o sei…
ché oggi mi va così.
E niente foto.
E niente musica: Ecco.
IL SIGNORE ANDATO VIA
Era un signore andato via.
A lei qui rimasta tantissimo mancava.
La traccia da lui lasciata segnava ovunque
intorno a lei l’aria.
Come un quadro spostato
per sempre segna la parete.
LA SIGNORA DELL’ULTIMA VOLTA
L’ultima volta che la vide
non sapeva che era l’ultima volta che la vedeva.
Perché?
Perché queste cose non si sanno mai.
Allora non fu gentile quell’ultima volta?
Sì, ma non a sufficienza
per l’eternità.
IL SIGNORE NEL CUORE
Le era entrato nel cuore.
Passando dalla strada degli occhi e delle orecchie le era entrato nel cuore.
E lì cosa faceva?
Stava.
Abitava il suo cuore come una casa.
LETTERA DAL BALCONE
Ti scrivo dal balcone
dove resto ancora un poco questa sera
a guardare l’orto al sole di settembre
a mangiare pane e olio e foglie piccole di basilico
ti scrivo meno fiera di quello che vorresti
sono una donna forte sì
ma con anche continue tentazioni di non esserlo
di lasciarmi sciogliere d’amore al sole
e carezzarti e baciarti un po’ di più di quello che tu vuoi
ti scrivo dal balcone
guardando il fico pieno di frutti
e il pero con le foglie malate
ho qualche pensiero triste
e due o tre sereni.
IL SIGNORE D’ORO
Era un signore d’oro. Un signore d’oro fino, zecchino.
Per il suo carattere duttile e malleabile, per il suo caldo dorato
colore, per il luccichio dei suoi occhi, era un signore molto
ricercato.
I corsi dei fiumi venivano deviati, i fondali scandagliati e setacciati,
ma i signori che affioravano brillavano poco, erano signori
pallidi, opachi, non erano d’oro vero, erano signori falsi.
Non avevano aurifere vene?
No, le loro lente vene scorrevano quasi del tutto essiccate in
direzione dei loro minuscoli cuori, a fatica.
E dov’era il signore d’oro vero?
Lontano, in una casa assolata, pigro e paziente, aspettando di
essere trovato, in un angolino, il signore d’oro luccicava.
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L’amore mio la prima volta che è un po’ distratto
me lo prendo e me lo porto via.
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