Nell’orrore del periodo storico che stiamo vivendo, volgare, violento, ignorante, l’unico conforto è nascondermi nella musica.
Non ascoltare, non guardare…
starmene acquattata dentro casa con queste meraviglie nelle orecchie, e tv spenta.
Tra l’altro questa esecuzione della Suite Bergamasque è insuperabile. Come insuperabile era quell’uomo. La sua biografia è una sommatoria di genio e sregolatezza. Le sue esecuzioni straordinarie! Ho ascoltato una registrazione della Suite suonata dal suo autore, Debussy. Beh, Samson François la suona meglio! Giuro!
un angolino di casa… e sulla colonnina di legno un gioiellino di fine ‘600.
Qui la descrizione dei periti dell’asta di Pandolfini:
VERSATOIO, FAENZA, FINE SECOLO XVII
in maiolica dipinta in policromia, corpo globulare rastremato verso il piede con strozzatura cilindrica e piede basso a orlo arrotondato, collo cilindrico rastremato al centro con orlo arrotondato, ansa a doppio cordolo desinente a ricciolo contrapposta al cilindrico. Il decoro è interamente realizzato su fondo azzurrato con elementi fitomorfi e piccoli animali e insetti dipinti in blu, interrotto dal cartiglio iscritto a lettere capitali. L’orciolo trova confronto in esemplari molto simili di produzione faentina con decoro “calligrafico” della fine del Seicento; alt. cm 19,7, diam. bocca cm 10,2, diam. piede cm 9,2
Certo, oltre a lei ci sono tanti altri oggetti da guardare…
Circondarsi di bellezza sicuramente aiuta. Va gestita, ovvio, la bellezza.
Vuoto. Tempo vuoto come vuote sono le parole che si porta il vento,
ma dove se le porterà mai se non c’è luogo, non c’è spazio che contenga, che raccolga, non c’è cuore che risponda, che domandi, che s’aspetti qualcosa dal vento o da chi sa che. Chi. Come. Dove.
Vuoto. Tempo vuoto come vuote sono le tasche della vestaglietta di casa,
senza fazzoletti che tanto che piangi a fare se qui è tutto vuoto e nessuno ascolta e nessuno placa e nessuno torna a ricucire lo strappo e nessuno medica, lenisce. Sana.
Vuoto. Tempo vuoto come vuote sono le giornate,
poca fatica, molta noia, a ricontare i giorni delle comete e delle valanghe che hanno rivoltato il mondo largo largo tondo tondo troppo grande o troppo piccolo per contenere ancora
E non certo perché, e lei sapeva perché, ma comunque non ostante ormai fossero lontani i miracoli e gl’inni, non ostante lo scorrere dei secondi fosse un lungo laccio di perline, molto più simili invero alla resina opaca dell’ambra che alla sericità lucente dell’oro o delle lacrime
ma comunque, non ostante tutto fosse probabilmente già stato scritto, detto, fatto e non ci fosse sicuramente più possibilità di ritracciare un leggerissimo segno di correzione, che non si vedesse quasi, che non saltasse all’occhio, non ci fosse possibilità di sperare in uno svolgimento diverso, un cambio di tema, una nuova interpretazione della traccia
ma comunque, non ostante ormai si viaggiasse in incognito senza bagaglio guardando fuori del finestrino gli spazi dilatati del tempo ormai da venire
si diceva, tuttavia, non ostante questo mare di malinconia che, stranamente, costeggiava il viaggio sia a destra che a sinistra, come si fosse su un infinito viadotto sospeso lei, ancora, e in fondo piuttosto spesso si ritrovava a sorridere alle sue rose.
Insomma, ieri, al mercatino di Ponte Milvio, ho comprato per 20 euro(!!!) questa minuscola scatola d’ottone. Immaginavo fosse una tabacchiera, ma ignoravo chi fosse il fanciullino effigiato sul suo davanti e di chi fosse lo stemma (che mi pareva inglese, o forse olandese) sul retro della scatola. Al suo interno uno strano pernino. A che serviva? Tutte domande che mi sono posta e che speravo di risolvere con le mie ricerche matte e disperatissime, nel pomeriggio, a casa.
E infatti… s’è svelato l’arcano.
Il fanciullino è il principino Guglielmo D’Orange a cinque anni, prima che divenisse Guglielmo III d’Inghilterra. Effige copiata da una medaglia coniata da uno dei migliori coniatori di medaglie di Amsterdam del ‘600, Pieter van Abeele.
Il piccolo perno all’interno serviva per compattare il tabacco all’interno della pipa.
La chiusura è molto carina. Un piccolo gancio che ruotando entra in un occhiello.
Lo stemma non so bene a chi appartenga. Forse apparteneva al committente della tabacchiera.
La tabacchiera fu prodotta in Olanda in serie tra la fine del ‘600 e la prima metà del ‘700. Con tecnica a stampo.
Insomma, dato che lo uso come portacenere… non male, vero?
Ma tu, che ne so,ti volasse una farfalletta bianca ostinata,
insistente, vibrante, tremante, anche trepidante, a circoli, a zig zag, a capovolte, a corsi e ricorsi, a tratti, a volte, a disegnare l’aria avanti agli occhi
ma tu, che ne so, ti cadesse piano, lentissimamente,
davvero mollemente, malinconicamente, direi, struggentemente come cadesse un pensiero nell’oblio, una speranza nel niente, come cadesse una lacrima minuscola, lucente, ti cadesse una foglia di platano davanti agli occhi e sì che è estate!
Ma tu, che ne so, ti sorvolasse qualcosa rombando,
spostando l’aria con gran turbamento, forando nubi, tagliando in due il disco del sole, il letto del cielo (da una parte tu, da un’altra io)
è quando tutto si confonde, si mescola, scompare e riappare trasfigurato dal dentro del più fondo dentro, è quando si cancellano i contorni delle idee e sfumano e si mischiano a quelle da pensare ancora, a quelle da cancellare, a quelle da radicare ai sogni
è quando la luce diminuisce, sfiata,
è quando tutto combacia coi desideri temuti, inconfessati, coi sogni rifiutati, scacciati, è quando la giornata si dissolve col suo bagaglio di realtà noiose e intollerabili