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Senza paragone
come le questioni che affronti a naso all’aria e una ciocca ribelle sulla fronte
e ti lasci dietro come grani di melograno quella che eri (ti macchiano ancora le mani. Ammettilo) cercando quella che sarai tra le ore tutte in fila spezzettate in interminabili, incommensurabili minuti ripartiti in secondi eterni.
Senza paragone
come costatare che quella te che amavi di più, quella te che eri più tu forse sta già morendo e cominciare ad apprestarle il funerale sperando sempre ancora, fino all’ultimo momento, in una medicina, un siero, un potente antidoto tuttora completamente da inventare, testare, collaudare
che guarisca. Che salvi.
Senza paragone
Come vedere, appena uscita in balcone, un gabbiano (un gabbiano da queste parti?)e ingannarsi, costruirsi una motivazione cercandola in suggestive combinazioni di sacro e profano, di qui e ora, di sempre, di mai, pensando che magari sia messaggero di un’anima libera e lontana che venga a dirti che è ancora e ancora e ancora presumibilmente con te.
Anche se non vedi. Non senti. Non sai.
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(by poetella)
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