Raymond Carver
Da Blu oltremare- Mesopotamia. –
Di Raymond Carver
Mi risveglio, prima dell’alba, in una casa che non mi appartiene,
e sento una radio accesa giù in cucina.
La foschia vaga fuori dalla finestra mentre
una voce di donna legge il notiziario e poi le previsioni del tempo.
Sento quello e lo sfregolio di carne
che tocca l’olio bollente della padella.
Resto in ascolto, insonnolito. È un po’ come,
ma non proprio, quando da bambino me ne stavo a letto,
al buio, e sentivo una donna piangere
e la voce irata, oppure disperata, d’un uomo
mentre la radio faceva da sottofondo a tutto. Invece,
quello che sento stamattina è l’uomo di casa
che dice:”Quante estati mi rimangono ancora?
Dimmelo un po’”. La donna non risponde niente.
O non la sento. Ma come potrebbe rispondere
a una domanda del genere? Subito dopo
sento lui che parla di qualcuno che, secondo me,
non c’è più da un pezzo; “Quello sì che sapeva dire:
‘O Mesopotamia!’
E il pubblico si scioglieva in lacrime”.
Balzo dal letto e m’infilo i calzoni.
Nella stanza c’è abbastanza luce per capire
finalmente dove mi trovo. Sono ormai grande, grazie al cielo,
e questi sono miei amici. Le cose tra loro,
al momento, sembra non vadano tanto bene. Oppure,
vanno meglio del solito
perché si sono alzati presto per parlare
di cose di una certa importanza
come la morte e la Mesopotamia. In ogni caso,
mi sento irresistibilmente attratto dalla cucina.
Un sacco di cose misteriose e importanti
stanno succedendo laggiù, stamattina.
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