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un altro giorno!
Dai! Diamoci da fare!
E buongiorno a tutti!
23 giovedì Dic 2021
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un altro giorno!
Dai! Diamoci da fare!
E buongiorno a tutti!
21 martedì Dic 2021
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inPoco prima di svegliarmi ricordo di aver sognato un caro amico.
Che poi, amico…
Ma vabbè, non è questo il punto.
Lo aspettavo all’angolo di una strada che forse era dietro casa di quando ero ragazza e ero innamorata di lui.
Poi arrivava, tutto elegante, scarpe di vernice (ma quando mai!) e gliene domandavo il motivo.
Dice Devo andare in tribunale a parlare con un avvocato.
Delusa. Avrei preferito averlo per me.
Dice Tu mi sei molto di aiuto con la tua compagnia…
Sempre la stessa storia, pensavo.
(Tutto nel sogno, questo)
pensavo Sempre sfruttata, cavolo.
Il sogno sembrava lunghissimo e così reale che appena sveglia ho pensato Devo risentirlo, porca miseria!
Poi ho ricordato che da quasi un anno non c’è più.
Allora mi sono alzata, sono andata alla finestra e si stava facendo giorno.
Pieno di nuvole.
…
…
…
(by poetella)
11 sabato Dic 2021
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in02 martedì Nov 2021
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income il rosso che macchia il cielo all’alba o al tramonto
(e pensare che una cosa è l’alba, un’altra il tramonto )
e come si fa, come si fa a provare la stessa dolcezza, a provare
la stessa meraviglia, lo stesso infocato stupore, gli stessi trasalimenti
come si fa a cogliere gli stessi sfondi di sfavillante bellezza
gli stessi densi silenzi o le stesse trepide, languide note
come si fa a lasciarsi cogliere dallo stesso senso di attonita attesa
ché, si sa, un conto è aspettare il giorno
tutt’altro la notte.
…
…
…
(by poetella)
02 sabato Ott 2021
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in04 venerdì Nov 2016
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in(foto di poetella)
… come il rosso che macchia il cielo all’alba o al tramonto
(e pensare che una cosa è l’alba, un’altra il tramonto )
e come si fa, come si fa a provare la stessa dolcezza, a provare
la stessa meraviglia, lo stesso infocato stupore, gli stessi trasalimenti
come si fa a cogliere gli stessi sfondi di sfavillante bellezza
gli stessi densi silenzi o le stesse trepide, languide note
come si fa a lasciarsi cogliere dallo stesso senso di attonita attesa
ché, si sa, un conto è aspettare il giorno
tutt’altro la notte.
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…
(by poetella)
05 mercoledì Ott 2016
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stamattina…
(foto di poetella)
sempre impicciatissima col corso di formazione on line!
22 martedì Dic 2015
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16 mercoledì Set 2015
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09 sabato Mag 2015
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in.
Avevano fatto un patto.
Solo buio e silenzio.
Non si sarebbero conosciute, prima, le due donne,
Dopo. Dopo, sì.
Lei sarebbe arrivata a casa sua. Di lui. Dell’amico.
Amico, poi. Beh, sì. Amico.
Treno, tre ore di viaggio. Taxi fino a casa. Poi, davanti alla porta, un trillo di cellulare. Lui avrebbe aperto. Al buio. Senza parole.
Poi, il resto.
Aveva accettato. Voleva distruggere il buio pesto che aveva in petto, in quei giorni. Voleva cancellare il pensiero fisso. Lo strazio. La paura della perdita definitiva.
Aveva accettato. Emozioni forti, ci volevano. La vita normale non bastava a bruciare tutti i sogni spezzettati.
Follia. Ci voleva follia. Questa cosa era quella giusta. Aveva accettato.
In treno si godeva il viaggio. Aspettava.
Conoscere una donna strana. Che sarebbe stata al gioco. Mai vista prima. Non sapeva neanche se fosse bella o brutta.
No. Impossibile, brutta. L’amico aveva gusto. Gusto raffinato.
Il sole spadroneggiava sulle campagne. Sarebbe arrivata col caldo del mezzogiorno. Con la luce accecante del mare. Ma non in casa, la luce. Come cavolo avrebbe fatto lui ad oscurare tutto?
Diceva che sì, sarebbe riuscito.
Le veniva quasi sonno col dondolio del treno. Sensazione di potenza, di libertà, viaggiare da sola. Cercava di non pensare. Di non tirare fuori ricordi. Di cancellare. Stava andando a giocare.
Arrivata nella minuscola stazione, aveva trovato il taxi. Uno solo. Bastava.
Una donna guidava. Chiacchiere. E dove va? Sola sola? Ospite? Amici? Chi?
Lei era rimasta sul vago. Discrezione.
S’era fatta lasciare nella piazzetta. Poi era scesa da una scaletta stretta stretta, fino alla casa. Dietro, il mare. Calmissimo. Azzurro.
Aveva preso il cellulare e fatto il numero dell’amico. Uno squillo. Basta.
Poi s’era avvicinata al portoncino. Era socchiuso. La porta. Socchiusa. Era entrata. Buio pesto, negli occhi ancora il sole di fuori. Di luglio.
Due mani l’avevano guidata. Sentiva il profumo della pipa. Il profumo noto dell’amico. Sentiva i tappeti, sotto i piedi. Silenzio. L’amico le aveva fatto scivolare la giacca a terra. Poi la camicia. Poi tutto il resto. Non sapeva dove cadevano le cose. Ci avrebbe pensato dopo.
Presa per mano e condotta, dove? Il centro della stanza, forse. Ricordava la stanza. Grande. Quadri, tappeti. Piante. Porcellane. Sperava di non far danni. Le mani dell’amico continuavano a sospingerla con garbo. Sedersi a terra. Il tappeto era molto morbido, sotto la pelle nuda. Anche lui s’era seduto. Silenzio.
Silenzio. Buio e silenzio.
Poi un trillo di cellulare.
Aveva sentito l’amico alzarsi. Un fruscio. Poi la porta. Una sottile lama di luce e una sagoma che scivolava dentro. Le sembrava avesse le sue stesse proporzioni. Ma poi, buio. Di nuovo. E silenzio.
Poi immobilità.
Chi sei? Chi sarai? Come sarai? Non vedo niente. Poi, le mani. Le mani di lei , l’altra a cercare le sue. Piccole. Piccolissime. Le mani dell’amico sulle sue cosce. Lei a sfiorarla. Non sentiva timidezza. Niente imbarazzo. Sono una sfacciata. Era bello. Molto intenso. Pregnante. Catturava.
I capelli dell’altra. Cortissimi. La pelle calda. La stanza riluceva di minuscoli riflessi. Gli occhi si stavano abituando. Distingueva appena la sagoma dell’altra. Dell’amico. Sagome fluide. Si toccavano. Si conoscevano con le mani. Le sembrava molto bella, la donna. Liscia. Sottile. Fragile. L’amico largo, saldo, caldo. Odore di muschio e gelsomino. Il suo sapore. La stava baciando. Acre di tabacco. Poi altre labbra. Fresche. Liquerizia, forse. O menta. Buono. E le mani. Due, quattro, sei mani che si cercavano, si studiavano, s’accarezzavano. Si stringevano. Esplorazione .
Nel silenzio. Poi, qualche filo di sospiri. Lievi. Trattenuti. Bellissime voci impastate, intrecciate in sordina. Piacere. Scambio di piacere. Grande intensità. Respiri più veloci. Vortici di piacere nel buio. Stupore. Niente che esistesse oltre. Tutto risucchiato da un buio complice. Una grotta col fuoco in fondo. Col fuoco dentro. Con la terra che tremava. Con l’universo che si voltava e rideva. E piangeva. E crollava. Tre universi concentrici crollati all’unisono.
Poi, pace.
i respiri che si tranquillizzano.
Nel patto, al battito delle mani, si sarebbe accesa la luce.
Uno, due, tre. Luce.
E lei, guardando l’amica, la sconosciuta, aveva detto Sei bella. E l’altra, Anche tu. E avevano sorriso.
Poi, amiche. Per sempre.
…
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(by poetella)
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14 martedì Gen 2014
(foto di poetella)
La tua camera. No, stammi a sentire. Anche se non ci sei. Anche se non ti vedo. Al solito. Quasi. Quasi al solito, dico.
Niente alberi per noi. Niente strade, giardini, fiori, supermercati, vetrine, per noi. Niente passi.
Niente vento. A che ci serve il vento? A che ci servono gli alberi? Che mi basti tu per fare ombra. Ti basto io per contrastare lo sfacciato, accecante schiamazzo del mondo. E poi, anche il vento? L’ho detto, sì, a che ci serve? A niente. Basto io, basti tu, nella tua camera, a soffiare brezza sulla mia, sulla tua voglia di riconoscimenti, ritrovamenti, ricongiungimenti.
E le strade? Che ce ne facciamo delle strade se io non voglio andare da nessuna parte se non qui, da te, non voglio negozi, non voglio vetrine illuminate o no, non devo comprare niente, non voglio accumulare niente, non voglio accatastare inutilità che diano parvenza di ricchezza, la fuori, dove tutto già è un debordare di devi, non devi, di dimmi, di dammi. Di fammi.
No. Non mi interessa, grazie! Neanche a te, vero?
Non mi servono vetrine da guardare con gli occhi stupiti di desiderio, tu sei il mio desiderio cha nasce ogni volta, bambino ricciolino malizioso e impudente, non mi servono mercati e mercanti per comprare o barattare quello che ho già e che mi tengo gelosamente nei cassetti segreti del cuore, custodito, qui, con te. Nella tua, mia camera con le pareti celeste polvere e quella parete rossa, che è sempre una sorpresa, per me. Sempre uno schianto cromatico, un soprassalto, per me. Come te.
Niente passi, per noi, lo sai, vero? Solo una passeggiata insieme, quasi sei anni fa. E basta. Ma a che mi servono i passi, insieme? E a te? Io che cammino ovunque col tuo marchio d’amore in fronte, con l’azzurro del tuo esistere che mi fa da lente per avvicinare o allontanare il mondo. All’occorrenza.
La tua camera, sentimi! Anche se non ci sei, anche se non ti vedo, proprio perché non ti vedo, adesso, eppure ti sento, ti sento ché lo so che sei qui, con me, e fuori non è ancora giorno, e ti sei svegliato da poco, ci siamo svegliati assieme, lontani, vicini sotto diversi soffitti, sotto diversi cieli, ma la luna, la luna piena la vedi anche tu, la guardi anche tu, anche tu come me, sempre come me, quante volte come me, diciamo?
La tua camera, sentimi, dai! La tua camera, solo lei io amo, che è il pozzo dove ho gettato il mio passato, dove il presente emerge come la Signora del lago, con l’anello e la corona e ci inonda di una pioggia di luce. Che m’acceca.
Per non farmi guardare al futuro. Che non c’è.
Lontana da li.
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(by poetella)
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10 venerdì Gen 2014
Posted abbagli, amore?, foto di poetella, luci, scintillare
inTag
alba, amore, bellezza, camminare guardando, fotografia, monteverdi, musica, orfeo, poesia, Ricordi
Era ancora notte quando sono uscita oggi
mani in tasca borsa a tracolla passo veloce
e tutt’attorno un brillio da discoteca.
Prima i fanalini del giardino poi, fuori
lampioni e fari e lucette direzionali e semafori e catadiottri bianchi rossi
pure uno verde sul fianco del 311 fermo al capolinea
un cerchiolino verde scintillante
pulsante come una stella lontana.
Brillava tutto contro un cielo di piombo fuso.
Che allora ho pensato all’oculista. Dice
– Ma le danno fastidio, adesso, gli abbagli dei fari, di notte, se guida?
E io che non guido, io che mai dato fastidio gli abbagli.
io che magari fosse tutto un abbaglio
magari tutta luce trillante e ombra cupa
magari un Caravaggio vivente
io ho detto No!
Stamattina era così.
Che poi, camminando, sono passata davanti al Motel
Lucette striminzite, due piantine spelacchiate davanti all’entrata
Qualche macchina e un camion parcheggiati nella piazzola solitaria
A fari spenti. Proprio uno squallore.
E mi sono ricordata di…
Ma era una faccenda, una scialba faccenda di tanti anni fa.
Non ci sono stata a pensare più di tanto
In mezzo a quello sfolgorio della strada.
Invece, chissà perché, m’è tornata in mente
la luce che dalla piccola lampada sul comodino
disegnava la curva plastica del tuo bicipite destro
scivolava sul collo
si perdeva in mille fiotti d’argento tra i tuoi capelli
sul mio viso.
E tutto attorno buio.
…
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(by poetella)
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per Tilla… che lo so che le piace…
e poi ci sta bene, no?
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09 giovedì Mag 2013
Posted amore?, atmosfere magice, buon quinto anniversario!, foto di poetella, passione, pioggia, poesia
in(foto di poetella)
Stavano lì, come in un segreto. E niente chiedersi del tempo, dov’era finito il tempo?
Stavano lì, lo spazio evaporato e niente piani orizzontali e niente orizzonti e niente verticali né vertici né punte
né piani obliqui né obliqui pensieri.
Solo fluttuare. Fluttuare di prima del primo suono, della prima impercettibile luce, del primo movimento, prima del primo istante del mondo. Non ancora creato.
Finite le parole basta parole. Troppe parole pensate cercate parlate scritte. Zitto, amore mio!
Zitto, adesso.
E lui uccideva e resuscitava e ancora uccideva e resuscitava i loro giorni. Fiato divino sull’erba dell’alba..
Poi come il fuoco si fece tepore-ricordo e morbida cenere, fuori, improvvisa, da qualche parte, sicuramente,
scrosciante, sarà caduta la pioggia.
…
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…
(by poetella)
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19 martedì Mar 2013
Posted amore?, assenza prersenza, attesa, Debussy, foto di poetella, pazienza, poesia
inTag
(foto di poetella)
…ti parlerò delle attese.
Ho veduto la pianura, durante l’estate, attendere;
attendere un po’ di pioggia.
La polvere delle strade s’era fatta troppo leggera,
e ogni soffio la sollevava.
Non era più nemmeno un desiderio;
era un’inquietudine;
ma non è forse inquietudine ogni desiderio, dico io? E non è desiderio ogni inquietudine? Cosa m’impedisce di starmene buona come una gatta al caldo, con gli occhi socchiusi e le unghie ritratte, morbida morbida senza aspettare carezze alla gola o sul tondo della testa, senza aspettare richiami a voce o a gesti, pesante e tiepida e immobile, senza vibrazioni, senza pretese.
Cosa m’impedisce di gustare la preziosità del niente, fare tesoro del niente come un immenso forziere dimenticato da corsari frettolosi e generosi e sconosciuti, pieno di perle e fogli bianchi e pagine immense con minuscole lettere col cuore di fuoco o magari d’acqua. O di vento. O di sole.
Ho visto il cielo fremere d’attesa per l’alba.
Ad una ad una le stelle scolorivano.
I prati erano madidi di rugiada;
l’aria non aveva che glaciali carezze.
Parve per qualche tempo che, indistinta, la vita
volesse indugiare nel sonno,
e il mio capo ancora affaticato si colmava di torpore.
Salii fino al margine del bosco;
mi sedetti;
tutti gli animali ripresero festosi il loro lavoro
nella certezza del giorno imminente,
e il mistero della vita ricominciò a diffondersi tra foglia e foglia.
– poi si fece giorno.
C’è meraviglia, sospensione di dolore, respiro estremamente lento per non smuovere l’aria che sembrerebbe carica di promesse che non sì ha diritto di pretendere, c’è ineffabile stupore in qualunque attesa, che tutta la pace, tutta la calma, tutte le certezze del mondo non potrebbero mai regalare.
Siamo un tempo in levare, noi.
Noi no. Noi non possiamo vivere come una foglia di platano che segue la danza dei suoi colori, verde cupo, più chiaro, giallo, rossastro. Violetto, ocra…e pluf…via nel vento.
No. Noi no. Noi viviamo i lunghissimi tempi dell’attesa come se fossero attimi incatenati uno all’altro, filari di stelle filanti, quelle che facevamo da piccoli in attesa delle feste di carnevale. Ognuno, ogni attimo di un colore.
Ognuno, ogni attimo a legare.
Ognuno, ogni attimo a proseguire.
Mille vibrazioni piene. La conta cantata del tempo
Poi, tanto, si farà giorno…
…
…
…
(by poetella)
I brani in grassetto tratti da
“I nutrimenti terrestri” di Andrè Gide.
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25 venerdì Gen 2013
(foto di poetella)
Stamattina, sì? Ancora si pensava… i lampioni!
Quando li vedo, esco presto la mattina, quando li vedo sono ancora tutti accesi.
Una ventina, nella piazza, li ho contati, poi quelli sulla strada. Tutti accesi.
Aspettavo guardandoli appostata, camminando, aspettavo si spegnessero.
E poi, la gente. Frettolosa, distratta, certi a coppie, certi a gruppi, altri soli. Veloci.
Luce giallina dall’alto. Niente nebbia.
Belli, i colori.
Fondale grigio compatto leggermente bluastro, in lontananza, e quel giallo dall’alto.
Chissà come saranno state le città secoli fa. Prima dell’elettricità.
Chissà come saranno stati i colori della notte. Con le torce.
Tutti riflessi mobili, rossastri. Ombre tremolanti nere nere. Lunghe.
Bagliori improvvisi.
Chissà se ci pensa mai nessuno.
Ecco. Questo pensiero.
Chissà se ci pensa mai nessuno,
m’è venuto in testa come un folletto, uno scherzo. Un gioco.
Chissà se, in questo sconfinato pianeta accade mai che, contemporaneamente,
due o magari tre, via, quattro?persone, abbiano lo stesso pensiero.
Ma proprio lo stesso.
Formulato con le stesse frasi. Con gli stessi interrogativi.
Tutto sommato credo sia proprio impossibile.
Tuttavia, ci sono momenti in cui sento che tu stai pensandomi.
Una percezione quasi fisica. Tattile.
Ed esattamente come io sto pensando a te.
Con le stesse frasi.
Formulate nello stesso modo.
Sbaglierò?
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…
(by poetella)
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04 venerdì Gen 2013
Posted atmosfere magice, Bellezza che salva, foto di poetella
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13 giovedì Dic 2012
Posted autunno, Bellezza che salva, Bellezza della natura, foto di poetella
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05 mercoledì Dic 2012
Posted foto di poetella
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27 venerdì Lug 2012
Posted attesa, Bellezza che salva, Bellezza della natura, emozione, foto di poetella
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