[Sei Shōnagon mi perdonerà…]
Il gatto nero che riposa sulla yucca, tutto ferito, che mi viene incontro e si struscia contro le mie gambe, zoppicando.
Un vecchio biglietto vidimato della metro, con scritto qualcosa che non si legge più. Ma si sa.
Il punta spilli a forma di coniglietto fatto da nonna. Che spunta da un cassetto. E l’avevo dimenticato.
Quella nuvola a forma di cuore. Rosa. All’alba. Mentre, ovviamente, pensavo a
Una scatolina trasparente, prima conteneva formaggini, forse, con dentro una ciocchetta di capelli sottili sottili, e un dentino.
E, sempre mettendo a posto cassetti, un nastrino rosso e una carta dorata. Che non ricordi più cosa contenesse. Ma non importa.
Il bastoncino con la punta azzurra tutta scolorita, del test di gravidanza. Di tanti, tanti anni fa.
La fotografia della classe. La prima classe. Coi fiocchi sul grembiule nero. E la suora maestra. Alta alta. E sorridente. Ed io vicina a lei, tra quaranta ragazzine. Fiera.
Papà che mi diceva Che occhi verdi che hai! E non ci vedeva quasi più.
Mia sorella che mi chiama Cia mia.
Papà che mi chiamava Amore. Piano piano. Piano piano. Dolcemente.
…
…
…
(by poetella)
certi ricordi commuovono, li guardi come qualcosa di perduto…
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o di ritrovato…
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oggetti che diventano voci, volti, sorrisi…quando succede ci si lascia attraversare dal passato
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proprio così…
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