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~ "questo sol m'arde e questo m'innamora"- Michelangelo

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Archivi tag: morte

lettera dall’autunno…

31 domenica Ott 2021

Posted by poetella in poesia

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Tag

amicizia, morte, nostalgia, Ricordi, rimpianto

(Dedicato a C.)

Mia cara, mia unica insostituibile amica, ti scrivo da questo autunno finalmente piovoso, ricordi come ci piaceva la pioggia? Col nostro tè al gelsomino davanti, in quella tua casetta piena di colori e libri, di plaid scozzesi  e fuori quella grande terrazza che grondava fiori segreti, lontani da occhi di sconosciuti, lontane le noie, le storie scellerate, le cattiverie del mondo.

Cara, cara unica, insostituibile amica, me l’avevano detto che il transito di Urano avrebbe portato stravolgimenti, allora. Perdite, distacchi. Me l’avevano predetto. Questioni di astri. Roba da specializzati.

Sorridevo, allora. Crediamo solo a quello che ci consola. Non sapevo quanto questa predizione fosse vera.

Anni ormai e anni fa.

Ci sono stati stravolgimenti, perdite, distacchi. Infatti ci sono stati. Ribaltamenti del mio asse terrestre. Ed è passato il tempo.  Per te no.

S’è fermato allora. Uno strappo e via. Quand’è stato? Sai, non ricordo più la data, l’anno, il giorno.

No. Non è vero. È che non voglio ricordare. Cerchiamo sempre di proteggere la nostra quiete cancellando qua e là. Ma che vuoi cancellare. Sono solchi fondi. Strappi. Tagli. Ferite infette..

Mi manchi, amica mia. Mi manchi e non elaborerò mai la perdita.

Altro che due anni. Si dice ci vogliano due anni per elaborare una perdita..

Ne sono già passati molti di più.

Non passa. Come non passerà probabilmente neanche qualcos’altro.

Amen.

…

…

…

(by poetella)

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8-senza paragone

04 venerdì Nov 2016

Posted by poetella in poesia

≈ 2 commenti

Tag

alba, attesa, bellezza, morte, tramonto, vecchiaia

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(foto di poetella)

 

 

… come il rosso che macchia il cielo all’alba o al tramonto

(e pensare che una cosa è l’alba,  un’altra il tramonto )

e  come si fa, come si fa a provare la stessa dolcezza, a provare

la stessa meraviglia, lo stesso infocato stupore, gli stessi trasalimenti

come si fa a cogliere gli stessi sfondi di sfavillante bellezza

gli stessi densi silenzi o le stesse trepide, languide note

come si fa a lasciarsi cogliere dallo stesso senso di attonita attesa

ché, si sa, un conto è aspettare il giorno

tutt’altro la notte.

…

…

…

 

(by poetella)

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Ci s’era alzati tutti presto…

05 giovedì Mag 2016

Posted by poetella in poesia

≈ 8 commenti

Tag

canna da pesca, da piccola, esca, gemelle, mare, morte, pesca, pesci, Ricordi, vcanze

da piccole

(poetella accovacciata, la mamma,  la sorellina  )

…………………………………………………….. Ci s’era alzati tutti presto. Che si vedeva la luna, dalla finestra, tremolare sull’acqua e dietro gli occhi un dolore, una voglia di sonno.

Le bambine si vestivano lente, molli come pupazze. Costumino. Maglietta. Asciugamani nei sacchi. Uno rosso, uno celeste. E prendete pure i cappelli, aveva detto mamma, mentre spalmava la Nivea sulla schiena, sulle spalle, sulle braccia, sul naso, sulla fronte, sulle cosce.

E pure sulle cosce no!

Zitta che poi ti scotti. E piangi. E spalmava. E a Tata niente. Che quella teneva una pelle scura scura che sembrava una negretta. E dopo sette giorni di mare, figurati. Non si scottava neanche a dormirci, al sole. Neanche dieci ore, al sole, si scottava.

Ma lei, la Lenticchiosa! Che tormento. E li conosceva i morsi sulla pelle, la notte, a girarsi e rigirarsi senza pace, a cercare il fresco del lenzuolo, senza sonno, coi diavoli che la mordevano voraci come piragna.

Pure mamma s’era alzata presto, anche se lei no, a pescare no.  Che avrebbe preparato il pranzo, dicendo il rosario pei suoi pescatori, poi sarebbe andata alla funzione e poi giù in spiaggia. Ad aspettare.

Ecco. Tutto pronto.

Fuori, nel buio, verso la spiaggia.

Papà portava la cassetta col verme e una busta con le lenze di profondità, tutto il filo ben arrotolato sul sughero. E gli ami di scorta.

Le bambine, ognuna col sacco con gli asciugamani e i panini morbidi e, fiere, in mano le canne da pesca. Nuove nuove. Col mulinello per avvolgere. Una col manico rosso. Una blu.

La barchetta rivoltata, a riva, l’avevano girata tutt’e tre. Fatto.

 Loro due sopra e papà a spingerla in acqua.

Uno scintillio di luna. Un’arietta fresca sulle braccia nude, sulle gambe.

Un canto d’aria.

Poi, remi in acqua, via! Al largo.

Lei guardava l’acqua e aveva paura. Sempre paura di cadere. Si sarebbe ficcata sotto la prua, per essere sicura di non cadere in acqua. Ma mica lo faceva vedere. A papà. No, no.

Datemi le canne che il verme lo metto io. Che se no vi fate male prima di cominciare, aveva detto papà. Meno male, che le faceva un po’ schifo.

Quei cosini molli che si agitavano. E poi, poveretti. Chissà che male con quegli ami. Poveri vermetti.

I pesci piccoli si ributtano in acqua, ok? diceva papà.

Ok.

Pluf, e s’aspetta.

Che speriamo che non abboccano. No. Speriamo che abboccano.

Devo fare vedere che sono una brava pescatrice, pensava lei. Papà è bravo. Anche io.

La barchetta dondolava, all’ancora e attorno era ancora notte d’agosto sul mare. Zitti zitti, che se no i pesci scappano. Che lei voleva parlare, per farli scappare. Voleva avvisarli. Poveri pesciolini.

Poi Papà! Aveva gridato Tata. Tira! Tira! Guardando la lenza tutta curva e tesa e il filo che affondava e risaliva un po’, agitato da qualche dispetto del mare.

Arrotola! Arrotola, aveva detto papà. Presto, arrotola e tira su!

Lei stava immobile a fissare quel filo. Come s’aspettasse la tragedia imminente. Col sudore gelato addosso. La barchetta un po’ dondolava.

La sua canna stava immobile. Nessun tiraggio.

Tata avvolgeva il mulinello velocissima. Un’esperta pescatrice.

Poi, ecco. Due pesciolini attaccati che tremavano, traballavano, si torcevano disperati.

Erano piccoli. Meno male.

Li ributtiamo, papà?

Sì.

Salvi!

E intanto ecco la sua canna che si flette. Uno strattoncino piccolo piccolo.

Poi un altro.

Come un compagnetto che ti tira i capelli. Per dispetto.

Arrotola! Dai! Aveva detto papà. Svelta! Arrotola!

Venuto su un pesciotto bello grasso, rosato. Brillante  luminoso di riflessi di luna.

Lei aveva guardato papà, un po’ fiera, un po’ supplice.

Beh? Aveva detto papà. Mettilo nella cesta, dai. No, ce lo metto io.

Ma lei lo guardava con un’espressione di malinconia. Di struggimento.

Di richiesta di perdono…

E papà, staccando il pesce e buttandolo in acqua Ok, aveva detto, l’anno prossimo si va in montagna. A funghi. E vediamo se…

 

E lei aveva pensato Bello, sì. A funghi.

Chissà, però, se i funghi, quando li cogli…chissà se…

…

…

…

(by poetella)

 

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Vola. Sola sola…

23 giovedì Lug 2015

Posted by poetella in poesia

≈ 18 commenti

Tag

bellezza, bolle di sapone, fine, morte, vecchiaia

sfera-sicurezza-bolla-sapone

(foto dal web)

Vola. Sola sola. Chissà da dove viene.

Dice Guarda! Bella, vero? Lui guarda in direzione della mano che s’è sollevata ad indicare in alto. La bolla. Grossa, luminosa, col riflesso del sole di luglio. Fluttua. Danza. Un riflessuccio celestino.

Leggerezza libera in aria.

Libertà nella libertà.

Armonia di movimenti.

Soffiata da chissà dove, da chissà chi.

Vola. Bella! Dice lei. Bella! Entusiasta come una bambina alle giostre.

Poi, pluf!

Sarebbe bello, dice, finire così. In tutta bellezza. Dice. Senza corrosione. Senza degenerazione. Senza impoverimento. Abbrutimento. Desolazione.

Così. In un soffio. In tutta bellezza. Assoluta. Incontaminata.

Pluf. Bello, no?

Perché invece tutto si… (si specchia nel vetro di una macchina parcheggiata. Si raddrizza. Guarda l’onda dei capelli) perché si deve scolorire, tutto. Sciupare, perché deve consumarsi lentamente prima di.

 

Anche le lampadine si rompono in un pluf, dice lui.

Sì, ok. ma  meno romantiche, no? fa lei.

 

Arrivati.

Rispondi forte al citofono, che tua madre non ci sente. Ok? fa lei.

e lui, Ok.

…

…

…

(by poetella)

 

 

Monteverdi – Toccata Orfeo.

 

 

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