnante e ammuffita. E chiudi sempre le finestre. E io le apro. Ma resta tutto lì. Puzza.

E dici Domani ritiro le lastre. E se muoio?

 

                          Se muori lo sai che faccio?

Vendo tutto. Butto tutto. Porcellane, mobili, quadri, tappeti. Impicci vari. Svuoto casa.

E non dire Tutto? No, dai. Tutto no.

E non ti alzare, non mi venire vicino. Non mi  prendere le mani. Che sono bagnate. Non me le stringere.

Che tanto se muori butto tutto, sa’. Butto tutto lo stesso.

                  Lascio solo il letto. I mobili di cucina. E tappezzo casa di scaffali per metterci i libri. Il resto via. Tutto via. Aria.

 

             – Mai una volta che dicessi Ti ricordi quando…

 

No. Non lo dico Ti ricordi quando. Butto tutto con tutti i ricordi appiccicati come mosche morte, incollate, spiaccicate, cancello tutto lo spazio e lo ricreo. Vergine.

 

                   Lascio solo il letto. I mobili di cucina. E tappezzo casa di scaffali per metterci i libri.

 

Coi ricordi degli altri. Che fanno meno male, distolgono, accomunano e consolano un po’, senza dolore. Ecco.

…

…

…

(by poetella)

 

 

 

 

–

 

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ripescando…

17 mercoledì Ott 2012

Posted by poetella in amore?, atmosfere magice, crescere con l'amore, emozione, fiabe, foto di poetella, le cose importanti, poesia, quasi racconti, un nuovo romanzo.

≈ 7 commenti

Tag

il mare, primo amore, ragazzi, voce bella

(foto di poetella)

(riordinando un po’ appunti per…un nuovo romanzo: “La vita nel telefono”..ma mica lo so se poi il titolo…beh, vedremo)   

————————————————–

Sergio aveva gli occhi azzurri.

E lo sguardo sempre aggrottato.

Forse perché era miope. E gli occhiali, al mare, proprio no.

Quindici  anni e le gambe lunghe e magre. E le spalle larghe come una statua di Donatello. Giovane, bello e fiero.

                                  Suonava la chitarra. Bene. Benissimo. Alla spiaggia, il pomeriggio, c’era sempre un crocchio, attorno. E lui suonava.

Laura se lo guardava di nascosto Madonna che bello che è, e se lo sognava la notte.

E anche il giorno, pure quando c’era, sempre se lo sognava.

                               Lui suonava e lei spingeva i piccoli seni in fuori, nel costume rosso, piccolo piccolo, mentre cantava, con davanti il mare. Ma mica lo faceva apposta.

O forse sì.

E gli guardava le mani. E gli altri non c’erano.

C’erano, ma non c’erano.

E lui si guardava le mani, sulle corde della chitarra.

Come se non sapesse dove metterle. Le mani. Ma lo sapeva, invece. Per questo le teneva sulla chitarra. Solo che.

Quindici anni.

Ogni tanto si sbirciavano. Poi di nuovo a guardarsi le mani.

A toccarsele con gli occhi.

                                   E lei cantava, voce bella, e i capelli glieli muoveva il vento, lunghi lunghi e neri e lucidi. C’era da perdere la strada a seguire quelle oscillazioni. A star dietro alle ciocche leggere. Lacci che annodavano pensieri.

E scioglievano desideri.

Ogni tanto lui tirava su la testa. Era come un tuffo in acqua, dall’alto.

A mani unite.

E sarebbero voluti scappare via.

No. Restare.

No. Sparire.

Sprofondare nella sabbia.

Dissolti.

Insieme.

                          Respirava fondo Laura, e quei seni piccoli si gonfiavano ed era peggio.

Lui si guardava le mani e sbirciava i seni. E arrossiva.

Suonava, sguardo aggrottato, tutto rosso e zitto. La testa di nuovo bassa.

Guardami, guardami che suono per te.

E l’aria attorno era tesa. Tutto era teso e il sole scottava ancora e giocava coi grani di sabbia. Ci affondava come mani nel capelli.

Poi, qualcuno Basta chitarra, dai! Chi viene al promontorio?

E s’erano alzati tutti e il sole cominciava a tramontare.

                        Lei non aveva mai baciato sulla bocca uno che le piacesse.  

Solo alla festa, due mesi prima, che una guerra per convincere il padre a mandarcela, con i genitori nell’altra stanza a giocare a carte e ogni tanto venivano a curiosare, con la scusa di vedere se erano finiti i panini, e Non si balla così stretti. Ti pare?

E il padre la guardava brutto. E lei si staccava. E guardava il padre che spariva nell’altra stanza. E allora si riappiccicava. Insomma alla festa s’era trovata sulla sua la bocca di Ugo.

Ma Ugo era ciccione. Simpatico e ciccione. Caciarone, casinaro e ciccione.

Non le era piaciuto.

S’era portata dietro il ricordo viscido di quell’intrusione. Lo schifo.

Aveva bevuto un sacco di coca cola, dopo, e mangiato quattro panini col tonno e uno col salame. E pure un bignè con la cioccolata.

Non bacio mai più, aveva giurato. Mai, mai più. Che schifo.

Ma Sergio.

Era bello. Tutto abbronzato. Con le cosce muscolose. Faceva calcio. Attaccante. Segnava un sacco di goal. Gliel’aveva sentito raccontare a Tony.

E le spalle larghe. E la bocca rosa. Dio che bocca. Se mi baci tu, allora sì, allora sì, allora sì.

                                        S’erano mossi tutti, verso il promontorio, che poi non era un promontorio. Chissà perché lo chiamavano così. Era la foce del canale che finiva nel mare e c’erano detriti, bottiglie vuote che galleggiavano, cicche, pure una bambola senza braccia, una volta. E una ciabatta. Come aveva fatto chi l’aveva persa a tornare a casa con una ciabatta sola? E una specie di molo dove ci si poteva sedere e guardare l’acqua che cantilenava molle e lenta. 

                          Camminavano sulla riva, tra le onde fresche. Camminavano calmi e allegri con l’acqua che bagnava le caviglie e schioccava e spruzzava ad ogni passo. Chiacchieravano tutti. Scherzavano. Si schizzavano. Loro due no. Camminavano e zitti. Muti con un turbine di domande che  stingevano la gola. Che infiacchivano le gambe. Che tagliavano il respiro.

Il sole tramontava, addormentandosi come un leone stanco.

Lanciando ruggiti.

                    Il mare sconfinava negli occhi di Sergio. E le camminava vicino. Zitto e teso come un arco.

Faceva quasi male a guardarlo.

…

…

…

(by poetella)

Andres Segovia – Classical Guitar – Chopin Prelude

.

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Magari non sarà questo…

13 sabato Ott 2012

Posted by poetella in amore?, assenza prersenza, atmosfere magice, consapevolezza, crescere con l'amore, diario, felicità, foto di poetella, indipendenza, le cose importanti, libertà, musica, pensieri sparsi, poesia, quasi racconti, saggezza

≈ 2 commenti

Tag

amore, crescere, J.S.Bach, luce, serenità

(foto di poetella)

 

Magari non sarà questo

Magari è solo un’idea che s’insinua ogni volta, s’arrotola, poi si srotola, spiana un po’ la tana, si sdraia.

Poi s’alza e se ne va. Ecco.

E comunque, anche se fosse? Ma lo vedi come sono adesso?

Come sono, ormai?

Troppo, troppo è stato seminato e raccolto e ancora seminato in questi quattro, no, di più, in questi forse quattro anni e mezzo, o di più, o di meno, ma che importa?

Troppo, troppo è stato attraversato, evitato affrontato combattuto e vinto, che

magari no, non sarà questo

che poi, anche se fosse? Dai! Ti ricordi?

Quanti scossoni alla cassa delle convinzioni. Quanti assestamenti.

Selezioni accurate. Questo va qui. questo lì.

Ti ricordi quello sbattere contro i no, non è così, non ce la faccio così! Come una mosca impazzita contro il vetro chiuso.

E poi, la fessura. La luce. L’aria. L’illuminazione. Un lampo. Davvero un lampo.

Quindi, sai,

magari vedrai, mi dico,  non sarà questo

ma se anche fosse, lo vedi come sono, ormai?

Lo vedi quell’incedere maestoso, largo, calmo, di grande fiume nella vasta pianura,

senza rapide, senza scosse.

Lo vedi come sorrido di bosco quieto, di sorgente fresca, lo vedi come continuo a salire?

E l’alba chiara dei miei giorni non conoscerà più la notte. Credo.

Quindi

Magari, sicuramente, non sarà questo

ma se anche fosse? Se non fosse l’affastellarsi di impicci e impacci che ti impedisse di…

se non fosse solo un meccanico intoppo. Ma volontà. Desiderio di. Desiderio che.

Se fosse che tu avessi davvero imparato, (che poi magari già da prima sapevi) a fare a meno di me

Tranquillo, ok? tranquillo.

Vedi? Ormai ho imparato anche io. Sicuro.

…

…

…

(by poetella)

J S Bach – Partita No.2 in c minor- Sarabande

 

 

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Proprio questo, certo, proprio questo il punto…

12 venerdì Ott 2012

Posted by poetella in amiche, amore?, assenza prersenza, consapevolezza, crescere con l'amore, foto di poetella, inverno, le cose importanti, libertà, pensieri sparsi, poesia, quasi racconti, saggezza, speranza, vecchiaia

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Tag

amore, cosa resta di noi, dopo, ti ricordi

Proprio questo, certo, proprio questo il punto.

La vedo così, comunque. Come, non c’hai capito niente?

Rispiego. Tranquilla. Sì, deformazione professionale. Ci  sono abituata. Ma no, dai!

Mica dico che sei cretina. Io ci sono abituata a rispiegare. E dai!

Sono io che, certe volte, magari. Dici, spesso?

Ma non è vero che non mi segui più. È che sei, diciamo, ecco, sei legata. Sei impiastricciata di quello che senti dire, che ti hanno convinto a, che pensi si debba…

Sciogliti, cara. Vedrai che mi darai. Certo. Te lo dico io che.

Dicevamo?

Ah, sì

proprio questo, certo, proprio questo il punto.

 

Per lo meno io penso che. Ma sì. Allora dimmi, rispondi. Serena, però. Senza farti condizionare. Che è, cos’è che da fastidio, che scoccia di più quando.

Sì, sì, lo sai, stiamo parlando di quello.

Pensa a quando ti stavi a disperare, ma sì, lo so che sono passati dieci anni. Mi ricordo, sa’, io!

Insomma, che era che ti faceva disperare? Voglio morire! Ti ricordi? Tutt’è finito per me! Ridi, ridi! Sono buffa? Dieci anni fa mica ridevi! Beh, cos’era?

Dici? No, te lo dico io che era.

No! non  era che t’aveva lasciato.

Non era quello.   Ma no,  Non era che la storia era finita. . Beh, secondo me, no.  Poi  te.

E certamente! Te di pure quello che. Ma per carità. Ti pare che ti voglio convincere?

Ma non ci penso per niente. Io. Ma  quando mai!

Non è questo, certo, non è questo il punto.

 

Comunque, secondo il mio misero parere. E sì, adesso te lo dico. Cavolo! Mi interrompi sempre!

Tu eri sparita insieme a lui. Questo, era. Ti ricordi? Chi mi dirà più Come sei bella? Ti ricordi, vero? Lo stavi sempre a dire e piangevi! Non esistevi che nel suo riflesso. Eri niente, senza.

 

E poi c’era dell’altro. Tu ti vedevi orribile, nel suo ricordo. Un mostro.

Così come lui ti vedeva gli ultimi tempi. Prima di.

E questo, questo era terribile. Intollerabile.

Lasciare di sé un’immagine odiosa, soffocante, da eliminare dalla memoria.

Questo ti bruciava.

Proprio questo, certo, proprio questo il punto.

Lo vedi che mi dai ragione?

Ecco perché io.

Sì. Questo. Sempre luminosa, sempre grata come un tè al gelsomino, d’inverno.

Sempre senza delusioni. Senza sbiadire. Senza sbuffare. Senza gesti della mano a dire, bah!

Via! Basta.

 

Così, sarò e resterò, sempre. In lui. Certo. Sicuro.

E che sono bella me lo dirò da sola. Stanne certa. Contaci, cara mia.

…

…

…

(by poetella)

 

An Affair To Remember

 

 

 

 

 

.

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Dice, mi voglio fare un giardino zen…

11 giovedì Ott 2012

Posted by poetella in amiche, atmosfere magice, attesa, Bellezza che salva, Debussy, desideri..., dolore che guarisce, le cose importanti, musica, pensieri sparsi, poesia, quasi racconti, saggezza

≈ 19 commenti

Tag

conquiste interiori, giardino zen, pace, serenità

(foto dal web)

Dice, mi voglio fare un giardino zen.

Dice, Sai, quei giardini…lo sai com’è?

Che c’è quel pietrisco bianco, mica proprio un pietrisco. Che ci puoi scrivere sopra. Sai? dice, dietro quella pianta di fico selvatico. Quella che non ha mai fatto un cavolo di frutto. Poverina. Mica colpa sua. Lì, insomma, in quel rattangolino d’ombra.

Accanto alla legnaia, a nord.

Piccolo, sa! Hai presente? Che non mi ci cresce niente, lì.

Mica lo so come mai, dice. Mica lo so. C’ho piantato un sacco di cose.

Diverse. Niente.

Non mi piglia niente, lì.

Allora, dice, ci volevo fare un giardinetto zen.

Che tu vai lì e mediti. E magari scrivi qualcosa sul pietrisco. Che mica è proprio pietrisco.

Me l’ha detto Gustavo, come chi è? dice, il giardiniere, no?

Ma lo sai? vuole 1700 euro. Ché quel pietrisco è polvere di marmo. Apposta costa così.

Mettici del brecciolino, dico io.

No, dice lei. Sul brecciolino mica ci puoi scrivere.

Con la polvere di marmo bianca, bianchissima, vedessi! Co’ quella sì.

E ti siedi lì, una panchettina piccola, solo a un posto. Magari una piantina in vaso, non so di che,  ti siedi lì, E mediti. E se vuoi fai i disegnini sul pietrisco.

E poi li cancelli.

E l’ansia va via.

Dice.

 

E fatti ‘sto giardinetto zen, allora. Magari con la sabbia di fiume, dico io.

No, dice lei. La sabbia di fiume mica è bianca.

È importante il colore, dice lei.

Tante cose sono importanti per riconquistare la calma, no? Dice.

Ci vuole il bianco. Fare largo. Spazio. Scriverci su. E cancellare.

 

Ma, dico io, non te lo puoi fare in testa il giardinetto zen?

Ti fermi, ti fai il bianco dentro, scrivi e poi cancelli.

 

E tutto va ok. no? No?

…

…

…

(by poetella)

 

Debussy – Sarabande from Pour le piano

 

 

 

.

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Curioso come, guardando su, stamattina…

10 mercoledì Ott 2012

Posted by poetella in amore?, atmosfere magice, attesa, Bellezza che salva, camminare guardando, consapevolezza, crescere con l'amore, dolore che guarisce, emozione, foto di poetella, le cose importanti, libertà, pensieri sparsi, poesia, quasi racconti

≈ 31 commenti

Tag

chet baker, il cielo, overtherainbow, speranza, vivere di poesia

(foto di poetella)

(lo so che non c’entra un gran che, ma mi piaceva…)

 

 

Curioso come, guardando su, stamattina,

ché io guardo sempre per aria, è un vizio, un vezzo, un’esigenza, un rischio, certo, un rischio pure, ché qualche volta, infatti,  inciampo a guardare in cielo, prendo storte, non vedo ostacoli, sbando, ma ciccia,

insomma, dicevo,

curioso davvero come guardando come c’erano delle virgole, delle virgole e virgolette strane, come un puntualizzare giudizi, un sottolineare, un evidenziare prese di posizione,

peccato non avessi per scattare, con me, peccato essere sempre presi alla sprovvista quando si vogliono fermare momenti, beh, dicevo

curioso come, guardando su, stamattina,

quelle virgole e virgolette, così, e poi così e virgola e così e ancora virgola, e una virgola lì e una là, spazio d’azzurro e virgola, e ancora azzurro e virgola

e niente punto. Ecco. Niente punto.

Potenzialità infinite. Uno sconfinato discorso azzurro di virgola in virgola.

 

Non lo so. Guardavo e sentivo dissolversi quel ganglio violaceo che m’arrochiva i pensieri da un po’. Mica tanto. No, mai per tanto tempo. solo un po’.

Sono brava a farmi durare solo un po’ le nebbie, le crepe nel muro, gli strappi, lo sguardo scuro. Anche perché ho gli occhi chiari. E chiara luce, da qualche parte, che magari s’oscura un po’, ma, come fai a tenere nascosta una luce?

 

Deve essere perché cerco risposte in cielo.

No. Così non mi piace.

Deve essere perché il cielo mi da sempre risposte.

Ecco. Così.

Insomma, vedi, con le virgole il discorso non si chiude.

Continua. E lasciamolo fluire. Allora.

…

…

…

(by poetella)

 

Chet Baker – OverTheRainbow

 

 

 

 

.

 

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chiacchierando…

07 domenica Ott 2012

Posted by poetella in amiche, comunicazione di servizio, diario, le cose importanti, Nora e il bambino che non aveva ombra, quasi racconti, un nuovo romanzo.

≈ 18 commenti

Tag

romanzo, si accettano critiche

Se lo vuoi lo trovi qui…

 

 

 

Bello il tuo romanzo, dice lei. Ma…

Ma? Dico io.

Finisce subito, dice lei.

Il prossimo fallo più lungo.

[…]dico io…

 

…

…

…

(by poetella)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.

.

.

.

 

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– senti ‘sto giochetto…

19 mercoledì Set 2012

Posted by poetella in amiche, amore?, camminare guardando, crescere con l'amore, le cose importanti, musica, pioggia, poesia, quasi racconti, vecchiaia

≈ 22 commenti

Tag

borodin, gioco, giovinezza, sogni, ti amo

(foto di poetella)

 

 

.

– senti ‘sto giochetto

– mh?

– guardi la targa di una macchina che passa

– beh?

– se c’è l’iniziale dell’amore tuo…

– (…)

– guardi il numero vicino

– ok, beh?

– se è un uno…ti pensa

Camminano. Sta per cominciare a piovere

 

– se è un due, ti ama. E se è un tre, gli sei indifferente. Mi segui?

 

Si guardano.

– vai…

– se è un  quattro ti detesta!

– addirittura!

– e zitta! Senti. Se è un cinque…

– un cinque?

– vuole…

– vuole?

– beh…

– e parla!

– portarti a letto

 

Pioviccica. Aprono gli ombrelli

 

– se è un sei… ti amerà per sempre. Un sette, vi vedrete a breve. Un otto, è cotto…un nove, ha nostalgia di te. E uno zero…ti mette le corna!

– hai finito?

– oh yes!

– quanti anni hai te?

– cinquantaquattro.

– Ecco. Io, ieri, fatti sessanta

– beh?

– ma fammi il piacere, va! Scema!

 

Ridono. Camminano veloci. Piove. Quasi arrivate

– ma…

– che?

– vale anche per le macchine parcheggiate?

…

..

..

(by poetella)

 

 

Borodin-PetiteSuite-

 

 

 

 

.

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Non saprei. Non saprei proprio…

17 lunedì Set 2012

Posted by poetella in amiche, amore?, atmosfere magice, attesa, Bellezza che salva, fedeltà, foto di poetella, le cose importanti, libertà, pensieri sparsi, poesia, quasi racconti

≈ 8 commenti

Tag

amore vero, cattivi pensieri, Riflessioni, tutta la storia

 

(foto di poetella)

 

 

Non saprei. Non saprei proprio.

Tu, cara, dove diavolo trovi tutte le tue sicurezze? Le tue certezze?Hai un libro, che ne so, una mappa precisa dei luoghi e della giustizia, uno specchio magico, una sfera di cristallo di rocca?

Magari un saggio vecchio vestito di seta, con le unghie lunghissime ed i capelli sulla schiena che sussurra nell’armadio? E sorride?

Ah! Le tavole della legge.

Non si sono frantumate da un po’? no. Dici di no.

Ma io

non saprei. Non saprei proprio.

 

A volte, mia cara, ti trovo un po’ dura. Sì, categorica. Qualcosa di stratificato, di verniciato sopra, di sovrapposto neanche tanto bene, quel tuo sindacare, pontificare.

Suggellare con i tuoi E’ così. La morale dice che è così.

Via, cara! Rilassati.

C’è talmente tanto, tanto da considerare, da osservare, da assimilare, assimilare a fondo, poi rielaborare, ah! questo mondo sfaccettato, polimorfo, colorato, particelle d’universo, coriandoli!

e poi ancora osservare e magari interpretare e poi rivedere e confrontare e valutare con clemenza e sperimentare e comprendere, ammesso si riesca a comprendere, davvero a comprendere. Senza fingere di

 

No, non saprei. Non saprei proprio.

 

Guarda. Io no. Per me è tutto così inspiegabile. Anche solo il guardare l’azalea fiorita, guardarla commossi. Pensare che mai, mai, mai più una fioritura così incantevole, così straordinaria, così gaia di luce, di colore, d’armonia. Guardarla e pensare, pensarlo davvero, che credi? Pensare che è la cosa più straordinaria che si sia vista. Lei negli occhi, lei nel cuore giorni e giorni.

Pensarlo convinti. Innamorati. Ma poi, non dico quando, un’ora, un mese, un anno dopo, non so quando, poi, nel vivaio appena aperto, trovare quella strana piantina, quella carica di fiori rossi, sanguigni, caldi e appassionati, tremanti e splendenti, tutti girati verso di te, come fossi il loro sole e…

Scordarsi l’azalea. In un attimo. Ecco.

…

…

…

(by poetella)

 

Liszt- La Campanella

 

 

 

 

 

–

 

 

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La senti? La senti questa musica?

16 domenica Set 2012

Posted by poetella in atmosfere magice, Bellezza che salva, desideri..., emozione, fiabe, foto di poetella, le cose importanti, musica, Musica Antiqua, poesia, quasi racconti

≈ 19 commenti

Tag

musica antiqua

(foto di poetella)

 

Ascolta poetella

 

 

 

La senti? La senti questa musica?

Non trovi ti entri nella pelle, nel sangue? Non trovi che smuova la polvere del tempo? soffi su come un mantice a spazzare via ore e giorni e anni. Ti inviti alla danza.

Sono forse pazza se ti dico che vedo scendere un sipario su tutto questo mondo greve, volgare e chiassoso. Sì,  se ascolto scende un sipario e oscura per poi rialzarsi, ecco,  con un bel cambio di scena.

Com’era? Le dame i cavalier l’arme e gli amori.

Sì. Questo. Radure infiocchettate, stendardi e cavalli. Giochi, danze.

Cortesie cortesi di cortigiani gentili.

Sorrisi garbati. Fiori. Menestrelli e ore quiete nel fresco delle mura. Le mura! Ah, le mura!

Nostalgia delle mura in una città di muri. Ho nostalgia. Di mura.

Nostalgia di spazi immensi. Pietra. Velluti. Sete. Preziosità di mani operose, esperte. Senza vanagloria.

Un fare giudizioso e contratto. Esigente. Attenzione al minuto. Anche all’infinitamente piccolo. Senza errori.

E il tempo. tutto il tempo per un fare perfetto.

Cattedrali e mostri di pietra. Su, in alto. Precisi, magistrali, a farsi valutare solo dai piccioni.

 

La senti? La senti questa musica?

Non t’invita? Non senti i piedi che si muovono?

Guardami.  Sto ballando nel mio sogno antico. Con grazia.

Dov’è oggi la grazia? C’è ancora chi cerca la grazia?

C’è ancora chi cerca la maestria? L’idea ardita? L’assoluta impeccabile esecuzione

Mi prende questa malinconia, questo struggimento, in questo mondo di pressappochismo, di dilettantismo scialbo, d’improvvisazione banale. Mi prende questa nostalgia di bellezza.  Senza vanità.

Chi ha costruito, chi ha tessuto, chi ha dipinto, chi ha scolpito quelle meraviglie? Solo a Chartres

sono rimasti i nomi. Non serviva. Allora non serviva firmare. Lasciare scritto Sono io che l’ho fatto. Bastava il fare. Si doveva fare. E al meglio. Quello era il premio.

La ricompensa. Bastava. Senza cercare il plauso.

 

Che mi metto a pensare, oggi.

È la musica.

La senti? La senti questa musica?

 

Colpa della musica. Ecco. Sicuro.

…

…

…

(by poetella)

 

 

.

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Il Maestro le aveva insegnato…

12 mercoledì Set 2012

Posted by poetella in amore?, assenza prersenza, consapevolezza, diario, foto di poetella, le cose importanti, pensieri sparsi, quasi racconti

≈ 32 commenti

(foto di poetella)

 ascolta poetella

 

Il Maestro le aveva insegnato.

Con una tecnica impareggiabile.

Passa il sapere con calma.  Il tuo sapere. In cui credi. Che hai assimilato e vissuto.

Lascia impregnare. Dai l’esempio.

Correggi.

Aspetta.

Dai ancora l’esempio.

Ancora correggi.

Aspetta.

Potenzia il sapere con  premi. Gratificazioni equilibrate.

Senza mai esagerare.

Stimola. Sveglia. Estrai le conoscenze già in lei.

Affondale nel suo sapere. Radicale. Arricchisci. Espandi.

Il Maestro era insuperabile. Preparato.

 

Lei imparava. Ogni tanto sbagliava.

C’erano state anche delle punizioni, quando s’era applicata poco, all’inizio.

Sentendosi preparata. E invece no. C’era da fare. Da studiare.

Anche dure. Durissime, le punizioni.

Da chiudersi in camera a piangere. Da provare rancore. Ti odio. Non voglio vederti più.

 

Ma il Maestro s’era dimostrato sempre pronto a rivedere il suo giudizio, ogni volta che lei gliene aveva dato motivo.

E lei ne aveva dati, di motivi.

Aveva dimostrato una grandissima voglia, una grandissima capacità d’imparare.

Dedizione assoluta al progetto. Fame di conoscenza. Di crescita.

 

Un’allieva modello. Forse perché amava il Maestro.

Ci vuole l’amore. S’impara meglio, con l’amore. E la fiducia.

Lei sapeva che il Maestro agiva con correttezza. Per lei. Per la giustizia. Per la consapevolezza.

 

Grande fortuna aver avuto un Maestro così.

Di quelli che trovano i talenti e, come semi, sanno concimarli. Fino a farne alberi giganteschi. Capaci di sopravvivere anche nelle condizioni più avverse. Forti e fruttuosi anche in tempi di siccità.

Lei non aveva più paura della siccità, adesso.

Se anche fosse arrivata, e sarebbe arrivata, ne era certa, le sue radici fonde avrebbero attinto all’acqua della riserva, al centro del suo cuore.

 

Il Maestro sarebbe stato sempre la sua inesauribile sorgente.

Presente o assente.

Ormai era così. Ed era bello. Molto.

…

…

…

(by poetella)

 

 

 Charlie Parker & ChetBaker-Summertime

.

 

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