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~ "questo sol m'arde e questo m'innamora"- Michelangelo

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Archivi della categoria: ricordi di scuola

ricordi di scuola…(era il lontano ’67, ere geologiche fa…)

04 mercoledì Giu 2014

Posted by poetella in ricordi di scuola

≈ 71 commenti

Tag

Ricordi

liceo-artistico(foto dal web)

 

 

Quella maledetta sensazione d’inadeguatezza.

Quel non avere mai quello che riteneva le servisse.

Una gonna più corta, gli stivaletti bianchi, le Matite Staedtler, i colori Maimeri, a tempera.

Che lei, tutto alla Upim, a che serve spendere tanto, diceva papà.

Bastavano i colori, bastava che colorassero.

Non bastava. Lei sperava fosse colpa dei colori se i suoi disegni, le sue tavole, non venissero mai come avrebbe voluto. Sicuramente era colpa dei colori, delle matite, dei pennelli scadenti. Aveva deciso di fare economie. Niente merenda e, ogni mattina, una capatina nella cartoleria vicina al liceo, a via Ripetta. Oggi una matita, domani un tubetto di colore. Dopo domani un pennello.

E niente merenda. Si poteva anche non mangiare. No?

E cercare disperatamente di entrare in quel circolo di figli d’arte, che non la consideravano.

Per niente.

Lui, il nipote di Cascella. Bello come il sole. Bravo? Chi lo sa. I professori dicevano di sì. Tommaso, saluta papà. Come sta papà?

Tutti un sorriso, i professori.  Tutti una coccola. Per i figli d’arte. Ma lei. Chi era lei?

 

Solo quella volta era stata qualcuno. Quando il professor Cossu, alto e imponente come un bronzo greco, dalla cattedra, con i temi della classe, aveva cominciato a dire i voti.

Natili, 1+ .Nobili, 2, Andò, 3. Berti, 3 e mezzo.., nel silenzio costernato di tutti.

Mangione, 4. Cascella 4 e mezzo. Iscariotti, 5 meno. Tutti sconfortati. Terrorizzati da quell’omone di cui si diceva fosse un Cerbero. Un nome dopo l’altro. Una strage.

 

Poi, la voce tonante che, dopo una pausa, rimbomba nella classe con una domanda per lei agghiacciante. Chi è Piombo?

Lei si alza, rossa come la copertina del suo quaderno e, Io, dice.

E, mentre parla, il professore sorride. Brava, dice. 7. il mio primo 7, da anni. Brava.

 

Ecco. Adesso lei era qualcuno. Sì.  Anche se all’Artistico, Italiano, beh, che conta Italiano!

Non conta no.

 …

…

…

(by poetella)      (che era così…)

io a 18

.

ok. Niente musica.

.

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No, non lo toccate, dico, lasciatelo stare…

21 giovedì Feb 2013

Posted by poetella in amore?, atmosfere magice, crescere con l'amore, empatia, le cose importanti, musica, poesia, ricordi di scuola

≈ 15 commenti

Tag

amore, brahms lullaby, in classe, poesia

alunno-che-dorme-sul-libro(foto dal web)

 

 

No, non lo toccate, dico, lasciatelo stare.

E lo guardo. Forse con troppo visibile tenerezza.

Perché io sono una tenera. Si sa. Lo sanno.

Poi guardo loro. Loro mi guardano. Un po’. E rimettono giù la testa. Ognuno a trafficare coi disegni.

 

Questa seconda D  che m’ha fatto dannare. Che ha fatto dannare tutti. Pure lei, dannata.

Sempre rumorosa. Dura. Selvaggia.

Questa jungla dove c’è stato sempre da sgolarsi.

Magari solo per spiegare il concetto di fusibilità.

O la straordinaria resistenza alle alte temperature del tungsteno. Di che? Del tungsteno. Cazzo di nome!

Mica colpa mia se si chiama così.

 

Sgolarsi a spiegare l’importanza, maledetta importanza, la matita di tecnica deve pungere, non si tempera solo a Natale e a Pasqua, stramaledetta importanza delle, ma chi le usa più, ormai? Ormai c’è autoCAD, stramaledettissima importanza dell’usare le due squadre per costruire linee parallele. 

O perpendicolari.

A questi ragazzi che di perpendicolare c’hanno solo il filo a piombo del destino segnato che già gli spenzola sulla testa. Il pugnale di Macbeth.

 

Eppure guardali, adesso. Guardali questi mostri d’arroganza, questi concentrati di volgarità, condensati di rabbia, sudore. E puzza.

Guardali! Tutti zitti. A disegnare.

 

E, nel silenzio rispettoso, complice, chiaramente, un impercettibile ronzio.

Come un ronfare di gatto.

 

Marco, banco accanto alla cattedra, testa sulle braccia incrociate, dorme.

 

Russando un po’.

…

…

…

(by poetella)

Brahms’ Lullaby

 

 

 

 

 

 

 

.

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Che poi, appena uscita da scuola…

18 lunedì Feb 2013

Posted by poetella in amore?, assenza prersenza, atmosfere magice, diario, felicità, foto di poetella, musica, quasi racconti, ricordi di scuola

≈ 32 commenti

Tag

amore, ricordi di scuola

SAM_0116(foto di poetella)

 

 

Che poi, appena uscita da scuola, le due e cinque, un solicello!

Che gradevole sensazione. Libera, col solicello! Ed ero così contenta. Che all’ultima ora, la seconda D, un miracolo! Quell’esperimento, quello del giardino se fate i buoni, porca miseria, funziona!

Che ero entrata in classe, una baraonda, urla e confusione, e la prof della quinta ora che urlava pure lei, seduti! Zitti! Fermi! E quelli niente. Un fiume in piena. Le rapide. Scrosci di rumore e movimento. Urla da squartamento di capretti. Onde concentriche di mulinelli inconsulti.

Un anticipo di girone infernale, che, pure se non esiste, una vaga idea di come sarebbe se sì te la fai!.

Comunque entro. E mi vedono. Eccola, zitti! E zitti! Ma volete stare… e zittiiiiiiii! urlava qualcuno dei più saggi. E piano piano, che la collega intanto usciva, piano piano, era parecchio stupita di quella metamorfosi, piano piano, tutti zitti.

Tutti seduti, poi di nuovo in piedi a guardarmi. Certe faccette. Che la collega m’ha guardato e il viso era  di una che pensa ma come cacchio fai? E io, lo so io come faccio, pensavo.

Dagli  un obiettivo, ma che sia un obiettivo valido, no i soliti in negativo, tipo note, tipo sgridate, tipo ti mando dalla Preside, tipo telefono a casa tua…e quelli…

Ecco.

Insomma, una lezione, dall’una e cinque alle due, che mi pareva di stare all’Università.

Tutti attenti.

Poi, al lavoro. Tutti a disegnare. Che uno, verso la fine dell’ora, uno di quelli che non facevano mai un cacchio, di solito, solo confusione, quello mi fa Professorè, ho finito tutto e pure quei disegni dell’altra volta che  l’non avevo finiti.

Porca miseria!

Che qualcuno, prima, m’aveva chiesto Che possiamo sentire la musica con le cuffiette mentre disegniamo? Ma certo che potete! Disegnare con la musica è bello. Io mi metto sempre la musica a casa, mentre scrivo. Aiuta. Concilia.

 

Tutti co’ le cuffiette a sentirsi le loro musicacce, ma intanto disegnavano. Zitti e buoni. Che alla fine dell’ora ho messo a tutti una nota di merito da far firmare a casa, con la mia firma che se no a casa non ci credevano!

Fantastico!

Poi, esco e quel solicello.

Ma chi sta meglio di me, ad aspettare il 444 che  mi riporti a casa, morta di fame e contenta.

Contentissima, così contenta che, a un certo punto, mentre sull’auto leggevo il libro che mi porto sempre dietro, per quando sto sul’auto che se no mi scoccio, insomma, mentre leggevo quel libro delizioso, spassoso, rilassante ero così contenta che ho pensato, e mentre lo pensavo mi sa che ho fatto Ammazza! Insomma, ho pensato che era più di un’ora e mezza che non pensavo a te.

Capisci?

Bell’affare, no?

…

…

…

(by poetella)

 

 

 

Arcangelo Corelli. Opera Terza. Sonata II in Re maggiore

 

 

 

 

.

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Leggevo…

28 venerdì Dic 2012

Posted by poetella in amore?, biografia..., crescere con l'amore, da leggere, diario, Luigi Meneghello-Libera nos a malo, mamma, pensieri sparsi, poesia, ricordi di scuola

≈ 20 commenti

Tag

amore, i pensieri dei bambini, poesia, Ricordi, suore

mamma, in viaggio di nozze...

(la mamma di poetella)

 

Ascolta poetella

 

 

Leggevo…

Leggevo dell’Antonia, di Nino, di Faustino.

Leggevo e pensavo. Leggevo di Bruno Erminietto e della Jovanca, che “t’imparo io a fare li bracci”…leggevo della Este e delle “grande” e pensavo. Pensavo.

Di maestra Prospera, leggevo. E pensavo.

Ricordi.

Che nomi ricordo di quei miei tempi lontani?

Sì, Suor Francesca Agnese. Che entrava in classe, alta alta e leggera.

Che sembrava scivolare su quelle mattonelle quadrate di graniglia. Tutte lucide.

Chissà chi le puliva così bene.

Suor Francesca Agnese no, sicuro che no.

Dove tengono il petto, pensavo. A mamma si vedeva, bello prosperoso. Co’ quei reggipetto che si cuciva lei. Rosa. Di tessuto. Tutti a punta. Come mi sembravano misteriosi.

Che quando li provava, mi giravo dall’altra parte.

 

Ma le suore? Dove lo tenevano il petto. Erano così lisce. Lineari.

Suor Assunta no. Suor Assunta era fanatica.

A lei spuntava sempre una ciocchetta nera dal velo che faceva finta di non vedere.

E come brillavano quegli occhi azzurri. Ma il petto, quello no. Sigillato.

Tutto liscio, sotto quella veste e sopravveste, nere.

Piatte. Spianate, forse da S. Giuseppe.

Che il petto no, non sta bene mostrare.

 

Forse se lo schiacciavano con delle fasce.

Mi perdevo a pensarci, quando le guardavo. Mi scervellavo.

Poi mi ricacciavo col naso al quadernino nero. Coi bordi rossi. Non si fanno questi pensieri. Sei una bambina cattiva. Quando farai la comunione non li farai più. Giura.

 

Infatti non li ho più fatti.

Altri. Ne ho fatti altri.

Ma i pensieri, si sa, loro vanno dove vogliono. Mica chiedono permesso.

…

…

…

(by poetella)

 

 (considerazioni, leggendo LIBERA NOS A MALO di Luigi Meneghello)

 

 

.

 

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Stava pensando a Marco, da un po’…

05 venerdì Ott 2012

Posted by poetella in amore?, atmosfere magice, biografia..., consapevolezza, crescere con l'amore, le cose importanti, poesia, ricordi di scuola, speranza

≈ 10 commenti

Tag

amore, luce, professoressa, ragazzi difficili, ricordi di scuola

(foto dal web)

 

Stava pensando a Marco, da un po’.

E le veniva proprio da sorridere. Finalmente.

Raro che pensando a Marco sorridesse. Almeno fino adesso.

Marco sempre agitato. Marco col coltellino, con l’accendino, con le sigarette in tasca. E lo zaino vuoto. Sempre vuoto come il futuro senza speranze. Marco col padre all’estero.

Che invece all’estero non c’era stato mai.

Forse nemmeno fuori dal quartiere. In quegli ultimi anni.

Solo un po’ fuori. Quartiere confinante. Con le sbarre alle finestre.

Marco che voleva andare al bagno. Marco che voleva scendere a fare fotocopie. Marco che voleva andare a riprendere la felpa in palestra. Che voleva cercare la professoressa di Musica.

Che voleva chiamare a casa.

Marco che fuori, via, basta che non stava in classe.

Ché in classe si annoiava. Faceva casino. Strillava. Ruggiva. Bestemmiava.

Marco che, professorè, s’è addormentato! Lo lasciamo dormire, così non rompe?

Stava pensando a Marco, da un po’.

 

Marco che Non mi va. Non so’ capace. Marco che Ma che voi da me?

Marco che Il libro non ce l’ho.

Il righello non ce l’ho.

Marco che balla, che canta e non è l’ora di Musica. Che legge forte il Corriere dello Sport, col libro di Tecnologia  del compagno aperto davanti.

Marco che s’arrampica sui banchi. Che si siede con la sedia a rovescio come all’osteria.

 

Stava pensando a Marco, da un po’.

Marco che quella mattina la stava aspettando davanti alla classe, con gli occhi accesi come di fronte ai regali di Natale che non riceveva mai, l’aspettava tenendo la maniglia della porta e dondolava come su una giostrina  alla festa del quartiere, allegro, sveglio.

In attesa.

E quando se l’era trovato a tiro di voce Lo finiamo il lavoro dell’altra volta, professorè?

No! Ne facciamo uno nuovo!

Che, l’altra volta, seduto al computer, con lei vicina, aveva fatto un capolavoro!

Ma sì che sei capace. No, professorè. Ma ti dico di sì. Così, così e così. E poi così. Vedi? Così.

Era stato capace, invece, mentre gli altri disegnavano sui loro fogli. Un po’ invidiosi. Che gli piaceva che gli altri fossero invidiosi. Come gli piaceva!

Lui, la stessa cosa dei compagni, al pc. Solo lui.

E lei vicina, che Sei brava, professorè. Cacchio! Anvedi  quante cose sai fa’!

 

Era stata brava sì!

Oppure, solo una botta di fortuna. Non lo sapeva.

Ma a Marco che gliene fregava!

Lui, adesso l’aspettava, ché con lei si divertiva.

Ché adesso era diventato bravo! Per adesso solo con lei, ma…

…

..

…

(by poetella)

 

 

John Cage  – Dream

 

 

 

.

 

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