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Poetella's Blog

~ "questo sol m'arde e questo m'innamora"- Michelangelo

Poetella's Blog

Archivi del giorno: 16 febbraio 2012

Non c’è da fare più…(notturno)

16 giovedì Feb 2012

Posted by poetella in attesa, notturno

≈ 8 commenti

Tag

grande fantasia

 

 

 

 

 

 

 

(foto di poetella)

 

Non c’è da fare più

stasera che bere questa tisana profumata

d’erbe

che non riconoscerei

nel prato

se nel prato potessi, adesso

 

Non riconoscerei ché non conosco erbe

e alberi. Ignoro i loro nomi.

Sono una cittadina.

 

E sì che li guardo gli alberi 

mi sembra abbiano occhi, gli alberi

e una vita cosciente

tra volute di corteccia e rami

e l’erba

l’erba mi stupisce

sempre

con tutti quei suoi verdi di grande fantasia

Libera tavolozza l’erba. Grafia d’eccellenza

 

Ma non ce n’è ora

che nella mia tisaniera gialla

erba a  stordirsi d’acqua calda

e rinvenire

e riprendersi il profumo del prato

e ridarmelo generosa

 

mentre c’è tempo per ascoltare

il suono dei miei pensieri lenti

che gocciano un po’

 

aspettando che si sciolga la notte

e poi il giorno di faccende

tra macchine e sampietrini scuri e vociare

inconcludente. Aspettare che. Ma che?

…

…

…

(by poetella)

 

 

Ascolta poetella

 

 

.

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una cosa di tre anni fa….

16 giovedì Feb 2012

Posted by poetella in amore clandestino, assenza prersenza, camminare guardando, emozione, poesia, quasi racconti

≈ 13 commenti

Tag

guardo, occhi bassi, signorina

Foto di poetella

(foto di poetella)

 

La gente, per strada, non ti guarda.

la sbirci scivolare via veloce, senza rumore.

Certe volte solo i tacchi sul cemento.

M’accendo una sigaretta e continuo a scrivere.

Neanche io guardo, però.

Magari prima, quando siamo lontani.

Ma poi, a tiro di sguardo, no.

Occhi bassi e avanti.

Certe volte però li alzo, gli occhi.

Così. non so perché.

e mi fa strano.

Non lo so dire. Come un desiderio di conoscersi,

in quegli attimi.

Come fosse possibile. una specie di riassunto di vita.

Così.

Si resta tre, quattro secondi, occhi negli occhi.

Poi, via.

Uno a nord, uno a sud. O a est e ovest. Insomma, via.

 

Cammino molto la mattina.

C’è uno che incrocio forse da sei, sette anni,

tutte le mattine. Quasi.

Con quello ci guardiamo.

Ormai è come se ci conoscessimo.

Se non lo vedo penso che sta male.

Credo che anche lui.

Magari un giorno lo saluto. Chissà, forse dovrei.

Mi sa che lo pensa pure lui,

coi suoi vestiti seriosi e la valigetta di pelle nera.

Consumata.

Forse è un prof, come me. Oppure un impiegato

delle poste.

No, che ci fa con la valigetta?

È un prof. Coi compiti da correggere e la pizza.

Per ricreazione.

 

Boh, che ne so chi è.

È strana ‘sta cosa.

Magari se lo incrociavo nel bosco, d’estate, a funghi,

lo salutavo. no?

nel bosco ci si saluta. Ma per strada, in città…

tutti diffidenti. di corsa.

S’addormenta pure la curiosità. anche la cortesia.

Si tira dritto.

– Ma vai sempre a piedi a scuola? m’ha detto papà,

a Natale.

Non ci si vedeva da un po’.

Ho fatto sì con la testa.

– e non ti si avvicinano con la macchina?

e ti dicono Signorina, la posso accompagnare?

L’ho guardato.

– Papà! ho cinquantasei anni!

Però m’è piaciuto che ha detto così.

In fondo è uno dei primi complimenti che mi fa.

Magari lui me lo diceva, Signorina…

 

Tu non mi dici Signorina.

Tu, certe volte, smetti di baciarmi,

mi tocchi leggero dal viso alle spalle,

giù per le braccia.

Mi prendi le mani e m’allontani un po’.

Poi, Ciao, Belladonna! dici.

e io Ciao!

E ricomincia la festa

…

…

…

(by poetella)

 

Ascolta

 

.

 

 

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ancora ricordi…

16 giovedì Feb 2012

Posted by poetella in atmosfere magice, attesa, crescere con l'amore, emozione, fiabe, le cose importanti, mamma, quasi racconti, speranza

≈ 2 commenti

Foto di poetella

(foto di poetella)

 

Bambine! si va in centro! aveva detto mamma, bella bella, col vestito rosa di piquet, stretto in vita, sottile la vita di mamma, le braccia nude piene di lentiggini.

La gonna svolazzava larga e gonfia ad ogni passo, sbruffo di  petali di peonie, mentre prendeva i due vestitini uguali verde acqua per le gemelle. Disegnati, tagliati e cuciti e provati in pochi giorni. A scuola finita. Anche per lei.

Giugno si slargava pieno di vacanze. E di sole. E di attese.

 

In centro. Bello. Le compagnette delle gemelle dicevano Ieri so’ andata a Roma e loro Ma non stiamo a Roma?

Ma la mamma no. Lei diceva in centro. La mamma sapeva bene tutte le parole. Sapeva tutto e sapeva insegnarlo. La mamma era bella bella.

 

E ora in centro a passeggiare coi vestitini nuovi e mamma tutta luce e magari pure il gelato e stare ben attente a non sbrodolarsi. Attente attente.

Tanto Tata si sbrodolava sicuro. Lei no. Lei era una brava bambina. Se lo voleva far dire spesso, per crederci. Una brava bambina composta, che non si sbrodola. Tata non era brava. Le faceva i dispetti. E diceva sempre Brutta lenticchiosa, se vedeva che la sua bambola era più stropicciata e ciondolosa e sporca e allora Brutta lenticchiosa a lei, per vendicarsi.

E lei piangeva  piano e non si faceva vedere da mamma, che se no mamma prendeva la cucchiarella di legno e giù a spezzargliela sulle gambe a Tata.

E poi Quando viene papà il resto, diceva. Che pizzicava di più quella frase che le strisciate di cucchiarella stampate sulle gambe.

 

E allora lei non diceva niente a mamma di Brutta lenticchiosa. Se ne stava a pensare che le lentiggini, come mamma, solo lei. Pure se i capelli erano neri. Ma le lentiggini, come mamma, solo lei. E poi piangeva piano piano, in cameretta, senza farsi vedere, sommessa come un sobbollire di minestrone. Di lenticchie. E aspettava. Aspettava che Tata. Ma quella mai. Mai a dire scusa.

No. Non era una brava bambina. Per niente era una brava bambina. Tanto si sbrodolava sicuro col gelato, se mamma lo comprava. Sicuro.

 

Vi devo raccontare una bella cosa, aveva detto mamma sul tram che traballava sferragliando tra le casone alte alte, verso la Bellezza. Tata coi piedi di qua e di là della ruota dello snodo, che si faceva trascinare e sballottare ad ogni curva e rideva e rideva e mamma a dire Sssshhhhhhhhh! Buona. Buona un po’. Vieni qui. Buona. Zitta.

Figurati! Buona Tata! Quando mai! E lei si teneva salda, eroica, vedi come sto buona pensava. E che fatica su per i polsi. Ma lei contrastava. Contrastava la vita che voleva farla cadere. Forte contrastava i sobbalzi. E le paure.

 

Arrivate. Spalancata la piazza della stazione Termini. Immensa di luce di giugno, di gente, di macchine e autobus. D’estate e di vacanza.

Camminavano tutt’e tre, le gemelle con le scarpette bianche ben pulite col bianchetto e mamma cantava   

Que Sera, Sera,
Whatever will be, will be
The future’s not ours, to see
Que Sera, Sera
What will be, will be

Bella mamma, coi capelli rossi come un incendio sulla schiena.

Sediamoci lì, aveva detto.

Una panchina sotto i platani. A terra un chiacchiericcio di piccioni. E loro, buone, scarpette, borsetta, guantini bianchi, il gelo del marmo sotto le coscette nude. I piedi penzoloni.

Vi voglio dire bene bene una cosa, aveva detto mamma, con un’aria magica. Misteriosa.

Siete grandi, ormai. Vi voglio dire come nascono i bambini. Va bene? Volete?

 

E loro Sì. Insieme. D’accordo, adesso.

Tutt’e due Sì, con la testa. In attesa.

…

…

…

(by poetella)

 

Que serà serà – Connie Francis

 

 

 

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