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Poetella's Blog

~ "questo sol m'arde e questo m'innamora"- Michelangelo

Poetella's Blog

Archivi della categoria: ricordi

Ma basta. Basta, ti prego, basta!

09 sabato Ago 2014

Posted by poetella in padri e figli, papà, pazienza, quando finisce?, ricordi, smania, solitudine, ti perdono, vecchiaia

≈ 18 commenti

Tag

fotografia, papà, Ricordi, tristezza, vecchiaia

papà ciclista(una vecchia foto di…)

Ma basta. Basta, ti prego, basta! E il lavoro a 14 anni, e la bicicletta. E il fattorino postale. E il calcio. E la chiamata alle armi. Basta.
E la classe del ’18 povera. E hanno chiamato anche quella del ’19. basta!
E poi la guerra e la prigionia. E Zonderwater. E la patente. E l’autobotte. E lo shop indiano. E le salsicce. E il carcere. E la mattina dopo il capitano che ti libera. Ché gli servivi. Per i maiali. Basta!
Tutte le settimane. Tutti i sabati dalle 17.00 alle 19.00. Basta.
Non ce la faccio più.

Tutti i sabati. E certe volte anche i mercoledì. E il lavoro a 14 anni, e la bicicletta. E il fattorino postale. E il calcio. E la chiamata alle armi. Basta.
E la classe del ’18 povera. E hanno chiamato anche quella del ’19. basta!
E poi la guerra e la prigionia. E Zonderwater. E la patente. E l’autobotte. E lo shop indiano. E le salsicce. E il carcere. E la mattina dopo il capitano che ti libera. Ché gli servivi. Per i maiali. Basta!
Parliamo un po’ d’altro, vuoi? Ma di cosa parliamo?

Te ne stai lì, sulla poltrona, ti ci metti quando arrivo, se no stai a letto.
E ricominci a raccontare.
Tutti i sabati. E certe volte, magari perché non stai tanto bene, magari c’hai la tosse, e vengo pure il mercoledì e tu, il lavoro a 14 anni, e la bicicletta. E il fattorino postale. E il calcio. E la chiamata alle armi. Basta.
E la classe del ’18 povera. E hanno chiamato anche quella del ’19. Basta!
E poi la guerra e la prigionia. E Zonderwater. E la patente. E l’autobotte. E lo shop indiano. E le salsicce. E il carcere. E la mattina dopo il capitano che ti libera. Ché gli servivi. Per i maiali. Basta!

E vuoi che i giornali pubblichino la tua storia. Gli scrivi. Non rispondono. E ti arrabbi.
La storia della tua vita. Ma no, dai! Sui giornali scrivono i giornalisti. E mbeh? La mia storia è importante. Per te, dico io, come per me! per tutti, dici tu. Balbo, l’ho visto cadere. Fuoco nemico.
Ma lo sanno tutti, dico io, ah sì? Dici te.
Ma che te lo dico a fare. Tanto ricominci.
Ricominci, anche due volte, in quelle due ore, tutti i sabati e certe volte pure i mercoledì, che mi fai pena in quella stanza, a fare niente, solo a rigirarti vecchie foto che ti scappano di mano, mi fai tanta pena ma io non ti faccio pena. Non hai pietà di me. Neanche mi guardi.
E ricominci. Tutti i sabati, e pure qualche mercoledì, il lavoro a 14 anni, e la bicicletta. E il fattorino postale. E il calcio. E la chiamata alle armi. Basta.
E la classe del ’18 povera. E hanno chiamato anche quella del ’19. basta!
E poi la guerra e la prigionia. E Zonderwater. E la patente. E l’autobotte. E lo shop indiano. E le salsicce. E il carcere. E la mattina dopo il capitano che ti libera. Ché gli servivi. Per i maiali.

Non ce la faccio più, papà.

Quanto, ancora?

…
…
…

(by poetella, stranita)

 

(e niente musica. cazzo)

 

 

.

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Sto facendo confusione tra i giorni…

21 lunedì Lug 2014

Posted by poetella in amore?, convalescenza, foto di poetella, nostalgia, poesia, ricordi, tutto fermo

≈ 24 commenti

Tag

amore, attesa, dimmi, fotografia, nostalgia, Ricordi

tutto fermo(foto di poetella)

E qui c’è la voce…

.

Sto facendo confusione tra i giorni.
Non stacco foglietti da un po’.
Il tempo pare
imbalsamato. Una mummia anch’io
e la fascia è solo un po’ scesa.
Ma è ancora la fasciatura originale, che pretendi?
Uno sfilacciamento in cima. Appena qualche lentezza.
Ci permette d’evitare gonfiori noiosi.
Com’è la fascia attorno al cuore?
Teniamo lenta anche quella
e il tuo? Batte libero? S’espande? Dimmi.

Non m’arriva niente delle sue pulsazioni.
Niente di te. Sulle mattonelle gialle di cucina
tutto pare scivolare.
Che giorno è oggi? E intanto piove.

Passeggiate in corridoio. Ondulando.
I ricordi non bastano a dare stabilità.
Ci vorrebbe un supporto nuovo
davanti, l’orizzonte esteso.

Il condizionatore fornisce frescura ad accettabile costo.

Tuttavia, dico, basterà?
…
…
…

(by poetella)

 

 

.

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Senza paragone (3)

27 venerdì Giu 2014

Posted by poetella in amore?, Bellezza, nonna, poesia, ricordi

≈ 12 commenti

Tag

amore, anima, bellezza, nonna, poesia, Ricordi

SAM_0309_1(foto di poetella)

Qui, chi volesse ascoltare…

Senza paragone
come il coniglietto di pannolenci
quello che nonna
prima che nascessi

prima che mi nascesse quest’irrequietezza
che lei ignorava
come l’ignora chi sa fare cose così
come lei
come lei calma, ferma, abile
ennesima manifestazione del bello verso
cui mi voltavo a
spiare, a copiare, a trattenere
a metabolizzare.

Senza paragone
come lo stupore che mi scoppiava negli occhi
quando guardavo le sue mani tessere
trame e segreti legati ai fili colorati
e non era oro. Era di più.

Senza paragone
come rigirarmi in mano quello che era stato nelle sue
adesso
ed è passato mezzo secolo.
ed è ancora tutto qui.

Come tutta qui, senza paragone
senza paragone
è la grazia che m’indora le ore che
mi scorrono tra le dita

queste mie ore innamorate. Di te.
…
…
…

(by poetella)

(ancora senza Adsl…si fa que che si può… e speriamo bene!)

 
.

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Bene, avere parecchio da…

07 sabato Giu 2014

Posted by poetella in ricordando l'amore, ricordi, vecchiaia

≈ 14 commenti

Tag

amore, attesa, ti ricordi, vecchiaia

potature(foto di poetella)

.
Bene, avere parecchio da presentare

al custode dei ricordi, quello nutrito e cresciuto in petto. Il più potente dei signori. Il più amato.
Questo.

Come quella volta lì che c’era la neve e papà m’aveva presa in braccio. Per non farmi gelare i piedini. Fuori del cinema, aspettando il tram. Guantini di lana rosa.
Tirare fuori dalla sporta pesante e tenere in mano, allora, in grembo, magari, ché le mani saranno stanche e tutte storte per l’artrosi. Tenere lì. Guardare e sorridere. Così.

Avere parecchio da presentare

al custode dei ricordi, quello nutrito e cresciuto in petto. Il più potente dei signori. Il più amato.
Questo ci vuole.

Come quell’altra volta che tu, ah, tu! con lo sguardo di bambino perduto, m’hai detto vai già via?
E sarei restata ancora mille anni. Mille e mille anni anche solo a guardarti.
Anche solo a guardarti.
Tirare fuori dalla sporta pesante e tenere sul cuore. Il cuore. E ancora batterà lento.
O veloce. O non lo so come.

Seduta in balcone all’inizio dell’estate, allora, che chissà chi lo curerà il balcone, io vecchia vecchia e debole e stanca

bene, avrò parecchio da presentare

al custode dei miei ricordi che nutro e cresco in petto. Il più potente dei miei signori. Il più amato.

Come quell’altra volta ancora che mi stringevi le mani e baci a pioggia mi svegliavano al mondo e la tua voce, la tua voce!
O quell’altra che… ma questo non lo dico. Lo lascio lì, è mio…

ce ne sarà da stare a ricordare, a ripescare nel cumulo, quel giorno.

Quel giorno lì, quando niente più tempo, né gambe, né mani, labbra e occhi per costruire nuove tracce di lucente memoria.

E mi farò bastare quello che c’è. Spero.
…
…
…
(by poetella)

 

Que serà serà. Connie Francis

 

.

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in sala professori… (ok…siamo in vena di ricordi…e di ri-post)

05 giovedì Giu 2014

Posted by poetella in ricordi, scuola, studiare, università, volontà

≈ 12 commenti

Tag

colleghe, consigli di classe, me so' fatta 'n culo!, prof Renato Bonelli, Ricordi

1231629_10201455320937217_524198775_n(foto di poetella)

 

Ma ché, sei architetto pure tu?

(da un morso al panino all’olio. Da dentro s’intravede frittata. E foglie. Mastica)

 

Pure io, sì, risponde lei. Cioè, no. Dottore in Architettura, per essere precisi. Ok, ok, dottoressa. Ancora a fare la post-sessantottina, te, eh? (scuote piano la testa, sorridendo)

Scusa, mi vado a prendere un te alle macchinette. Tu vuoi? Ti ritrovo tanto, no? Consigli di classe pure tu, vero?

 

Esce dalla sala dei professori, dall’odore di frittata e dal disordine dei fogli e fogli sul grande tavolo. Quasi correndo, esce. Le bidelle lavano il corridoio. Sempre a passo di carica a scuola. Sempre fare tutto di corsa ché suona.

Scambi fugaci, brandelli di chiacchiere mozze al cambio dell’ora. O nelle attese dei consigli di classe. Dei collegi fiume.

Sempre costipati. Sempre zeppi di cose da fare, sistemare, controllare, organizzare, chiedere, confermare, disdire, confrontare, incastrare, concedere. Negare. E suona.

 

Rieccomi, dice, col bicchiere di carta da una mano all’altra. Scotta.

Che dicevamo? Ah, sì. Dottore in Architettura. No, mai fatto l’esame di stato. Mai iscritta all’albo. Difficile, dici? L’esame? Tu, fatto?

Ma mica per quello! Figurati! Difficile: niente è difficile se vuoi.

Conosciuto il prof Bonelli, in facoltà? Bonanima! Ti ricordi? Sì, storia dell’Arte. No! Era storia dell’Architettura. O dell’Arte? Boh, non mi ricordo. Sì, quello. Quello che bocciava tutti. Ah, tu no? Con chi l’hai dato l’esame? Ma come non ti ricordi! Eh, tanti anni. Ma Bonelli non si dimentica! Quello che una volta, andavo sempre ad assistere agli esami, ai massacri, una volta a uno che dice che s’era preparato su Giotto, fa, ‘spetta che bevo, (beve) fa  Credette nella pittura Cimabue tener lo campo, ma…continui, prego! E quello imbambolato, trasognato, sconcertato, inebetito. E lui Vada, prego. O si studia o si studia. Manco l’ha fatto parlare!

No, non ho potuto cambiare corso. Aveva fatto firmare non so che. Chi capitava con lui ci restava. Non si poteva cambiare.

E bocciava tutti. O qualche striminzito diciotto.

Solo dopo tre esami ripetuti e falliti si poteva cambiare corso. Se no, no.

Dicevano che era pazzo. Ma io, trenta e lode. Alla faccia sua. Che, lo sai? m’ero seduta col matitone 6B in mano. E lui, Come mai la matita, signorina? Tutto mellifluo. E sbirciava la scollatura. E io Un buon architetto deve saper disegnare!

Lo diceva sempre, lui. Lo citavo.

E giù a disegnargli lì per lì, lo spaccato assonometrico delle chiese di pellegrinaggio. Ridi, ridi!

Vero!

M’ero esercitata, che ti credi! Volte a crociera, cappelle radiali, archi rampanti…un culo che non ti dico! E date, e fatti. E critiche. E concetti filosofici.

Porca miseria, bocci tutti, pensavo? Con quella bibliografia che da sola era un libro. E io ti faccio vedere! Per tigna.

Che mi voleva portare in moto a vederle, quelle cattedrali Oltralpe. Che dice Lei ne parla come se le avesse viste! E non le ha viste, signorina? Ce la porto io! In moto!

Dici che era la scollatura? Ma dai! No! È che l’avevo  distrutto! Stroncato! Dai a fare domande. Non mi mollava. Si divertiva! Sei mesi ero stata a studiare. Difficile, dici? Se si vuole, si fa.

Così si studia. Così o niente. Non serve. Non si fa più? Boh, non lo so. Non si faceva? Beh, io sì.

 

Ma a me, fare l’architetto. Chissene!

Io volevo insegnare. Da sempre.

E poi in facoltà ci andavo per avere scuse per uscire. Che papà ci teneva sigillate, me e mia sorella. Alle sette a casa! Ci sto io, diceva, ci state pure voi!  Mi serviva per scusa la facoltà. Papà, io vado a lezione. Faccio tardi. Mangio a mensa.

Ma quando mai! Balle! Me ne andavo dove volevo. Sai il tempo che ho perso? Se solo fosse stato meno rigido, papà. Ma tant’è.

Mi sono laureata lo stesso. Ci ho messo un po’ di più, ma.

Poi, mi sono sposata e non mi sono servite più le scuse. Per un po’, almeno. Che fai? Ridi?

Dai, che è ora. Devo andare a prendere i registri per i verbali. Tu, presi? Facciamoci ‘sti consigli.

Oggi no, niente scuse.

Domani, vedremo. (strizza l’occhio e se ne va)

…

…

…

(by poetella)

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Si sono tutte aperte…

21 mercoledì Mag 2014

Posted by poetella in amore?, anima, aspettando la vecchiaia, Bellezza, consapevolezza, cosa sarà di noi?, crescere, fine di un amore, fiori, fiori di poetella, foto di poetella, fotografia, i miei fiori, la memoria, lasciamovolareilpalloncino, malinconia, mi manchi, nostalgia, paura di non amore, peonie, ricordi

≈ 17 commenti

Tag

amore, crescere, fine di un amore, fiori, fotografia, nostalgia, ti ricordi, vecchiaia

10262120_10203220025653732_8304946550249745405_n(foto di poetella).

.

 
Si sono tutte aperte. Tutte e tre.
A una stanno cominciando a cadere dei petali. Bianchi. Sottili. Sembrano riccioli di burro.
Mi ricordano, per lo meno, riccioli di burro. Come quelli che trovavo, e mi parevano magici, non da mangiare, non da distruggere spalmandoli sul panino caldo, quelli che trovavo nella vaschetta di cristallo rettangolare con gli angoli stondati e il cucchiaino a paletta d’argento accanto a quelle altre tonde, ciotoline con dentro marmellate di vari colori. Tre, mi pare. o due. Non ricordo bene. Ricordo solo che mi piaceva più di tutte quella rosso chiaro.
Mamma diceva, tutta bella, tutti i capelli rossi lunghi, tutta elegante nel suo prendisole di piquè rosa, al tavolo della prima colazione dell’albergo, al mare, mamma diceva che quella era di fragole. La mia preferita. Ancora adesso. Mangia e non ti sporcare.
E allora avevo quattro anni.
Pare che i gusti io non li cambi molto di frequente.

Anche le peonie mi sono sempre piaciute. Ne avevo una di organza applicata sulla camiciola verde menta, a quattro anni, all’albergo al mare.
E mi piaceva da matti.
La toccavo per essere sicura di non perderla. Sicura. Sempre.
Le peonie hanno una bellezza dolente. Ci senti dentro tutta la malinconia della fine.
Ci senti dentro una musica d’oboe. Fonda. Struggente.
Un profumo d’oblio.
Una sta perdendo i petali. Destino.
Quando saranno sfiorite ne comprerò altre.
Loro, posso ricomprarle.
Almeno per qualche altra settimana.

Poi, non più.
…
…
…

(by poetella)

 

Oblivion (Piazzolla)

 
.

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E vorrei dire ma sì, lo so…

12 lunedì Mag 2014

Posted by poetella in papà, ricordi, vecchiaia

≈ 36 commenti

Tag

papà, Ricordi, vecchiaia

papà a 19 anni

( lui, a 18 anni…)

E vorrei dire ma sì, lo so, me lo dici tutti i sabati, lo so!
E invece dico chissà come correvi!
E tu, sì, sì! Mi serviva d’allenamento, mi serviva fare il fattorino postale, ché io ero un campione, lo sai?
Ed io vorrei dire ma sì! Lo so, lo so, me lo dici tutti i sabati e certe volte pure gli altri giorni, per telefono! E invece dico ma quanti anni avevi?
E tu continui, mica senti, mica rispondi, continui. Che poi giocavo anche a pallone, dici, lo sai?
Ed io lo so, lo so. Sono anni che lo so.
Me lo racconti e riracconti ogni volta, ogni volta andando a ripescare un te forte, giovane, bello fuori da quel letto con le lenzuola celesti e la traversa di plastica.

E continui, sempre le stesse parole, una cantilena. Il lavoro dall’ingegnere, ché girava per i cantieri e gli serviva uno che prendeva le telefonate, dici.
E lo zio Zerilli, pezzo grosso, laureato, a quei tempi! Pensa! funzionario di Stato che mi fa entrare alle poste, dici. Portavo i soldi a casa!

Dove la trovo la pazienza di fare eh, sì! Soddisfatta. Un po’ sorpresa.
Guardo l’orologio.
Dove la trovo la pazienza per fare qualche domanda nuova, se pioveva come facevi, con la bici? E i telegrammi?
Ma tu non senti le domande. Tu stai chiuso nella scatola dei ricordi e ci guardi dentro.
Fuori non c’è niente. Io sono solo orecchie che sentono.
Fuori, solo il letto con le lenzuola azzurre e la traversa di plastica.
E continui la cantilena.
Alle poste. A Misurata, la casetta a schiera. Sedici anni. Il vicino che cucinava. Pasta e alici. Uova fritte. Patate. E poi l’Ufficio Postale a Tripoli. Lo sportello delle raccomandate e le ragazze,
poche, che venivano e sorridevano.
Poi la cartolina di leva. La classe del ’18 povera, chiamano anche i primi mesi del ’19.
E sei fregato, dici.

E anche io, anche io questo sabato, quest’ennesimo sabato sono fregata.
Speravo di distrarti. Magari con le foto sul telefonino del pronipote bello bello. Invece, niente.
Solo perché in una foto c’era una bici. Ti sei attaccato a quella. Hai preso il via.
Ripreso il romanzo. Un’altra volta.
La bici, campione. Il pallone. Lo zio Zerilli, pezzo grosso, tu fattorino postale,a sedici anni. l’Ufficio a Misurata. Quello a Tripoli, allo sportello delle raccomandate, le ragazze, la chiamata alla leva, la classe povera del ’18 e ti hanno fregato.

Ora devo chiamare il taxi, papà. Devo andare. È tardi.

Sì, amore mio, dici. Vai! Grazie!
…
…
…
(by poetella)

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Oggi pensavo alla tua voce…

13 giovedì Mar 2014

Posted by poetella in amore?, aspettiamo la primavera, assenza prersenza, atmosfere magice, Bellezza, Borodin, emozione, foto di poetella, innamorata pazza, ricordi, voce

≈ 8 commenti

Tag

amore, bella da morire, bellezza, borodin, fotografia, poesia, Ricordi, ti amo, voce

foto dal tel 037

(foto di poetella)

 

 

Oggi  pensavo alla tua voce

camminando.

Tabacco e cannella, mi dicevo

magnolia, limone e gelsomino.

 

Pensavo alla tua voce

braccialetto d’argento coi ciondoli

[Ricordi, ieri?]

La tua voce, pizzo nero

velluto rosso

 

lago che s’increspa

al mio vento

…

..

…

(by poetella)

 

 

 

Borodin   – String Quartet No. 2 In D Major

.

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La tavola, dice. No, non mi ricordo…

16 domenica Feb 2014

Posted by poetella in cosa sarà di noi?, diario, la memoria, pace, primavera, quasi racconti, ricordi, speranza, vecchiaia

≈ 18 commenti

Tag

40 anni, amore, dimmi, Ricordi, ti ricordi, vecchiaia

luce(foto di poetella)

qui la voce di poetella

.

La tavola, dice. No, non mi ricordo.

Non lo so mica dove prendevamo la tavola. Camminano.

Aria proprio di primavera. Giacchetta rossa, lei. Camicia, pantaloni.

Lui maglione a collo alto, giacca. Se mi fai prendere freddo vedi, dice. E sorride.

Sorriso stampato, oggi.

Ma dove la prendevamo la tavola? Boh. I cuscinetti a sfera, quelli sì. Ce li dava il ferramenta. Compravamo. I soldi?

Cercavamo le bottiglie, te l’ho raccontato?  dice. (difficile non le abbia raccontato qualcosa, in quarant’anni.)

Cercavamo bottiglie. Di vetro, sì. Le portavamo al supermercato. Tutte sporche. Quelli sorridevano e ci davano i soldi. (‘sta cosa delle bottiglie, in effetti. Forse sì, gliel’aveva raccontata. O forse no)

Mica tutte. Certe non (sposta un ramo di platano che gli dondola davanti) non andavano bene. Mica tutte. Quelle dell’acqua minerale, sì. Quelle della coca cola. Quelle delle birre, mi pare di sì. Quelle dell’aranciata, no.

Come dove? Le prendevamo dove le trovavamo. Nelle aiuole. Accanto ai bidoni della spazzatura. Fuori dei portoni. Tutte sporche. Tutte pasticciate. Piene di terra. ‘no schifo!

Raccoglievamo e portavamo al supermercato, dice. E quelli ci davano qualche soldo. Bastavano per comprare i cuscinetti a sfera.

Pure i giornaletti. Il ferramenta si prendeva i giornaletti e ci dava i cuscinetti.

 

Sorride. E snocciola nell’aria tiepida ricordi. Che galleggiano come farfallette.

C’è un  venticello grato. Quasi una speranza. Una possibilità. Parrebbe.

Ogni tanto le prende la mano. Per attraversare. Poi continua a tenerla.

Chissà perché.

…

…

…

(by poetella)

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Che si possa conservare…

09 domenica Feb 2014

Posted by poetella in amore?, assenza prersenza, Bellezza, cosa sarà di noi?, la memoria, le cose importanti, pensieri sparsi, poesia, ricordi

≈ 9 commenti

Tag

amore, fine di un amore, poesia, Ricordi, serenità, ti ricordi, vecchiaia

alla finestra(foto di poetella)

 

qui la voce di poetella

 

 

 

Che si possa conservare

pietosa memoria, compassionevole memoria

crudele memoria

che si possano conservare intatti in tasca

i colori della felicità

che c’avvampavano l’anima

l’hanno fatto, ricordi?

Che ci scaldavano la scena di questo teatro tragico

che ce la popolavano di fili d’oro

 d’argento e di malachite e lapislazzuli

e turchesi.

 

Che si possa conservare come in una scatolina

sigillata, o magari solo chiusa, socchiusa, ecco

da poter aprire a piacimento

per lasciar uscire come un fumino, come un sospiro

di quelli che fanno i vecchi e un po’ sorridono

 

un fumino da genio della lampada

che s’inchina, quando esce e dice Eccomi! Cosa vuoi, padrone?

 

Cosa voglio?

Rivoglio tutto quello che ricordo. Ridammelo. Adesso. Vuoi? Puoi?

…

…

…

 

(by poetella)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.

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Non ho mai imparato ad andare in bicicletta.

10 martedì Dic 2013

Posted by poetella in amore?, atmosfere magice, nonno, ricordi, sogni

≈ 22 commenti

Morte_a_Venezia

(foto dal web)

 

 

 

Non ho mai imparato ad andare in bicicletta.

Forse perché ho provato tardi, la prima volta.

 

Nonno diceva sempre che, per l’estate, ce ne avrebbe regalata una.

Una per tutte e due. Senza litigare, eh?

E avrebbe comprato un tailleur bianco alla nonna

E l’avrebbe portata a Venezia.

 

Ma sono passate tante estati

No, dico meglio, nove estati

E  la bicicletta non è arrivata

e neanche il tailleur e Venezia.

Il suo cuore aveva cominciato a singhizzare

fumi troppo, diceva mia sorella. Ti uccidi!

 

Eppure lo so.

Per lui, alto alto e sempre elegante

con la giacca, camicia bianca  e  cravatta anche sulla spiaggia

e la tazza di caffè bollente ché il caldo si combatte col caldo, diceva

 

lui a guardare noi giocare con la sabbia

con l’acqua

e  i nostri piccoli anni

 

per lui, dicevo, bello avere un sogno. Sicuro.

 

E anche metterci dentro noi, che amava.

…

…

…

(by poetella)

John Cage –  Dream

 

 

 

 

 

 

 

 

.

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È adatto. Mahler è adatto a …

21 lunedì Ott 2013

Posted by poetella in autunno, figli, foto di poetella, Mahler, malattia, malinconia, musica, padri e figli, papà, pazienza, ricordi

≈ 23 commenti

1395333_10201664577328496_875119209_n(foto di poetella)

 

 

 

È adatto. Mahler è adatto a questo cielo.

Anche a te, papà. È adatto.

C’è questo morire piano piano, questo arrotolarsi attorno a un filo di luce. O di speranza. E tu cosa speri, papà? Basta, hai detto, voglio morire. Sono stanco.

Sarà vero che vuoi morire? Non credo. Lo so, lo so. Lo so che vorresti.

 

Ah, Mahler… c’è questa stanchezza nelle note. Questa stanchezza infinita, dolente, questa desolata rassegnazione. Questo cedimento continuo. Di cera sgocciolata. Molle. Di foglio di giornale sotto la pioggia. Non lo toccare che si strappa.

Non lo toccare che lo sfinisci.

 

Sei così magro, papà. Un’ombretta impalpabile. E dire che mi facevi tanta paura, da piccola.

Sei un’ombra, ma non ti passano ombre negli occhi quando racconti.

Sempre le stesse storie. No, di Zonderwater è un po’ che non lo racconti.

Adesso tocca alle fidanzate.

A quando eri bello, giovane, forte e pieno di un tracciato splendente di vita che poi hai fatto.

Ok, ok, proprio  splendente no, ma dai. Non è stata male, no?

 

Devi camminare di più papà, se no te lo scordi! Ti vengono le piaghe. È già successo. Lo so che non ti ricordi.

Non ricordi niente di poco fa, o un po’ di più.

Solo settant’anni fa. Settantacinque  anni fa.

Quando amavi. E t’amavano. Dai, racconta. Ma sì, racconta.

Di Anna, di  Maria, di Ingrid, quella che non ti faceva pagare perché s’era innamorata di te, ché tu la facevi godere.

Madonna, papà!

Non me l’avresti mai detta una cosa così, prima.

Ma tu mica racconti a me. tu racconti e basta.

Lo diresti anche al prete di Ingrid, anche al medico del pronto soccorso, a quelli della visita per il rinnovo della patente.

Anche al tassista che ti porta a fare la TAC.

Basta che racconti.

 

Di mamma che, dopo che l’è venuta la crisi mistica t’ha fatto fare voto di castità, però, mica te lo ricordi. Com’era bella mamma, dici.

Mica te lo ricordi. Che mi sa che ha trovato la scusa, lei,  della crisi mistica, ché tu eri …troppo! So’ sicura che è così.

 

Ne conosco un altro che è…troppo.

Ma per me, no. No, no. È giusto.

…

…

…

(by poetella)

 

 

 

 

Mahler  Symphony No. 4 – Karajan

 

 

 

 

.

 

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ricordando…ti dico

19 sabato Ott 2013

Posted by poetella in amore?, anima, assenza prersenza, Bellezza che salva, cose consolanti, dolore che guarisce, foto di poetella, la forza dell'amore, le cose importanti, musica, poesia, ricordi

≈ 13 commenti

tramonto(foto di poetella)

 qui la voce di poetella

 

E, comunque, la sai la meraviglia del silenzio, no?

Le cose ferme, dopo,  la finestra chiusa

Sì, lasciamoli fuori

tutti lì, lontani

 

siamo al sicuro qui, amore mio.

 

I tuoi occhi nella penombra

brillano

più di due satelliti di Venere

 

Se Venere ne avesse, poi. E non li ha.

…

…

…

(by poetella)

François Dumont – Berceuse Op.57 at Chopin

 

 

 

 

 

 

 

 

.

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Ascolto. Camminiamo. Penso…

06 venerdì Set 2013

Posted by poetella in amore?, anima, assenza prersenza, carcere, cose faticose, cose sgradevoli, diario, fine di un amore, foto di poetella, libertà, noia, non ne posso più, pazienza, ricordi

≈ 9 commenti

Tag

parli

 

20130903_181931(foto di poetella)

 

 

Ascolto. Camminiamo. Penso.

Ecco la solita  ripetizione di ricordi. Una giaculatoria. Ci risiamo.

 

E sali su, non camminare sulla strada, che passano i matti, dici. Camminiamo.

E intanto racconti. I soliti ricordi. Parleresti solo di ricordi. Paura del futuro? Paura del futuro.

 

Tu non parli mai, non dici mai Ti ricordi?dici.

 

No. Non lo dico mai. Quasi mai. Basti tu, no?
E li so tutti a memoria i tuoi ricordi. Dopo quarant’anni, cavolo vuoi mai raccontarmi di nuovo.

Ascolto, sorrido appena. Faccio sì con la testa. E mi annoio.

 

Non camminare sulla strada. Sali sul marciapiede, dici.

 

Come fossi una bambina. Vorresti?

Si riesce ormai a far finta d’ascoltare. Siamo maestri di finzione.

Sono maestra di finzione.

D’altra parte, chi volesse, potrebbe scoprire la realtà.

La realtà è sempre poco, poco poco nascosta. Se non ce la nascondiamo accuratamente. Struzzi..

 

La zia Cristina, il suo profumo, ma sì, lo so, lo so, la macchina profumava. Quante volte me l’hai detto? Un’avventuriera.

Ti  sarebbe piaciuta, dici.

Perché poi dovrebbero piacermi le avventuriere. Pensi forse sia un’avventuriera, io? O vorrei esserlo? O esserlo stata?

Quante volte l’hai  tirata fuori la zia Cristina? Cento? Duecento?

Perché ci si deve ostinare a raccontare la nostra storia, quella che crediamo sia stata, sia diventata la nostra storia, perché dobbiamo tirarla fuori con tenerezza dalle tasche e porgerla come oggetto prezioso a chi la sa già?

 Ché l’abbiamo raccontata a fiume, a cascata, a scroscio. da sempre.

Già a diciotto anni sapevo della zia Cristina. Basta, adesso, no?

E i pranzi a Natale. E finiti i Natali, quando è morto lo zio Girone. Che diavolo di nome! Lo so. Cento volte, dio! cento volte me l’hai raccontato. Possibile che non ti ricordi d’avermelo detto, detto e ridetto, che pure i miei vestiti, quelli invernali, quelli primaverili e quelli estivi e pure la biancheria ormai sono intrisi dei tuoi ricordi. Che mi annoiano a morte.

Anche se lavi, anche se levi, neanche un diluvio! ormai è come una macchia indelebile. Grigia. Smunta.

Forse puzza anche un po’. Di morto.

 

Tutti lì, i ricordi. Che li spolveri a fare?la muffa non si toglie.

 

Si ascolta una voce, gli si presta attenzione se… Raramente conta quello che dice se…

 Si ascolta una voce se si ama quella voce. Ecco.

Allora può dire qualsiasi cosa. Che importa cosa?

Parlare di mirtilli, di mobiletti restaurati, di letti messi su con quattro tavole di legno verniciate. Tutto fatto da sé.

Se si ama quella voce, (quella voce!) ogni cosa è magia.

È stupore. Ogni parola è la porta al Paese delle Meraviglie.

 

Parlami di fotografie, parlami di gatti, di pomodori, amore mio! Parlami di lavanda, di Bellezza. Parlami pure di politica, amore mio adorato! di finanza,.magari. Di bruchi, di legno di noce, di tagliaerba.

Parlami di quello che vuoi.

O taci. Che va bene lo stesso. Se si ama è così.

 

Ma se no, cazzi amari.

Resta solo una malinconia desolata, una tolleranza striminzita. Una dolente pazienza.

Si fa sì, con la testa, si sorride lieve lieve.

 

E ci si annoia. A morte

…

…

…

(by poetella)

 

Musica Antiqua – Minstrel Melodies

 

 

 

 

 

 

.

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Era una mattina qualunque…(anche se era Novembre. Ma va bene lo stesso)

02 lunedì Set 2013

Posted by poetella in amore?, assenza prersenza, Bellezza che salva, camminare guardando, diario, emozione, felicità, foto di poetella, poesia, ricordi

≈ 6 commenti

nubi(foto di poetella)

 

 

Ascolta poetella

 

 

 

Era una mattina qualunque, forse.

Ci si alza, si raccolgono i sogni in un fazzoletto, si chiude a fagottino e si mette via. Si esce.

Magari, in giornata, poi.

O magari no.

 

Ho sognato statuette di Nymphenburg, stanotte. Cinesini. Damine. Puttarelli.

Si  sognano immagini della giornata, diceva Freud, ridisposte in ordine sparso.

Nuovi accostamenti, nuovi messaggi. Soluzioni.

Inutile comunque scervellarsi sulla lettura. Non siamo mica tecnici.

Che poi, sarà vero che basta conoscere i mostri che ci abitano  fargli Buh! e farli scappare?

Meglio camminarci per mano, con un lieve sorriso disegnato in faccia.

Noncuranti.

 

Con una mattina così, poi, di cielo largo e azzurro. Solo un gruppetto di nubi a fiocco.

Un ventaglietto d’ovatta. Che ti stai a scervellare a fare.

 

Inoltre, indubbio comunque che camminando da soli a lungo, s’aggruppino frotte di pensieri.

S’affastellino  a strati.

Uno sull’altro. Uno dietro l’altro. Uno avanti all’altro.

 

Dai! quella parete di fiori rosa del vivaio, a Novembre, comunque, bella presa di buon umore.

Bella fiutata.

Come quel pensiero che tornava a flussi regolari. Una frase.

Una frase che s’andava a disegnare in cielo.

Giocava tra le nubi. Erano davvero così lontane le nubi?

 

Una frase che conservava il profumo, anche  col vivaio che ormai non si vedeva più.

Anche adesso, a casa, dopo il caffè.

 

Davvero ci sono frasi che ci ripetiamo come una ninna nanna, frasi che ci salvano.

 

Dimmelo ancora,

quando sarà evaporato il ricordo.

Dimmelo ancora. È così bello.

…

…

…

(by poetella)

 

 

 

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Portava via con lei…

31 mercoledì Lug 2013

Posted by poetella in atmosfere magice, Bellezza che salva, emozione, empatia, foto di poetella, le cose importanti, libertà, poesia, ricordi, sorelle gemelle

≈ 6 commenti

Tag

giardino zen

il giardino zenPortava via con lei

[come ninnava il treno!]

le lucine del giardino zen

e gli occhi dell’altra

a specchio.

 

Portava via i profumi di salvia

rosmarino e santoreggia

e origano e riedificata infanzia

cartoccetto odoroso in fondo

ma proprio in fondo in fondo alla valigia dei giorni

E miti e dee e fiabe a cerchio

nel moto dei campi fuori del finestrino

 

E come tutto s’era sdraiato come

lago tiepido. Condivisa complicità.

Pensa e ripensa. Tutun tutun.

La vedete sorridere?

 

Pensa e ripensa ricaricato il cuore di piccolo carillon

Tornava,  ritornava

a spostare i grani

del consueto pallottoliere delle ore

tirato fuori dalle tasche

e lucidato un po’

…

…

…

(by poetella)

 

 

 

 

.

 

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Oggi è andata via la corrente…

20 giovedì Giu 2013

Posted by poetella in atmosfere magice, musica, nonni, ricordi

≈ 28 commenti

IMG_2253(poetella a quattro anni)

 

 

 

Oggi è andata via la corrente.

Si stava in cucina, al solito, tv accesa, Pc. Chiacchiere vaghe.

Presto per preparare la cena.

Un paio di libri, no, tre, in ognuno  un foglietto fuori dalle pagine, tutti e tre sul tavolo.

Improvvisamente, pluf. E silenzio.

 

Un silenzio antico.

Un silenzio insolito.

Quasi subito, voci. Da sotto. Da accanto? Voci, comunque.

E nient’altro.

Non ci siamo avvezzi. No, proprio no.

 

Come a casa di nonna, io piccola. Ho pensato.

 

Ecco che il silenzio m’ha scaraventato lì.

Penombra. La luce s’accendeva tardissimo. S’economizzava corrente. Economizzare era un valore. Anche di parole si faceva economia. E di baci. Non si baciano i bambini. Che non crescono, poi.

E accendere la luce, no.

Solo quando proprio in casa c’erano solo ombre e noi stessi ombre e la credenza verdolina un’ombra e il tavolo e il lavandino di granito ombre, e Fufi, la gatta, un’ombra sfuggente,  e profumo di sugo, di torta di mele, di tovaglia pulita. Il corridoio che portava verso un buio che non faceva paura. Misurato dai rintocchi calmi della pendola.

La radio col centrino sopra e le foto di sconosciuti ingialliti e seri. E silenziosi. Tutti impettiti.

Come la radio. Raro che fosse parlante. Per la commedia. Per l’Opera. Ma io, io no. Io non ascoltavo. Insomma, non ricordo la radio accesa. Solo le foto e il centrino. Una volta l’anno, per un mese, col lumino acceso davanti.

Quelle rare volte che s’accendeva, la radio, sicuramente dormivo già da un po’, stanca di giochi.

Di corse dietro a Fufi, la gatta. Ah! Fufi!

 

Stanca di tesori da cercare nella piazzetta, sotto ai sassi.

Di salti con la corda, stanca. Non passava una macchina.  

Di palla avvelenata, stanca, di palla prigioniera. Ma proprio non passava una macchina nella piazzetta sotto casa di nonna. In pieno centro di Terni.

E lei che s’affacciava, ad ora di merenda e faceva quel leggero fischio

– Fiui iiiiii uuuuuuuuuu!…

Noi si guardava su, (che non sta bene chiamare a voce alta! Le popolane lo fanno!

Non si grida, non si fa rumore. Giocate silenziosamente. Non disturbate)

 

Quel piccolo fischio e si guardava su, verso la finestra del primo piano.

Da lì, magica, traballante come una nave volante, scendeva una cordicella col cestino attaccato e dentro, la grazia della fame che sarebbe svanita nel profumo del pane Terni. Mai più mangiato un pane così! A Roma è finto!

 

E si ricominciava a giocare. Ecco.

 

La corrente poi è tornata, oggi. Ed è ricominciato il fare.

…

…

(by poetella)

 

 

John Cage –  Dream.

 

 

 

 

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