E se volessimo parlare di fiori? Se volessimo dedicarci a starli a guardare per ore e ore, fino ad entrare nella loro anima, ché devono avere un ‘anima, ci piace pensare abbiano un‘anima, fino ad entrare nel loro segreto colorato, profumato, effimero, delicato. Se volessimo rimpicciolirci per poter abitare nel loro cuore generoso di frutti, qualsiasi frutto, anche il più piccolo, quasi invisibile frutto, anche quello che non sarà, non maturerà, non si porgerà al morso, il frutto anche meno odoroso, meno succoso, ma sempre frutto. Se volessimo conoscere il mistero del fruttificare, del nutrire, dello sbocciare, del colorare, consolare, addolcire ogni dolore, ogni sconfitta, ogni mancanza
E si cerca di ricolorare i giorni ci si inventa nuove tonalità vecchie dimenticate sfumature trasparenze velature contrasti volutamente azzardati capricciosi audaci. Ci inventiamo una nuova fiammante tavolozza guarda quei nuovi rosa quei gialli! mettici una punta di rosso ma sì cercalo trovalo dev’esserci del rosso da rubare al primo papavero, che so? a una carta di caramella a quella camicia di tanti anni fa. Prova.
Passiamo una mano di bianco copriamo bene la precedente tonalità E, per carità, per carità
più niente azzurro. Finito. Consumato tutto. Amen.
Possiamo dunque abituarci a questa nuova nuance d’azzurro? A questa voce sconosciuta al nuovo delle parole antiche ritrovate ripetute aspettate assorbite come acqua di pioggia dopo l’afa. Del deserto.
Possiamo dunque abituarci a sentirci Dea su un altare straniero con altri fiori altre luci altre preghiere? Altri miracoli.
Miracolosa primavera che stani l’inverno e lo scalzi via con quelle tue mani di terra e di sangue
Niente di meglio che… Come fosse possibile fuggire. Figuriamoci!
accendere una sigaretta e guardare lontano. Lo splendore del tramonto sui colli. A che serve fuggire?a che sarebbe servito? Aveva avuto informazioni certe dal genio che le dormiva in petto. E ogni tanto si svegliava per darle un buffetto. Ehi! Ehi! Dai… Ma sì, dai!
La musica le risuonava nelle orecchie. E dopodomani sarebbe arrivata la primavera. Ce n’erano già da un po’ le avvisaglie. Dunque, andiamo! Si riapra la caccia. Al fiore, al tepore. A nuovi sguardi. A nuovi occhi. Già s’allineavano le prede. (chi l’avrebbe detto! Una tale varietà di selvaggina!) Bastava, sarebbe bastato puntare. Con attenzione. Mirare bene. Concentrata. Poi scoccare.