E poco prima di iniziare a filmare c’erano anche dei cinguettii… delizia!
Beh, buona giornata a tutti voi!
09 giovedì Giu 2022
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inE poco prima di iniziare a filmare c’erano anche dei cinguettii… delizia!
Beh, buona giornata a tutti voi!
25 venerdì Feb 2022
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inSe un impareggiabile silenzio
quasi ultraterreno silenzio di serenità
un misterioso singolare silenzio
avvolgeva il brillio di Venere
stamattina
ancora l’alba coi suoi rossori giovanili
per pudore lontana
se il silenzioso panorama addormentato
alberi e strade e fanali e case
lasciava spazio alla semina
di nuovi suoni
lasciava aria da bere
sorso a sorso lentamente
lontanissimo il cielo
allora davvero avremmo potuto disporci
al dilagare del giorno che s’annunciava
silente come pietra levigata
come pietra splendente punteggiata d’oro.
Saldo, come pietra e forte
come pietra immobile. Senza paura.
…
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(by poetella)
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15 mercoledì Dic 2021
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inSenza paragone
come il seggiolino ribaltabile ancora libero sul regionale veloce verso Arezzo e fuori una
campagna assolata d’inverno.
E alberi e nuvole da guardare al tiepido indotto dalla tecnologia
benedetta lontana da compagni di viaggio inevitabili fortunatamente evitati.
Senza paragone
come la grazia del silenzio concessa da uno spazio affollato che disperde i flussi dei discorsi
intrecciati sommessi schivati come si schiva una corrente d’aria col paravento di volti sconosciuti
lievemente sorridenti. Distratti.
Senza paragone
come i pensieri che fai e non dici che si danno le mani uno va e uno viene uno va e uno viene come
il paesaggio che scorre davanti e non torna più
e alberi e acqua e campi e le poche case
pietre a casaccio stese al sole
vite placide ad asciugare.
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(by poetella)
(Tratto dai miei “Senza paragone ” che probabilmente mai pubblicherò)
11 sabato Dic 2021
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inSe ci fosse silenzio
se potessi disporre del mio girovagare di pensieri
se potessi nutrirmi (come una merenda, sono le cinque, in fondo)
di questa tisana calda di ricordi senza dover interrompere il flusso dei giorni inscatolati come biscotti
uno dopo l’altro, uno dopo l’altro, senza temere di ingrassare la nostalgia
forse sarebbe peggio. Temo.
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(by poetella)
11 sabato Dic 2021
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in25 giovedì Nov 2021
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inFuori il cielo è una lastra di giada traslucida
Fuori è tutto silenzio- no, è che i vetri termici…-
Fuori c’è un mondo bagnato che pulsa, corre, vibra ma qui non arriva niente.
Cosa dovrebbe mai arrivare, in fondo. In fondo al giorno c’è la notte. Ancora è lontana. Non troppo, solo un po’ lontana. Sono le 15,56, ci manca un po’ alla notte. Che poi che me ne dovrei fare della notte. Anche col sonno il rapporto è un po’ burrascoso. E io non amo i rapporti burrascosi. Vorrei tutto liscio, tranquillo, una sciarpa di seta azzurra.
Macchè!
Scordiamocela. E i rapporti, poi, ognuno sta con se stesso e ogni tanto si specchia. In altri occhi. Il colore non conta. Che faccio, conto i giorni che mancano alla fine dell’anno? Tanto poi finirà anche quello.
E staremo a vedere come.
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(by poetella)
23 sabato Ott 2021
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inIl silenzio del mondo adesso.
Che poi, guarda, bastano le finestre chiuse e tutto tace.
La sera si spalma sui vetri, tranquilla, rosata. Nessuna voce, nessuno scricchiolio. Solo i tasti del pc sotto le dita. Avessi delle finestre dentro, anche io. Potessi chiudere tutto e starmene un po’ in pace, come stanno in pace i fiori recisi nei vasi. Che ne sanno loro che presto…
Non sapere niente, come non sanno niente le nuvole, vanno, vanno e prima o poi…
Prima o poi che non arriva mai.
Non arriva mai niente. Non arriva più niente. Neanche il fruscio di un’attesa.
Uno scricchiolio di carta argentata che sveste un cioccolatino.
Niente.
Ovvio. Non li compro.
Sarà per via di questo.
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(by poetella)
08 venerdì Ott 2021
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in… no, così,
un certo atteggiamento di qualcuno m’ha fatto venire in mente ‘sta cosa.
12 domenica Set 2021
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in29 lunedì Ago 2016
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in(foto di poetella)
……………………………………………………………..senza paragone
come il bisogno di silenzio appagato in quest’ora sonnacchiosa
in balcone, i rumori della città attutiti dai sette piani sotto, fasciati
dall’aria azzurra, troppo azzurro! di questo cielo d’estate che non
vuole finire come non vuole finire il mio desiderio di lontano,
gli occhi oltre l’oltre possibile da osservare, oltre i pini, oltre i tetti,
oltre quella piccola montagna azzurra verso dove sempre rivolgo
o non sempre, ma spesso il mio saluto.
……………………………………………………………..senza paragone
come le parole che ci portiamo dietro senza dirle, come una provvista,
un bagaglio, un sodalizio con la saggezza, e quelle che vorremmo
riprenderci per ritesserle, ritramarle, riassemblarle come nuova veste
del destino.
……………………………………………………………..senza paragone
come la scatola di latta dei biscotti al burro vuota di biscotti,
piena di bottoni, che potrebbe forse ancora profumare di un antico
piacere conservato in un angolo di memoria, remoto. Perduto.
…
…
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(by poetella)
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(questi testi ispirati da “Senza paragone” di Gherardo Bortolotti, che rileggo sempre con vivo piacere.)
02 martedì Ago 2016
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in(foto… sua)
“…ci ricorderemo, in tempi prossimi e oscuri…questa felicità.
E ne faremo tesoro, come di un’inesauribile fonte d’energia.”
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……………………………………………………. E tutto silenzio, dopo. Ti ricordi?
Tutto fermo. Gli oggetti dimenticati che riprendevano forma. Riaffioravano alla coscienza.
Un cuscino a terra. L’altro, no. Parte del lenzuolo sopra. I telefonini, uno accanto all’altro. Spenti, sul comodino. Risalita in superficie di tutto il reale come una bolla d’aria nell’acquario.
Pluf, pluf, pluf. Su, fino al tangibile.
Ai pochi rumori dell’intorno.
Al fri fri della veneziana in balcone, canterina al vento. Come un grilletto. Che pareva contenta.
Ancora immobili, noi. A tendone del teatro abbassato. Danza finita.
Cuore lento, lento. Respiro di brezza.
Finito il maestrale e la bora
e il libeccio. Finite le onde, la burrasca. E i flutti.
Solo il fri fri della veneziana verdolina in balcone. I suoi palpiti.
I miei jeans sui tuoi jeans, sulla camicia bianca. Tua? Mia?
– io non sono un passionale, hai detto.
– No, ho detto io.
– Io non sono di quelli che uccidono, che inscenano drammi. Che sbranano. Straziano.
– No, ho detto io. Tu non sei un passionale.
[Con quelle spiagge negli occhi. Quelle baie. Quel respiro largo d’alberi alti. No. Tu no.
La lentezza. Il lontano.]
– Tu non sei un passionale. No. Sei appassionato.
Sorridi? Questa la parola?
Fai sì? Come fai a sorridere così? Tu che ti butti in tutto quello che fai. Questa è passione. Questa.
Tutto quello che fai. Certo. Anche il piano di cottura della cucina a gas. Come lo lucidi.
Ti butti con passione in tutto quello che fai. Sì.
Anche lo spiare i lamponi che crescono nel tuo campo. Arrossendo come adolescenti al primo ballo. Boccucce d’angelo di Giotto.
Anche quando scatti quelle meraviglie e fermi le nuvole e me le mandi.
Tutta passione.
Ti butti con passione in tutto quello che fai. Sì.
Anche quando inventi un vialetto di pezzetti di maiolica, briciole di scarto, mosaico antico nelle tue mani a fare stradine per farci passare le fate. [e non me, che non ci verrò mai, lì, ma che fa?]
Ti butti con passione in tutto quello che fai, tu. Sì.
Tutto fai con passione, amato mio. In tutto t’immergi a fondo. Sempre.
Anche in quel gioco che, sapiente, così bene conduci
in quel luogo oscuro tra le mie cosce.
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(by poetella)
Suite bergamasque, for piano, L. 75- No. 1, Prelude. Claude Debussy
(giugno 2013)
14 giovedì Lug 2016
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inTag
amore, fine di un amore, gioia, il cielo, il nostro concerto, musica, silenzio, Umberto Bindi, video
(un video di poetella)
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…………….. quando le parole se ne vanno e tornano vuote di risposte, quando i richiami restano inascoltati come inascoltato è il vento forte dietro i doppi vetri e tutto è silenzio, quando non c’è eco, non c’è neanche una minuscola coda sonora
quando tutto intorno è un vociare incomprensibile, come incomprensibili sono i versi dei gabbiani che chissà che diranno mai, chissà che vorranno mai dire
…………….. quando le parole se ne vanno e tornano e non portano niente, a mani vuote come un ospite indelicato, quando le parole si stancano quasi di esistere come si stanca di esistere il desiderio, il sogno, il perdono
non resta altro da fare che tacere
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(by poetella)
21 sabato Mag 2016
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in20 mercoledì Apr 2016
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in(foto di poetella)
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……………………………………..Mi sono abituata a parlare
con i piccoli bocci di rosa, a interrogarli, Quanto ci vuole ancora? quando il colore, il profumo? Senza chiedere Rispondi! E infatti niente risposta.
……………………………………..Mi sono abituata a parlare
coi gerani e le begonie, in fondo senza aspettare che rispondano, senza ordinare Rispondi! perché dovrebbero rispondere? perché sprecarsi a mettere insieme tre, quattro paroline profumate, loro amano i silenzi, al massimo fruscii di vento o lievi gocciolii di pioggia, non lo scroscio, temono lo scroscio, in fondo tutti lo temiamo, no?
…………………………………….. Mi sono abituata a parlare
addirittura coi merli, i passeri, ogni tanto qualche rondine chiedere dove se ne vanno, no, no, non chiedere, sospettare, cosa vedranno mai di lassù, che prospettiva ampia, che visuale, oltre, molto oltre, ed io?
…………………………………….. Mi sono abituata a parlare
con le nuvole, l’aria, l’acqua del Tevere, stasera persino la luna e se ci fosse stata qualche stella, c’era, sicuro, ma non la vedevo, troppo inquinamento luminoso a Roma, avrei parlato anche a lei, ma mica chiedere, no, solo parlare
e tutto solo perché tu. No, no! niente.
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(by poetella)
06 domenica Mar 2016
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in(foto di poetella)
…………………………………………….Pensa Quando vuoi un po’ di spazio per te non riesci mai a trovarlo, in questa casa piena di tutto quello che non serve.
Se ne sta a scrivere in cucina, lei, ché in soggiorno ci sono tre piccoli tavoli, uno quadrato, una cineseria del settecento inglese, pieno zeppo di avori, piccoli cloisonné in smalto su rame, bada bene, non su ottone, su rame, un altro tondo con tazze e ciotoline Ginori ‘700, un altro ancora con una caffettiera di Meissen, una ciotolina, un puttino. Tutto ‘700. Tutto bello. Inamovibile.
E poi un grande tavolo tondo. Affogato di porcellane settecentesche. Anche loro inamovibili. Tanto chi le muove che non si usa mai quel tavolo?
Non c’è davvero posto per il pc, comunque.
……………………………………………. E lei pensa Se volessi uno spazio mio non ci sarebbe, in questa casa piena di tutto quello che non serve. Piena di rumori e di oggetti morti.
Se ne sta a scrivere in cucina, ché nell’anticamera c’è una ribaltina soffocata di porcellanine e ceramiche e mortai di bronzo e libri antichi illeggibili e se per caso aprisse il pianetto, come potrebbe mai scrivere lì, senza una lampada, senza la presa di corrente, Ma scherzi, la presa di corrente? È brutta! senza una seggiolina ché non c’entrerebbe.
La cameretta, poi, è di suo figlio.
E in camera, comò, comodini, altro tavolinetto sommerso di porcellanine, e una poltrona che, ma che ti metti lì? Col pc sulle gambe, a scrivere?
……………………………………………. E lei pensa Se volessi uno spazio mio non ci sarebbe, in questa casa piena di tutto quello che non serve. Uno spazio chiuso come un mondo in una bolla di sapone, come il fondo di un pozzo silenzioso e solitario, come l’interno luminoso di un uovo di Piero della Francesca.
E allora se ne sta in cucina, approfittando del sonno degli altri, del sonno della televisione, meritato sonno della televisione pieno di incubi rumorosi, che in casa fa gli straordinari povera televisione, che un giorno se la sono anche dimenticata accesa, che, dice lui, mica me la sono dimenticata, l’ho fatto apposta, così quando torno a casa sembra ci sia qualcuno.
………………………………………….. e lei pensa Magari non ci fosse nessuno! Ma c’è sempre qualcuno. Qualcuno che uccide l’amato silenzio. Quello che, adesso, le consente di scrivere, ascoltando Debussy. Per quanto ancora? Pochi, troppo pochi minuti.
Ecco, si svegliano tutti. Amen!
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(by poetella)
15 martedì Dic 2015
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inTag
Senza paragone.
Come il luccichio dell’acqua del fiume
controluce e il cielo dentro
come le note della suite per liuto di Silvius Leopold Weiss
e tutta la casa in silenzio
e la strada in silenzio e l’appartamento accanto
e quello sotto e quello di fianco a quello sotto
in silenzio. Senza paragone il silenzio del cuore
taciturno il suo battito
silente lo scorrere del sangue
ma scorre? Senza paragone questo stato
di quiete apparente come apparente
è la quiete del cielo
invisibili i moti
lontano il rombo dei pianeti roteanti
ognuno al suo posto rispettosi
senza paragone lo scorrere delle ore
ognuna al suo posto. Rispettose.
Senza paragone la breve pausa del dolore
che se ne sta lì buono e aspetta.
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(by poetella)
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19 lunedì Ott 2015
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in(foto di poetella)
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Fingemmo di discutere stamattina nemmeno
ne sapessimo qualcosa! Dice
nel vuoto non si propagano le onde sonore.
Nel vuoto degli smisurati spazi siderali
non c’è suono. Non c’è
musica. Solo silenzi.
Allora, domanda: spiegami perché
nel mio incolmabile vuoto
di lui
mi pare di sentire, a volte
sommessamente, un pianto.
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(by poetella)
(considerazioni a seguito di commenti nel blog di Claudio)
Maurizio Oddone – Live In Oratorio San Filippo |
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21 venerdì Ago 2015
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in(foto di poetella)
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Perché noi amiamo questo silenzio
perforato da piccoli suoni
cinguettii, minuti scricchiolii
un frullare d’ali, chissà dove, verso chi
verso che, verso quale altro largo silenzio
di cieli di vastità sconosciute
di fresche lontananze bordate d’azzurro
noi amiamo questi silenzi
spezzettati da rintocchi della pendola antica
da un soffio di corrente
uno svolazzo frusciante di tenda
il ronzio d’una mosca o anche
del frigorifero che lavora per noi.
Il silenzio scandito dal brontolio dei pensieri
dall’onda dei ricordi, eccola!
che lambisce e rimbomba
e rimbomba e circonda
e ci strazia
sì, ci strazia
il silenzio di quel disamore che assorda.
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(by poetella)
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13 giovedì Ago 2015
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in09 sabato Mag 2015
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in.
Avevano fatto un patto.
Solo buio e silenzio.
Non si sarebbero conosciute, prima, le due donne,
Dopo. Dopo, sì.
Lei sarebbe arrivata a casa sua. Di lui. Dell’amico.
Amico, poi. Beh, sì. Amico.
Treno, tre ore di viaggio. Taxi fino a casa. Poi, davanti alla porta, un trillo di cellulare. Lui avrebbe aperto. Al buio. Senza parole.
Poi, il resto.
Aveva accettato. Voleva distruggere il buio pesto che aveva in petto, in quei giorni. Voleva cancellare il pensiero fisso. Lo strazio. La paura della perdita definitiva.
Aveva accettato. Emozioni forti, ci volevano. La vita normale non bastava a bruciare tutti i sogni spezzettati.
Follia. Ci voleva follia. Questa cosa era quella giusta. Aveva accettato.
In treno si godeva il viaggio. Aspettava.
Conoscere una donna strana. Che sarebbe stata al gioco. Mai vista prima. Non sapeva neanche se fosse bella o brutta.
No. Impossibile, brutta. L’amico aveva gusto. Gusto raffinato.
Il sole spadroneggiava sulle campagne. Sarebbe arrivata col caldo del mezzogiorno. Con la luce accecante del mare. Ma non in casa, la luce. Come cavolo avrebbe fatto lui ad oscurare tutto?
Diceva che sì, sarebbe riuscito.
Le veniva quasi sonno col dondolio del treno. Sensazione di potenza, di libertà, viaggiare da sola. Cercava di non pensare. Di non tirare fuori ricordi. Di cancellare. Stava andando a giocare.
Arrivata nella minuscola stazione, aveva trovato il taxi. Uno solo. Bastava.
Una donna guidava. Chiacchiere. E dove va? Sola sola? Ospite? Amici? Chi?
Lei era rimasta sul vago. Discrezione.
S’era fatta lasciare nella piazzetta. Poi era scesa da una scaletta stretta stretta, fino alla casa. Dietro, il mare. Calmissimo. Azzurro.
Aveva preso il cellulare e fatto il numero dell’amico. Uno squillo. Basta.
Poi s’era avvicinata al portoncino. Era socchiuso. La porta. Socchiusa. Era entrata. Buio pesto, negli occhi ancora il sole di fuori. Di luglio.
Due mani l’avevano guidata. Sentiva il profumo della pipa. Il profumo noto dell’amico. Sentiva i tappeti, sotto i piedi. Silenzio. L’amico le aveva fatto scivolare la giacca a terra. Poi la camicia. Poi tutto il resto. Non sapeva dove cadevano le cose. Ci avrebbe pensato dopo.
Presa per mano e condotta, dove? Il centro della stanza, forse. Ricordava la stanza. Grande. Quadri, tappeti. Piante. Porcellane. Sperava di non far danni. Le mani dell’amico continuavano a sospingerla con garbo. Sedersi a terra. Il tappeto era molto morbido, sotto la pelle nuda. Anche lui s’era seduto. Silenzio.
Silenzio. Buio e silenzio.
Poi un trillo di cellulare.
Aveva sentito l’amico alzarsi. Un fruscio. Poi la porta. Una sottile lama di luce e una sagoma che scivolava dentro. Le sembrava avesse le sue stesse proporzioni. Ma poi, buio. Di nuovo. E silenzio.
Poi immobilità.
Chi sei? Chi sarai? Come sarai? Non vedo niente. Poi, le mani. Le mani di lei , l’altra a cercare le sue. Piccole. Piccolissime. Le mani dell’amico sulle sue cosce. Lei a sfiorarla. Non sentiva timidezza. Niente imbarazzo. Sono una sfacciata. Era bello. Molto intenso. Pregnante. Catturava.
I capelli dell’altra. Cortissimi. La pelle calda. La stanza riluceva di minuscoli riflessi. Gli occhi si stavano abituando. Distingueva appena la sagoma dell’altra. Dell’amico. Sagome fluide. Si toccavano. Si conoscevano con le mani. Le sembrava molto bella, la donna. Liscia. Sottile. Fragile. L’amico largo, saldo, caldo. Odore di muschio e gelsomino. Il suo sapore. La stava baciando. Acre di tabacco. Poi altre labbra. Fresche. Liquerizia, forse. O menta. Buono. E le mani. Due, quattro, sei mani che si cercavano, si studiavano, s’accarezzavano. Si stringevano. Esplorazione .
Nel silenzio. Poi, qualche filo di sospiri. Lievi. Trattenuti. Bellissime voci impastate, intrecciate in sordina. Piacere. Scambio di piacere. Grande intensità. Respiri più veloci. Vortici di piacere nel buio. Stupore. Niente che esistesse oltre. Tutto risucchiato da un buio complice. Una grotta col fuoco in fondo. Col fuoco dentro. Con la terra che tremava. Con l’universo che si voltava e rideva. E piangeva. E crollava. Tre universi concentrici crollati all’unisono.
Poi, pace.
i respiri che si tranquillizzano.
Nel patto, al battito delle mani, si sarebbe accesa la luce.
Uno, due, tre. Luce.
E lei, guardando l’amica, la sconosciuta, aveva detto Sei bella. E l’altra, Anche tu. E avevano sorriso.
Poi, amiche. Per sempre.
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(by poetella)
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11 domenica Gen 2015
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inTag
23 martedì Set 2014
Posted poesia
in(foto dal web, che allora non facevo foto)
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Stavo ricordando di una mattina
tanti, tantissimi anni fa, che ho attraversato passo Giau
con la macchina, non ricordo che macchina fosse,
ma non è importante, no?e quell’emozione davanti alla vastità
alle punte rosate dei monti
era prestissimo e non c’era nessuno
a quel silenzio. Anche la macchina scivolava placida
e, non so, m’è sembrato allora, ricordo, un paesaggio da dinosauri
da primo giorno del mondo. O secondo, al massimo.
Con tutto quel silenzio. Quale silenzio doveva trattenerla la terra
avvinghiata a se stessa in quelle ere lontane?
Che quiete sovrumana o che gorgoglii, che note, che canti nel cielo
che gridi e suoni di bestie sommamente più consoni al tutto.
E magari, il vento.
Eppure quella immota meraviglia pareva fosse davvero
rimasta ferma a quel tempo ed io con lei.
E lo so perché m’è tornata in mente
stamattina. Lo so
Ma non mi va di dirlo. Mica serve.
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(by poetella)
Shostakovich – Piano Concerto No 2 Op. 102, II. Andante
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22 lunedì Set 2014
Posted poesia
inTag
In quest’ora – senti come tutto è in movimento attorno?-
in quest’ora di gente che torna o ancora traffica
con le beghe del giorno
me ne sto ad ascoltare il chiacchiericcio quieto
della pentola che bolle sul gas senza altro rumore che quello
ogni tanto un rombare lontano di qualche moto
e magari macchina
o un gridolino d’uccello che ancora ha voglia di cantare
all’estate che sta finendo.
Dai fiori, dal verde delle foglie, silenzio.
E il silenzio m’è amico.
Con lui condivido i pensieri e lui, garbato
non fa domande.
Né risponde.
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(by poetella)
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14 domenica Set 2014
Posted amore?, desiderio, foto di poetella, libertà, niente fiato sul collo
in
(foto di poetella)
Chissà forse sarebbe piacevole se… anche solo se…
Ma no. In fondo io ho mille amici, mille voci, mille luci, due gatti che mi salutano tutte le mattine, in androne, quando esco. I vicini. I lontani. I chissà chi.
Per non dire delle mille e mille faccende in cui sono affaccendata e sfaccendata, i mille e mille progetti disegnati su carta lucida e realizzati in scala 1:1, nel territorio delle mie congetture impensabili.
E, comunque, chissà forse sarebbe piacevole se… anche solo se
Ma no. In fondo io amo svolacchiare libera tra mille cieli, mille prati fioriti e sfioriti, mille isole conosciute e cancellate dalle mappe. Memorizzato e poi dimenticato il percorso. Amo sfiorare e guardare di sguincio e girare le spalle, scrollare i capelli, sgusciare veloce ad ogni catena che volesse avvilupparmi, catturarmi, costringermi e bloccarmi, ogni laccio, ogni nastro anche rosso, anche d’oro, anche di seta, di raso o di brillanti.
Come fai a bloccare le nuvole?
E quindi per quanto io sospetti che forse sarebbe…
poi, sai? no. Non stiamo a credere che…
No.
Non sarebbe affatto bello. Lo so come sarebbe. L’ho provato. E dunque, amore mio, continua così. A non cercarmi,
a non chiamarmi,
a non implorarmi,
a non assediarmi,
a non circondarmi con mille richiami disperati.
Continua così. Che così va bene.
…
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(by poetella)
e mettiamoci pure ‘sta musichetta, che mi sto beando da tutto il pomeriggio…
Chopin – Notturno Op.27 nr. 2 – Maurizio Pollini
28 lunedì Lug 2014
Posted amore?, foto di poetella
in
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Ho camminato sugli aghi di pino, finalmente. Ho sondato il terreno, cauta. Passetti di bimbo.
Tornare a sentire il terreno sotto i piedi. Riconoscerlo. Con un po’ di paura. No. Non paura. Circospezione.
È come se si dovesse riprendere una consuetudine. Tralasciata per un po’. Capita.
Tralasciare.
Lasciare tra. Ti sto tralasciando, amore mio.
Devo. Si snodano giorni di devo. Di aspetta. Di dopo, poi, vedrai.
Un dopo ancora troppo lontano per starcisi a concentrare su. Dunque ti tralascio, amore mio.
Ti metto un velo sopra. Ti oscuro come il cielo di ieri. Nubi spesse.
Hai visto oggi, però? Che schiarita!
Non dobbiamo scoraggiarci, non dobbiamo disperare. Hai detto.
Quando l’hai detto?
Come si misura il tempo? La clessidra nella mia testa non la giro più.
Per un po’, almeno. La metto via.
Chiudo il cassetto.
Apro la finestra e guardo fuori.
C’è il sole. Quello torna sempre. Basta aspettare.
…
…
…
(by poetella)
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10 giovedì Lug 2014
Posted amore?, desiderio, farfalle, libertà, lontananza, scrivere a...
in
qui se volessi ascoltare poetella
(che davvero è tutta ‘n’altra cosa!)
No, non scriverò, ti dicevo
per fare crescere il fuoco, soffiarci su e custodirlo.
Senza dispersione.
Ma lo sai, no?
Lo sai che sono sempre miniera di dubbi, soffio sulla cenere e si scompiglia tutto.
Lo sai come sono, no?
Bene o male, fatta bene o male, non so.
Tanto per cambiare.
Non so mai.
Ma no, non scriverò, ti dicevo
ché a stare troppo serrati, accostati, collegati, si perdono i confini.
Si frantuma l’essenza.
Poi, diciamolo, chi mai ha voglia di cercare qualcosa che già sta lì, nel cassetto grande,
quello che si apre bene, non s’incastra, scorre via come il tempo.
A che serve cercare. Apri, prendi. Richiudi.
E invece no. Io no. Noi no.
Dunque no, non scriverò.
E non perché così tu. O forse sì, vallo a sapere.
Non lo voglio sapere.
Comunque no. Credo di no.
Magari per non, sì, lo sai? sai tutto tu, vero?
per non stare sempre lì, davanti ai tuoi pensieri, forzandoli. Per intrusione.
Un inserimento meccanico non richiesto.
Una mosca che entra dalla finestra e non riesce più a uscire.
Non mi piacciono le mosche. Mi piacciono le farfalle.
Quelle che non le prendi mai e magari ti si posano su un dito, così, perché va a loro.
E tu lo tieni fermo per non farle scappare via. Belle vero?
Come le tue farfalle, ti ricordi?
Io sì. Tanto tempo fa, eppure…
Comunque, tornando alla questione
no, non scriverò, ti dicevo. Cercami tu.
Anche se certe volte mi prende una gran paura d’evaporare,
sfumare via, dissolvermi del tutto dal tuo mondo e, peggio,
vederti svanire dal mio.
Al calore di tutte le distrazioni del vivere.
Sì, sì, certo, lo so. Lo so. Non lo credi possibile.
Ma va’ a sapere. Hai visto mai?
…
…
…
(by poetella)
16 venerdì Mag 2014
Posted basta!, classe, disciplina, rumore, uffa, voglio una scuola diversa
inTag
(foto di poetella)
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Troppo stanca. Stanchissima. Il rumore ovunque. Schiamazzi. Vociare inutile. Movimento di masse. Onde concentriche. Oggetti volanti.
Basta.
Chiudere le orecchie. Impossibile.
Urla che si sovrappongono a urla. Girone infernale. Guerre, battaglie, attacchi e scontri.
Negazione dell’ascolto. Incomunicabilità. Aria viziata da viziati rapporti di forza.
Inutile cercare di coprire le voci con la voce.
Provare col silenzio. Chiudersi nel silenzio. Chiedere aiuto al silenzio.
A volte funziona. Per stupore. Per inquietante domanda: che succede?
Aspettare faccia effetto.
Un minuto. Due minuti. Immobile. Quattro. Ancora niente.
Poi, diminuzione impercettibile del rumore. Lievissimo abbassamento del rimbombo.
Soglia d’attenzione più alta. Piccoli gruppi che si fermano a guardare. Voci che suggeriscono il silenzio.
Sei minuti. Sette.
Altri gruppi che si quietano.
Immobilità e sguardi. Su tutto l’ondeggiare della bufera. Che si sta placando.
Ancora tre voci. Due. Una. E zitto! Non vedi che…
Tutti fermi. Tutti dietro i propri banchi.
In piedi. Zitti. Tutti.
Trattenere il silenzio. Sospensione. Sguardi. Un leggero colpo di tosse.
Silenzio. Una sedia che si sposta rumorosamente.
Silenzio.
Ora si può cominciare la lezione.
Tempo d’attesa: nove minuti.
Troppi.
…
…
…
(by poetella)
23 mercoledì Apr 2014
Posted amore?, foto di poetella, nostalgia, poesia
in.
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Ci sono momenti in cui il rimbombo
del silenzio è un olio denso
da friggerci le ore
rosolarle bene rigirarle
farle saltare un po’.
Fammi saltare, fammi trasalire piccolo
rumore di un pensiero che mi
raggiunga
sottile sottile come un filo
d’erba come un capello biondo
sottile come questa spina d’assenza
che mi si infila in petto ogni tanto
e punge un po’
solo un poco fa male
doloretto che fa vita. Comunque.
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(by poetella)
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19 mercoledì Mar 2014
Posted fotografia, nebbia, silenzio
inTag
10 lunedì Feb 2014
Posted addio, amore?, attesa, basta!, fine di un amore, foto di poetella, malinconia, poesia, stanchezza
in
Prendere decisioni. Urge?
O non sarebbe forse meglio uno scivolare
proprio come Ofelia sull’acqua
magari con delle notine lievi
nostalgiche – struggenti che cantano una ninna
ai pensieri. Stanchi.
Stare ad argomentare sul migliore dei silenzi
o sul grido, sull’affollarsi delle giostre
o sulla dolcezza d’una panchina solitaria
e vuota, in pieno inverno. senza neve
servirà?
Servirebbe forse uno scambio di mani
di fiati di occhi di braccia
un intreccio di gambe un contatto uno scontro
servirebbe un contrasto?
O anche un più morbido sorvolarsi
sfiorarsi immergersi in un campo magnetico
di tenerezza.
Servirebbe, dico io?
Con tutta questa libertà tutta questa leggerezza
si comincia a temere l’oblio.
E, peggio, si teme di cancellare la mappa.
Tuttavia, sì, devo dirlo, sono stanca forse, d’essere isola
pensavo ieri.
Siamo nati per essere penisole, noi. Credo.
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(by poetella)
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