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Senza paragone,
amore mio, come questa pazienza che mi si slarga in petto come ad aspettare che cadano le foglie, che si formi la crosticina sulla ferita. E non la staccare. Lasciala cadere da sola. Resistiamo.
Senza paragone,
amore mio, come la pazienza d’aspettare che si spoglino gli alberi e pure i desideri, aspettare che arrivi il freddo da placare tra le tue braccia, vuoti i parcheggi cittadini accanto agli uffici, la notte, vuote le valige dei ficcanaso, perse in qualche stazioncina abbandonata, dove i treni non si fermano più. E i sogni corrono liberi.
Senza paragone,
amore mio, come aspettare che l’acido si autoconsumi, che i vermi tornino sotto terra inoffensivi ed occulti. Luogo adatto al loro strisciare cieco.
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Senza paragone, amore mio,
come tenermi in gola il segreto del tuo e il mio nome allacciati e non andarli ad urlare sulla cima più alta del monte più alto della catena più alta di monti incatenati come il mio destino al tuo, ormai per sempre. Che nessuno sappia. Nessuno dica. Nessuno diffonda.
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Senza paragone, amore mio,
come lo stupore a vedere quella coccinella stamattina, mentre pensavo a noi, lontani, per quanto, ancora? che si posava sulla mia mano – porta bene, no?- mentre camminavo e speravo e sognavo. Di noi.
Finalmente prima o poi di nuovo vicini.
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(by poetella)
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