Sono indaffaratissima!
Buona giornata a tutti!
15 venerdì Lug 2022
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05 mercoledì Ago 2015
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in(foto di poetella)
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Sono tutte lì. Sigillate.
Strette, vicine vicine. Sai, le lenticchie di Castelluccio di Norcia? Così.
Va bene, mica solo quelle stanno così. Comunque, diciamolo, quelle sono più buone.
In ogni caso se ne stanno lì così, loro, e non se ne parla di farle uscire.
Non ne vogliono sapere.
Io lo so che ci sono, che ti credi? Lo so.
Faccio l’indifferente. Ogni tanto butto uno sguardo, di lato. Sottile sottile come uno spiffero d’aria. Guardo. Controllo. Ci sono. Richiudo.
Tutte voltate una verso l’altra, stanno. Chiuse al fuori. Compatte.
Chissà quando si decideranno che basta. Basta. È ora di prendere un po’ d’aria.
Ti tirare fuori la testa e farsi guardare.
Come sei carina! Che gentile! E tu, che impunita! Lei, elegante, eh! Parecchio!
Farsi guardare, girarsi e rigirarsi, sculettare anche un po’. Ché loro sono così, che ti credi. Fanatiche. Vogliono tutti gli occhi addosso.
Vogliono fare la sfilata sulla passerella.
Magari pure con la guida rossa.
Tutte profumate.
Oppure no. Loro.
Insomma, volete smetterla di starvene lì dentro, col broncio e l’aria da pasionarie in rivolta?
Fuori!
Vi tratto bene. Ci provo almeno. Vi faccio cantare. Pure ballare. Giuro!
Ma per carità, per misericordia, per quello che cacchio vi pare, ok, ok. solo perché…
(come diceva Peter O’Toole in Lawrence d’Arabia?)
insomma, fatelo perché, perché questo è il vostro piacere,
care le mie parole!
Care, care, indispensabili amiche mie.
Ok? Fuori!
Basta silenzio.
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(by poetella)
16 sabato Feb 2013
(foto di poetella)
Che poi, ogni tanto, ci penso.
Ci penso che sì, la vorrei proprio scrivere ‘sta storia.
Tutta. Dall’inizio.
Che poi penso ma a chi gli frega di questa storia?
Chi potrebbe mai essere interessato a leggerla.
Sì, va be’, mi dico, una storia è una storia.
Poi uno, magari, ci si ritrova. Che ne sai? che è questo il bello delle storie scritte, no?
E poi, però, ma come la scrivo, mi dico.
Scrivo proprio tutto?
Dall’inizio?
Scrivo come è cominciata e tutto quello che è successo, in fondo sono quasi cinque anni.
È un bel periodo. Ci verrebbe proprio giù una bella storia. Magari un racconto breve.
O lungo. O un corto romanzo.
O magari pure lungo, se ci metto proprio tutto. Anche senza inventare niente.
Ma ce lo metto come?
Potrei fare che sono io che racconto. Ma a chi?
Ecco, potrei fare come quello splendido libro di Antunes, sì, In culo al mondo, che lui racconta a quella tipa che non parla mai. Ma si capisce che quella ascolta. Si capisce da quello che scrive lui.
Che lei non sa niente perché si sono conosciuti in un bar, tutti e due con la voglia di ubriacarsi. Tutti e due maledettamente soli.
Ma io non ci vado nei bar ad ubriacarmi. Per adesso, per lo meno.
E allora?
Che faccio? Scrivo che incontro un’amica che non vedo magari da dieci, quindici anni, che riciccia per qualche strano intruglio del destino e vuole sapere. Lei.
Ecco. Ci troviamo e io le racconto. Tutto.
Da quando ci siamo lasciate a quello che ho fatto, chi ho conosciuto e piano piano, arrivo a lui.
Lui!
E butto fuori tutto.
E quella ascolta. Zitta. Magari ogni tanto le faccio dire qualcosa. Ma no a lei. Lo faccio capire che dice qualcosa. Io le so fare ‘ste cose.
Potrei fare così.
Poi ci potrei ficcare anche altro, pensierini, considerazioncine, sì, insomma, qualche svolazzo poetico. Tutta la mia rinnovata, oppure no? Ma sicuro che s’è rinnovata? O era già tutta così? Boh!
Beh, tutta la mia filosofia di vita.
Magari verrebbe fuori una bella cosa.
Che ne so.
Ci penso, ok?
Poi, vediamo.
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(by poetella)
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27 domenica Gen 2013
(foto di poetella)
E mentre riponeva l’ultima pentola, l’ultimo coperchio, ben asciugati che se no le goccioline, il calcare, l’opacità triste e scialba, mentre asciugava con energia il lavello d’acciaio, controllando ombre ed eventuali malinconie residue, dandoci dentro per vincere la battaglia della lucentezza assoluta,
mentre s’asciugava le mani sperando per l’ultima volta, in quella giornata con quei suoni, quelle parole da due televisori in due stanze diverse, e in una era lei e doveva stare la e non poteva volatilizzarsi, nebulizzarsi, scomparire, evaporare, con quei discorsi che le trapanavano le orecchie di scialberie totalmente estranee al suo pensare, al suo sentire, mentre pensava che tra poco, finalmente si sarebbe seduta, avrebbe acceso la sua sigaretta e si sarebbe isolata da tutto quel ciarlare di palloni, azioni, scuse, esaltate urla per esaltanti azioni impossibile, ma poi possibili,
quel domandare di quanti punti, che postazioni in classifica, quello è un venduto, quello non ci capisce niente, ma perché non lo cacciano, tutti quei discorsi, e non mi venite a rompere le scatole che ormai è successo, tutti quei discorsi, io dico semplicemente che il discorso è molto particolare (ma che discorso? Ma quali discorsi?)
mentre si isolava completamente, ci provava almeno, da tutto quello che aveva fatto, sistemato, preparato, archiviato, congelato, riposto, ripulito, controllato, da tutto quello che non aveva fatto e avrebbe voluto fare
aveva pensato
oggi, niente leggere, niente scrivere, niente musica, niente niente
mentre pensava così aspirando lenta il fumo saporito della sua sigaretta serale, aveva concluso, ok! rimediamo.
Adesso si scrive. Ecco.
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(by poetella)
Over the Rainbow – Israel Kamakawiwoole.
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