(foto di poetella)
Poi era scappata via, la porta che si chiudeva dietro di lei, ancora il sorriso.
Le scale, a piedi. Troppo ferma, in ascensore. Doveva camminare. Muoversi. Veloce.
Al primo pianerottolo, una sigaretta. E giù, di corsa, per le scale. Fino a fuori. Ancora chiaro. Neanche una nuvola. Gente in giro. Gente ferma a chiacchierare. Gente che entrava nei negozi.
E lei che scivolava come un’ombra. Le sembrava di sorvolare il terreno. Di scorrere come fiume calmo, colmo. Lento. Consapevole.
Tutti i gesti, le parole, Che bella che sei! Tu, bello, tu! Lo sfiorarsi, il serrarsi, il guardarsi. I capelli sugli occhi, la pelle sotto le labbra. Le mani. Le mani! Le gambe, le braccia, il collo, le spalle, quel petto largo, l’impasto di sussurri, il sudore. Quel darsi parossistico. Come fosse la fine.
Straziarsi. Sfinirsi. Sfibrarsi. Provvista di piacere. Di Bellezza.
Tutto che le rimbombava dentro, che cantava, che urlava. Coccolava, addolciva. Ancora di più.
Ripensava a tutto e tornava a viverlo. Le parole! Tornava a viverle, per strada, alla fermata dell’auto. Riascoltava quella voce. Sull’auto, tra gli scossoni, i fiati, la stanchezza e gli odori della giornata degli altri. E il suo profumo. Ancora il profumo addosso. Il profumo che copriva tutti gli altri odori. I pensieri che coprivano tutti gli altri pensieri. Le sensazioni ancora nella carne, che coprivano tutte le sensazioni. Poi in metro. Aveva aperto il libro, ne portava sempre uno dietro, poi richiuso. Niente libro. Non c’era posto per niente.
Tutta la mente occupata a rivedere, ricostruire, riproiettare percezioni, emozioni, sussulti di meraviglia.
Niente libro. E niente messaggio. Silenzio. Aveva imparato.
Granello a granello, riedificava il desiderio.
Lo nutriva. Lo custodiva e alimentava. Fino a
…
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(by poetella)
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