Ma come si fa che certi giorni il sorriso
non ce la fa a sentirsi coperchio di tutta questa angoscia che viene su da mille grovigli, da mille inganni, da mille e mille menzogne pietose a mascherare, da mille inconfessate certezze.
E il figlio che non. E il marito che non. E il padre che non. E l’amante che non. Anche l’amante che non. E la gente che non. E la vita che non.
La sorella, poi. La sorella lontana più di quanto non sia lontano l’oceano di fatica a tenersi sulle spalle tutta sé. Intera e sola.
Ma come si fa che certi giorni il sorriso
vorrebbe piegarsi all’ingiù, come all’ingiù stanno tutte le malinconie dei traditi sogni di bambina che, certo, non dico di no, va bene, va bene, confesso, sognava un po’ troppo e sicuramente a sproposito.
No. Non sicuramente. Forse. Ecco. Forse a sproposito. Ché a sognare, se uno deve proprio sognare, meglio sognare in grande. No?
Tanto, poi, in genere, ci si sveglia. Che non è possibile continuare a dormire. E dormire.
E dormire.
Si deve agire. Si deve fare. O almeno disfare il malfatto. O almeno provarci.
Ma come si fa che certi giorni il sorriso
è dipinto come su una bella faccia di clown. Una bella mezzaluna rossa e le crocette per occhi. Che basta qualche goccia di pioggia (di pioggia?) a scioglierlo. A scolorirlo. A cancellarlo.
Poi, comunque, con colori acconci e mano esperta, allegra!
provando e riprovando, diciamo che, diciamo sì, che si rifà.
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(by poetella)
L.S. Bach-bwv639 John Lewis Grant
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