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vastità(foto di poetella)

E qui la voce di poetella

Un luogo familiare. Dove ogni mattina cammino e cammino. Attenta. Occhi e cuore e mente aperti. In attesa. Non si sa bene di cosa. Ma se non…
Cammino, dall’autunno all’estate, passando per inverno e primavera. Ah, la primavera!
Cammino, anche con la poggia. Con la neve. col ghiaccio no. Ho paura. Ché già sbando, oscillo, vacillo, scivolo di mio.
Meglio non rischiare su supporti poco sicuri. Meglio un piano di certezze. Che poi, figurati! Quali certezze?
Che si sgretolano con un niente.
Una minuscola vibrazione. Le famose ali di farfalla a chilometri e chilometri.
Ecco che nome dovrò dargli.
Ali di farfalle.
Così il motivo del crollo delle certezze farà meno paura. Apparirà sicuramente meno minaccioso.
Meno fumo nero che oscura il sole.

Tuttavia, diciamolo: il crollo di una certezza da sicuramente modo ad un’altra di consolidarsi.
La verifica, per lo meno.
Ma sto andando un po’ fuori del seminato.

Si scriveva di un luogo conosciuto, abituale, in una delle prime, fresche, mattine d’autunno, luogo che è riuscito, guarda caso, nel suo intento (suo?) di stupirmi. Volente o no. Chi lo sa mai?

Dunque, nelle orecchie quell’Amapola arrangiata da Morricone. Partono i violini, guardo su e
contemporaneamente sette, otto, dieci, di più? voli, un ventaglio nero nell’attimo di aprirsi e fare fresco, a tempo di musica.
Il cielo terso, azzurro, immobile.

Poi increspato come da un trasalimento, un cedimento di nitidezza, uno sgranare di messa a fuoco.
Increspato come da un velo d’acqua.

No, lacrime. Mie.


(by poetella)

 

 
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