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~ "questo sol m'arde e questo m'innamora"- Michelangelo

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Archivi della categoria: sorelle gemelle

mi domandavo, oggi…

11 martedì Mar 2014

Posted by poetella in amore?, atmosfere magice, Bellezza, biografia..., bisogno d'amore, paura della solitudine, sorelle gemelle

≈ 10 commenti

Tag

amore, bellezza, crescere, dedicato a mia sorella, la solitudine ci fa paura?, Ricordi, sono nata 15 minuti prima di lei, sorelle gemelle

feti-gemelli(foto dal web)

qui la voce di poetella

Quando sarà cominciato?

Che poi, chiederselo. A che serve? Risposte negate. Impossibilitate  conoscenze. Troppo stretto, un pertugio con la lucina in fondo, lo spazio del sapere. Comunque, camminare e domandarsi. Camminare e tentare di rispondersi. Non si cammina mai troppo, non trovate?

Dunque, anche stamattina. E chi se ne frega del traffico. Io vado a piedi. La Tiburtina, guardala là, di mattina.

Però ci sono i pini, le acacie, i piccoli ciuffi di papaveri  da guardare. Le nuvole. Ma che stavo dicendo?   Ah, ecco, quando sarà cominciato. Da dove questa fame, questa voracità d’amore, di riconoscimenti, di attenzioni, di approvazioni, d’attestazioni scritte e cantate di merito. Di sfide, di superamenti. Da quando? Forse da quella prima volta? 

Da quel misterioso, angoscioso senso di perdita, d’inspiegabile privazione (e cosa avrà provato la bambina senza le parole per dirselo, per chiarirselo) senza più quel bum bum bum di piccolo qualcosa veloce che scandiva l’annacquato, fluido tempo in duetto con quell’altro bum bum bum più lento, più calmo, più mutevole nel buio di strani riflessi (bluastri? Rossastri?) e trasparenze, prima che le idee, idee, prima che le parole, parole, prima che i colori, i suoni, l’accecante molteplicità delle forme.

Prima che la conoscenza, l’esperienza, gli sbagli.

Forse sarà stato quel sentirsi tutto quel vuoto attorno, addosso, tutto quello spazio fresco, era settembre, che lei lo sapesse o no e non lo sapeva, non sapeva ancora niente, o forse sì, ma non sa adesso cosa sapesse, senza più quel qualcosa appiccicato alla vita, all’essere, che si muoveva, pulsava, piccoli suoni, piccoli contatti, aderenze. (sicurezze?)                                                                                                          Senza più quel qualcosa senza nome, senza volto, senza forma se non quella percepita come un resto di sé oltre quell’elastico velo, con quel piccolo bum bum bum,

e poi un qualcosa, un evento, un accadimento nuovo, spintoni, strattoni, rumori, dolore e poi più niente. No, niente. Diverso.  Forte. Sconosciuto.

Sarà stato quel terribile quarto d’ora, quanto? Dieci minuti, dice un quarto d’ora. Dice

– C’è n’è un’altra, signora bella. E la donna

– Un’altra? Perché una è già? Posso avere un goccetto di Cognac, Madre? E la suora

– Ma veramente non saprei. Posso, dottore? e il dottore

– Ma sì. Ce l’abbiamo, no? Glielo dia.

Quel quarto d’ora nel vuoto duro senza voce, senza  quasi respiro, in attesa, quasi morta. In attesa che un altro pianto, il pianto di quell’altra cosa, quel prolungamento strappato, quel pianto di anche lei. Finalmente nel mondo.

E poi piangere insieme.  Di nuovo.

Sarà stato quello a…?

Si può mai fare niente per cancellare, filtrare, comprendere, accettare, assimilare, reinterpretare quel primo quarto d’ora? Si riempirà mai quella mia solitudine infinita di quel primo quarto d’ora per la prima e non ultima volta  senza te, sorella mia?   

E comunque, cambiando discorso e destinatario del pensiero…

Quante volte hai pensato a me, oggi, tu, amore mio, visto che domani… noi…

…

…

…

(by poetella)

Brahms  Lullaby

 

 

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Portava via con lei…

31 mercoledì Lug 2013

Posted by poetella in atmosfere magice, Bellezza che salva, emozione, empatia, foto di poetella, le cose importanti, libertà, poesia, ricordi, sorelle gemelle

≈ 6 commenti

Tag

giardino zen

il giardino zenPortava via con lei

[come ninnava il treno!]

le lucine del giardino zen

e gli occhi dell’altra

a specchio.

 

Portava via i profumi di salvia

rosmarino e santoreggia

e origano e riedificata infanzia

cartoccetto odoroso in fondo

ma proprio in fondo in fondo alla valigia dei giorni

E miti e dee e fiabe a cerchio

nel moto dei campi fuori del finestrino

 

E come tutto s’era sdraiato come

lago tiepido. Condivisa complicità.

Pensa e ripensa. Tutun tutun.

La vedete sorridere?

 

Pensa e ripensa ricaricato il cuore di piccolo carillon

Tornava,  ritornava

a spostare i grani

del consueto pallottoliere delle ore

tirato fuori dalle tasche

e lucidato un po’

…

…

…

(by poetella)

 

 

 

 

.

 

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Torneranno anche quest’anno le tortore?

27 sabato Lug 2013

Posted by poetella in atmosfere magice, emozione, empatia, poesia, sorelle gemelle

≈ 10 commenti

Valigie(foto dal web)

 

 

 

Torneranno anche quest’anno le tortore?

Ma sì, sul muretto al confine del giardino.

Metterai la ciotolina con l’acqua?

per la loro colazione, dicevi.

Noi si  beveva caffè mangiando crostata di albicocche

E saggezza a mollichelle…

 

Mi piaceva quella comunanza di cinguettii

Le chiacchiere, le piumette

il viso allegro

O serio. Lo stesso.

 

Arrivo, sorella. Domenica.

Prepara pure la stanza

nel cuore.

Bella grande.

 

Ho molto bagaglio. Tutte parole e regali. Quasi.

…

…

…

(by poetella)

Shostakovich – Preludi op 34 – n°12-

poetella saluta tutti…

a presto!

 

 

 

 

 

.

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Quando sarà cominciato?

28 martedì Mag 2013

Posted by poetella in archetipi, biografia..., consapevolezza, crescere con l'amore, le cose importanti, poesia, sorelle gemelle

≈ 24 commenti

Tag

colori, conoscenza, prima volta, suoni

feti-gemelli(foto dal web)

 

 

 

Quando sarà cominciato?

Che poi, chiederselo. A che serve? Risposte negate. Impossibilitate  conoscenze.

Troppo stretto, un pertugio con la lucina in fondo, lo spazio del sapere.

 

Comunque, camminare e domandarsi. Camminare e tentare di rispondersi. Non si cammina mai troppo, non trovate?

Dunque, anche stamattina.

E chi se ne frega del traffico. Io vado a piedi. La Tiburtina, guardala là, di mattina.

Però ci sono i pini, le acacie, i piccoli ciuffi di papaveri  da guardare. Le nuvole. Ma che stavo dicendo?

Ah, ecco, quando sarà cominciato. Da dove questa fame, questa voracità d’amore, di riconoscimenti, di attenzioni, di approvazioni, d’attestazioni scritte e cantate di merito. Di sfide, di superamenti. Da quando?

 

Forse da quella prima volta?

Da quel misterioso, angoscioso senso di perdita, d’inspiegabile privazione (e cosa avrà provato la bambina senza le parole per dirselo, per chiarirselo) senza più quel bum bum bum di piccolo qualcosa veloce che scandiva l’annacquato, fluido tempo in duetto con quell’altro bum bum bum più lento, più calmo, più mutevole nel buio di strani riflessi (bluastri? Rossastri?) e trasparenze, prima che le idee,

idee,

prima che le parole,

parole,

prima che i colori, i suoni,l’accecante molteplicità delle forme.

Prima che la conoscenza, l’esperienza, gli sbagli.

 

Forse sarà stato quel sentirsi tutto quel vuoto attorno, addosso, tutto quello spazio fresco, era settembre, che lei lo sapesse o no e non lo sapeva, non sapeva ancora niente, o forse sì, ma non sa adesso cosa sapesse, senza più quel qualcosa appiccicato alla vita, all’essere, che si muoveva, pulsava, piccoli suoni, piccoli contatti, aderenze. (sicurezze?)

Senza più quel qualcosa senza nome, senza volto, senza forma se non quella percepita come un resto di sé oltre quell’elastico velo, con quel piccolo bum bum bum,

 

e poi un qualcosa, un evento, un accadimento nuovo, spintoni, strattoni, rumori, dolore e poi più niente. No, niente. Diverso.

Forte. Sconosciuto.

 

Sarà stato quel terribile quarto d’ora, quanto? Dieci minuti, dice un quarto d’ora. Dice

– C’è n’è un’altra, signora bella. E la donna

– Un’altra? Perché una è già? Posso avere un goccetto di Cognac, Madre? E la suora

– Ma veramente non saprei. Posso, dottore? e il dottore

– Ma sì. Ce l’abbiamo, no? Glielo dia.

 

Quel quarto d’ora nel vuoto duro senza voce, senza  quasi respiro, in attesa, quasi morta. In attesa che un altro pianto, il pianto di quell’altra cosa, quel prolungamento strappato, quel pianto di anche lei. Finalmente nel mondo.

E poi piangere insieme.  Di nuovo.

 

Sarà stato quello a…?

Si può mai fare niente per cancellare, filtrare, comprendere, accettare, assimilare, reinterpretare quel primo quarto d’ora?

 

Si riempirà mai quella mia solitudine infinita di quel primo quarto d’ora per la prima e non ultima volta  senza te, sorella mia?   

 

E comunque, cambiando discorso e destinatario del pensiero…

Quante volte hai pensato a me, oggi, tu, amore mio, visto che domani…

…

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(by poetella)

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