(foto dal web. Rodin :Adamo ed Eva addormentati)
Magari è solo la mia solita fame a oltranza di bellezza che mi fa calare gli occhi sul braccialetto coi ciondoli che ho comprato ieri. Mi tintinna al polso.
La stessa che mi spinge ad aprirli prima di te per spiarti rilassato, col respiro lento di un antico guerriero greco addormentato, i capelli scomposti, la mano sinistra sotto la nuca, la destra sulla mia coscia. Il celeste che ti traspare dalle palpebre sottili.
E il petto che si solleva e abbassa lento.
Che quasi mi sento in barca.
E forse siamo in barca. Forse siamo su una zattera che vaga su acque calme, adesso, tra ghirlande di fiori galleggianti.
Sarà la mia eterna fame di bellezza che mi fa frugare trai rami dell’albicocco, quando sono in classe, porta socchiusa e quello splendore nel patio e io che cerco il chiarore di petali, il tramestio di promesse, il sospiro della luce.
Come potrei, come avrei mai potuto vivere senza di te, amore mio che solo a ricordare l’elasticità del tuo passo, quel tuo tenere la giacca sopra la spalla con l’indice, quel tuo reclinare la testa di lato, già tremo come fossi la tua preda o la vergine da immolare al dio delle selve.
Bizzarro paragone, vero?
Io che corro da te ogni volta con le braccia piene di meraviglie e te le verso addosso e ci cucio vestiti trasparenti per poterti continuare a guardare.
Ché il piacere che mi dai non è inferiore a quello che provo, che ho provato e proverò davanti all’Antea di Parmigianino, a Capodimonte, o al Narciso, certo, quello di Caravaggio, così bruno, così diverso da te che sei diafano e luminoso come un principe del Nord.
Così, come te, però, quasi dolorosamente bello.
…
…
…
(by poetella)
.