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(foto di poetella)
– guarda, eh…
– no, dai…(voce piagnucolante)
– guarda, guarda…(aria di sfida)
Il braccio teso, leggermente spinto indietro, il sacco
bene impugnato, scende dal marciapiede e lei guarda a destra. A sinistra.
– e dai che ti strappi (voce implorante protettiva scocciata)
Lei pensa: le macchine. Ora passa una macchina e se lo porta. Magari! Dai, che magari… poveraccio. Tutto in un attimo.
Pensa: ti fai male. Ti strappi la spalla. Poi rompi per due mesi. Le pomate. Gli esercizi contro il muro. Ed i Chiamami il dottore, stamattina, dai. Ed i Mi dovrò operare. Allarmato.
Tutto in un attimo.
Pensa: guarda che sole. Che festa. Che spreco.
Tutto in un attimo.
Nell’attimo in cui lui porta ancora più indietro il braccio, poi avanti, sciolto, plastico, e molla la presa.
Il sacchetto della spazzatura sorvola la strada. Disegna un cavalcavia d’aria e si ficca nell’unico angolo libero del cassonetto aperto e strabordante.
Clock!
Lui la guarda fiero.
Eh? Che lancio, dice.
Dal balcone del primo piano la vedova Pandolfini Carpetti, in vestaglia un po’ slacciata sul seno, si sporge, sorride, applaude. Civetta.
E lei, mormorando
– sai fare solo cose che non servono a un cazzo. E sorride.
E non si capisce bene se il sorriso sia mosso da tenerezza o sconforto. O rassegnazione.
O sia mosso da tenerezza, sconforto e rassegnazione.
O rassegnazione, tenerezza e sconforto.
O sconforto, rassegnazione e tenerezza.
Cioè, lei lo sa. Chiaramente.
…
…
…
(by poetella)
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